Il Parco archeologico di Segesta si fa promotore di due iniziative culturali: una mostra sarà inaugurata proprio oggi presso il Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice, ed un’altra che avrà luogo presso lo Stazzo del Parco archeologico di Segesta.
Il fine di tali eventi è quello di ricordare l’importanza del popolo degli Elimi in Sicilia e cosa ha rappresentato nella storia dell’isola.
L’area archeologica di Segesta è quindi strettamente connessa a quella di Erice ed Entella: questi territori d’altronde furono popolati e gestiti dagli Elimi.
«Con i Sicani, con le fondazioni greche e con quelle fenicio-puniche, gli Elimi composero nell’Occidente dell’isola uno straordinario crogiolo di civiltà e genti» afferma Carmine Ampolo, docente emerito della Normale di Pisa.
Gli Elimi, secondo lo storico Tucidide, erano, invece, un gruppo di Troiani sfuggiti agli Achei al momento della presa di Troia, successivamente approdarono in Sicilia e stabilitisi vicino ai Sicani, fondarono Erice e Segesta. Secondo altre fonti ancora, invece, questo popolo che proveniva dall’Italia si considerava di origine troiana e, quindi, “parenti dei Romani”.
Per quanto concerne la mostra a Erice intitolata “Alle origini della Sicilia. La terra e le città degli Elimi: materiali da Entella e Segesta”; oggi alle h 18 con collaborazione della Scuola Normale di Pisa ed il Laboratorio di Storia, partirà il percorso didattico-visivo che sarà fruibile alla collettività.
L’allestimento, curato da Carmine Empolo con la partecipazione di Rossella Giglio, Anna Magnetto e Maria Cecilia Parra; presenterà una serie di reperti che hanno caratterizzato la storia del sito di Entella, dalla preistoria fino all’epoca di Federico II.
La mostra che invece verrà inaugurata il 14 luglio h 18 a Segesta, sarà improntata più sui manufatti e su quei materiali riconducibili al periodo in cui gli Elimi popolarono il sito.
Il titolo del percorso espositivo sarà “I volti del sacro nella Segesta elima: spazi, riti, oggetti”, e l’allestimento è stato realizzato da Monica de Cesare con la collaborazione di Rossella Giglio e l’Università di Palermo.
Tra i reperti esposti avranno luce un discobolo di 10 cm circa trovato nella zona del Santuario di Mango negli anni ’50, ed un peso da telaio con una iscrizione elima e due frammenti di ceramica (uno da Segesta e l’altro proveniente da Atene) trovati ai piedi del monte Barbaro, presso lo “scarico” di Grotta Vanella.
Marika Cappuccio