Ancora sviluppi sulle indagini nel “Sistema Siracusa”. L’inchiesta è quella congiunta dalla procura di Roma e di Messina che ha portato in carcere gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore e coinvolto altri 15 persone; inoltre, si sono sviluppati una serie ancora indefinita di filoni d’indagini con il coinvolgimento di almeno altri 12 persone.
Rivelazione di notizie riservate, e non solo, nell’ambito dell’inchiestadelle procure di Roma e Messina sulle corruzioni al Consiglio di Stato, depistaggio Eni, dossieraggio a ventaglio, sentenze truccate e altro. L’ultimo a finire in manette stamane all’alba l’ex funzionario dei Servizi Segreti, Loreto Francesco Sarcina, nato a Foggia di 55 anni, accusato dall’aggiunto procuratore di Roma Paolo Ielo e dal sostituto Stefano Rocco Fava del reato di falso in atto pubblico. Ex carabiniere già in servizio a Messina con incarico di indagini su inchieste di peso, Loreto Francesco Sarcina, è stato arrestato dagli uomini del Gico della guardia di finanza; è accusato di falso in atto pubblico e di tanto altro ancora.
Tutto accade dopo che gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiorehanno deciso di collaborare con i magistrati romani e messinesi. E il nome di Sarcina, ex carabiniere, è stato fatto proprio dai due legali che hanno spiegato ai Pm, tra le altre cose, durante gli interrogatori che erano “informati sulle indagini da ambienti romani e di aver letto alcune Cnr”. Amara e Calafiore avrebbero aggiunto agli investigatori di aver “pagato 30 mila euro per avere queste notizie coperte da segreto”, e di essere stati avvertiti prima di alcune perquisizioni ai loro danni. Ed è proprio per questo che i due avvocati siciliani avrebbero gettato nel fiume Tevere i loro computer in tempo utile per non essere sequestrati dai Pm.
Le indagini continuano in tal senso. Tra le persone che hanno trasmessonotizie riservate in favore dei due ci sarebbe anche Sarcina che, tra le alte cose, è stato trovato in possesso di un passaporto falso, emesso dalle autorità spagnole con le generalità di Rodrigo Martinez, che riportava, però, la foto di Aurelio Maria Voarino, l’uomo della sicurezza dell’imprenditore Ezio Bigotti, che nell’indagine della Guardia di Finanza di Roma sulle corruzioni al Consiglio di Stato, è il beneficiario, in quanto titolare della “Sti”, di utilità promesse a un magistrato. Il passaporto è stato trovato durante la perquisizione domiciliare avvenuta a fine luglio scorso. Sarcina, che dopo quell’episodio, si è dimesso dall’Aisi, è indagato dai Pm romani anche per favoreggiamento e concorso nella violazione del segreto d’ufficio.
Nelle perquisizioni eseguite oggi dagli uomini del Gico sono state trovate a casa di Voarino, responsabile della sicurezza di Bigotti e indagato per concorso in falso, una serie di registrazioni audio e alcuni documenti impostati come dossier. Ma le indagini nei vari filoni dell’inchiesta madre denominata “Sistema Siracusa” promettono ancora altri colpi di scena, nella sfera magica del “Sistema Siracusa” e dintorni.
Chiuse le indagini nell’ambito del procedimento penale n 44630/16 della Procura di Roma in cui sono denunciati un cospicuo numero di persone “ai sensi dell’articolo 416 del codice penale associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale, con l’imputazione dell’articolo 416 c.p. associazione finalizzata all’evasione fiscale, poi per ogni indagato ci sono i reati fine, per un totale di 18 persone con diversi capi d’imputazione.
Da questo procedimento partono tutti gli stralci, imputati principali, Piero Amara e Giuseppe Calafiore, la cui posizione è stata stralciata perché collaboranti di giustizia. Stessa cosa in altri tronconi in cui i due legali sono indagati a vario titolo; filoni dei fascicoli d’inchiesta per falso, evasione fiscale, corruzione e tanto altro, dove sono indagati, avvocati, facilitatori, amministrativisti tra i più importanti di Roma in cui c’è anche un Siracusano, magistrati, giudici amministrativi e ordinari; per questi ultimi le posizioni saranno stralciate e trasmesse, per competenza territoriale per giudici e magistrati, a Perugia. Un filone d’inchiesta della Procura di Roma che si innesta con le indagini della Procura di Messina e arriva fino a Siracusa, dove si incontra e si sviluppa su evasione fiscale e frode, in cui sono coinvolti tanti imprenditori siracusani.
Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e i Pm Stefano Fava, Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini, hanno verificato i flussi finanziari che riguardano le società segnalate dall’Uif, l’unità d’informazione finanziaria, l’autorità incaricata di acquisire i flussi finanziari e le informazioni che si riferiscono a ipotesi di riciclaggio attraverso le segnalazioni di operazioni sospette. La guardia di finanza in quei giorni ha eseguito settanta perquisizioni nelle province di Roma, Siracusa, Catania, Messina, Torino Firenze, Ravenna, Milano, Varese e Trento. Nella ramificazione siracusana della duplice inchiesta della Procura di Roma oltre a evasione e corruzione ci sono diverse ipotesi di reato. Nel territorio siracusano ha acquisito una copiosa documentazione dagli studi legali e abitazioni nella provincia di Siracusa, così come anche in quelli di Roma, di due professionisti che riguardano aziende e società finite nel mirino della magistratura romana e che hanno eletto domicilio legale all’indirizzo dei due avvocati siracusani.
