Sono trascorsi 67 anni ma la città non dimentica quanto avvenne nelle acque del porto grande il 12 marzo 1952. Ieri pomeriggio alla chiesa di san Paolo in Ortigia si è celebrata una messa in suffragio per i 9 siracusani vittime dell’esplosione di un siluro, residuato della seconda guerra mondiale. A farsi carico di quel ricordo, l’associazione nazionale marinai d’Italia, i cui soci, subito dopo il rito liturgico, si sono ritrovati davanti al monumento ai caduti in mare. “C’è sempre una certa commozione nel ricordare chi ha dato la propria vita per il lavoro – ha commentato il presidente dell’Anmi, Pasquale Aliffi – a maggior ragione una tragedia che ha scosso la nostra città”. La tragedia si consumò intorno alle 16 di quel giorno. L’impresa Napoli si era aggiudicata l’appalto per il recupero dei residuati bellici nel nostro mare e aveva reclutato mezzi nautici e personale della marineria siracusana Si trattava di un lavoro rischioso ma pur sempre utile per sfamare le famiglie. L’equipaggio del motopesca “Nuova Margherita”, stava recuperando un siluro che avrebbe dovuto portare al largo per farlo esplodere in sicurezza. Ma qualcosa non andò per il giusto verso e l’ordigno deflagrò nella piccola rada di Massoliveri a ridosso dell’imboccatura del porto grande. In quell’esplosione persero la vita Sebastiano Bordato, Francesco Bandiera, Egidio Cappuccio, Angelo Cappuccio, Francesco Mincella, Angelo Mincella, Angelo Romeo, Salvatore Lentinello, Corrado Caldarella. Unico sopravvissuto Sebastiano Veneziano (poi scomparso nel 1980).