La città di Priolo ha vissuto – prima degli anni duemila una dimensione socio-culturale degna di questo nome.
Sin dagli anni dell’insediamento delle industrie, e nei successivi delle famigerate conseguenze-positive dal punto di vista economico,negative dal punto di vista della salute dei lavoratori e dei cittadini – la cittadina era un pullulare di attività.
Le strade, le piazzette, i negozi, gli esercizi vari, si riempivano di vita nei momenti topici della giornata.
Proprio grazie alla presenza della gente nelle strade, la città con le sue preziose testimonianze della Belle Époque e le nuove costruzioni dell’edilizia popolare degli anni del boom economico, prendeva essa stessa “vita“.
La vita che gli dava l’operosa presenza dei suoi cittadini e della gente che veniva da fuori.
Da quasi un ventennio non è più così.
Per chi vi abita, e soprattutto per chi viene da fuori, il luogo appare sempre di più come un vuoto simulacro della città che fu.
La gente se ne lamenta, propone di far questo o quello , ma Le buone intenzioni rimangono purtroppo allo stadio di intezioni: davanti a un computer si può condividere qualche idea, ma se non si scende in strada prevarrà sempre quella che -nella vita pratica- è la vera dimensione dell’informatica, quella virtuale.
Priolo non può vivere nella realtà virtuale, ma deve tornare a farlo ispirandosi alle modalità di quando la tecnologia non era così invasiva.
Piazza Quattro canti, potenziale salotto di una città urbanisticamente vetero-industriale,deve poter ospitare concerti con un pianoforte al centro della piazza salotto; pièce teatrali; spettacoli di cabaret con una corona di spettatori che avvolge gli artisti come una decorazione efflorescente di un quadro “Art noveau“. Non deve assistere, di notte, al veloce (veloce nel centro della città di notte!!) passaggio di auto con musica assordante, motociclette e scooter che sgommano facendo in continuazione il giro dell’isolato. Le bellissime e abbandonate costruzioni dei primi del Novecento devono essere restaurate per tornare a offrire a questa città post-industriale il volto autentico di una storia più che centenaria, e proprio per questo di una “storia” piena di dignità e tradizione. E anche – perché no? – di una sua intrinseca bellezza.