Priolo Gargallo, 2 Novembre 2021- Il Petrolchimico di Priolo è la rappresentazione plastica di come il sistema industriale non sia interessato a garantire il bisogno di lavoro e la salute di uomini e donne, costretti ad accettare lo sfruttamento e la compressione dei diritti. La mancanza di politiche industriali, negli ultimi 20 anni, ha consegnato le imprese al mercato mediante interventi legislativi che hanno prodotto diseguaglianza e precarizzazione; la crisi – partita nel 2008 – e la pandemia hanno solo reso evidente la fragilità di questo sistema, che insieme allo stato sociale ha impoverito l’intero comparto industriale. L’impatto sulla vita dei lavoratori è stato drammatico ed ha minato profondamente la solidarietà e la stessa coesione sociale. Intanto il Petrolchimico, come il protagonista del “Il Deserto dei Tartari”, si consuma nell’attesa di un avvenimento, il PNRR, che non si materializza mai con le sue “opportunità”, avvolto nel silenzio di Governo e imprese. Negli altri paesi ci sono progetti, si ha chiaro dove e come spendere i soldi, sono chiare le priorità e gli obiettivi per agganciare un processo di transizione energetico, industriale e sociale inevitabile. Nel nostro territorio invece nell’opacità di una politica in perenne campagna elettorale si sta perpetrando lo sgretolamento di un sistema industriale, che invoca il “patto sociale” pretendendo l’intervento dello stato a favore dell’impresa e lacrime e sangue per i lavoratori. Il problema, nel rapporto con le industrie Petrolchimiche, è l’incapacità di lasciarsi definitivamente alle spalle, in nome di un falso interesse generale, un atteggiamento servile e tentare di imporre un sistema di corrette relazioni industriali, capace di programmare e governare nuovi processi industriali per uno sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile. Ora non c’è più tempo o si esce dall’opacità, oppure il Petrolchimico di Priolo pagherà un prezzo altissimo in termini occupazionali, prezzo che i metalmeccanici non sono disposti a pagare. Occorre costruire un laboratorio sociale dove il sindacato i lavoratori e tutte le forze sociali del territorio possano mettere in campo tutta la determinazione di cui sono capaci per rimettere al centro la persona e i suoi bisogni, dettando condizioni e indirizzi per ridare il giusto valore al lavoro, alla salute, all’ambiente e occorre farlo uscendo dalla difensiva, non si può accettare di accompagnare la manovra economica del Governo con un “patto sociale” che, come ci insegna la storia, risulterebbe una sfuggente suggestione per nascondere in realtà disuguaglianza, povertà e compressione dei diritti. Per questo motivo la Fiom ha fatto bene a dichiarare lo sciopero per chiedere al Governo e al sistema delle imprese risposte in tema di crisi industriali e occupazionali, riforma degli ammortizzatori sociali, precarietà del lavoro, salute e sicurezza, sistema degli appalti e dei subappalti, pensioni e contrasto dell’evasione fiscale. Ma non basta più la lotta a livello categoriale, c’è la necessità di costruire un fronte unico di tutti i lavoratori che si ponga su un terreno di lotta contro un sistema industriale e un Governo sordo ed arrogante. Credo tocchi a noi essere capaci di costruire una proposta alternativa in una visione conflittuale e di classe che dia valore e dignità al lavoro e ai lavoratori. Facciamo in modo di rendere esplicito, anche con la pratica, il nostro punto di vista perché la conflittualità non è superabile in un sistema democratico. Ora è tempo di SCIOPERO GENERALE.