Verifica tributaria che comincia sulla base dei flussi in cui risultava esistere a livello di fumus commissi delicti, nell’esistenza d’ipotesi associativa. “L’ipotesi corruttiva è strutturata sul nesso esistente”. Le perquisizioni, quindi, mirano a individuare la documentazione e gli elementi probatori tesi a verificare la natura dei rapporti tra gli indagati, la destinazione delle somme e la loro finalità. Il primo decreto di perquisizione fu notificato, tra gli altri, agli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, ma anche ad altri 13 siracusani. Sono finiti nella maxi inchiesta della Procura capitolina ancora indagati un numero indefinito di persone a vario titolo, per associazione per delinquere e reati tributari (dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) nei confronti di numerose società per un ammontare complessivo d’affari di circa 19 milioni di euro in un primo momento, ma gli ultimi sviluppi sulle somme finali, le new entry e gli usciti dall’inchiesta si sapranno alla fine del percorso giudiziario.
La Procura di Roma ha delegato per l’esecuzione del provvedimento di perquisizione e il sequestro di atti e il Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, Gico, con facoltà di sub-delega, per fatture che riguardino operazioni inesistenti, “al fine di consentire ai destinatari l’evasione delle imposte”.
Concetto Alota
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Ecco alcuni flash della cronaca nazionale che ha interessato negli ultimi anni i vari filoni di questa complessa e variegata indagine che a sua volta ha prodotto tante inchieste e coinvolto le procure di Siracusa, Trani, Messina, Palermo, Milano e Roma:
Spunta un’indagine segretissima che punta al cuore della giustizia amministrativa: il Consiglio di Stato. Un filone dell’inchiesta Consip, cominciata a Napoli, ma trasferita per competenza alla procura di Roma, che ancora una volta vede al centro della scena Alfredo Romeo. L’imprenditore partenopeo, il suo consulente Italo Bocchino e il suo avvocato Stefano Vinti sono i protagonisti dell’indagine aperta dai Pm capitolini e svelata dall’Espresso. L’ipotesi di reato è corruzione in atti giudiziari e la teoria degli inquirenti è che esista una sorta di compravendita di sentenze nella giustizia amministrativa.
Eni, perquisito il manager Mantovani: “C’è lui dietro il tentato depistaggio delle inchieste sull’azienda petrolifera”. Stando all’inchiesta del procuratore aggiunto Laura Pedio, l’ex responsabile dell’ufficio legale dell’azienda del cane a sei zampe sarebbe l’organizzatore delle presunte manovre di depistaggio per condizionare le inchieste milanesi Eni-Nigeria ed Eni-Algeria. Per questo motivo è indagato per associazione per delinquere finalizzata ai reati di false informazioni a Pm e calunnia. Si tratta del filone dell’inchiesta che s’intreccia con le indagini delle procure di Roma e Messina.
Corruzione, quindici arresti: ci sono il Pm Longo, l’avvocato di Eni Amara e Bigotti, imprenditore del caso Consip. Una rosa di nomi eccellenti e frequentatori assidui delle cronache giudiziarie, quelli finiti nell’inchiesta delle Procure di Roma e Messina, protagonisti di due associazioni per delinquere. Spicca il suolo dell’ex pubblico ministero di Siracusa (Longo), il quale in cambio di soldi e vacanze avrebbe aperto procedimenti giudiziari fittizi per sapere del contenuto d’indagini di altri colleghi e di tentare di inquinare importanti inchieste.
Quindici arresti. Una rosa di nomi eccellenti e frequentatori assidui delle cronache giudiziarie, quelli finiti nel mirino di un’operazione messa a segno dalla Guardia di Finanza su ordine delle Procure di Roma e Messina, protagonisti di due associazioni per delinquere dedite alla frode fiscale, reati contro la P.A. e corruzione in atti giudiziari. Ci sono Giancarlo Longo, ex Pm della Procura di Siracusa, l’avvocato Piero Amara (legale di Eni) e gli imprenditori Fabrizio Centofanti e Enzo Bigotti, e il docente della Sapienza Vincenzo Naso. I nomi di Amara e Bigotti erano emersi negli atti dell’inchiesta sul caso Consip. Quello di Centofanti, invece, era legato all’inchiesta su Maurizio Venafro, l’ex capo di gabinetto del governatore Nicola Zingaretti, poi assolto in uno dei vari stralci del processo Mafia Capitale.
Corruzione, “Longo tentò di ostacolare l’inchiesta sulle tangenti di Eni in Nigeria”. Secondo le Procure di Roma e Messina, per conto del legale esterno dell’Ente Nazionale Idrocarburi Piero Amara, l’ex Pm di Siracusa avrebbe messo su un’indagine priva di fondamento su un presunto piano di destabilizzazione della società e del suo a Claudio Descalzi. Lo scopo: “Portare a conoscenza della società l’esistenza di un procedimento penale nel quale risultava in qualche modo coinvolta”.
Corruzione, il Pm: “Il giudice Virgilio aggiustò sentenze per 388 milioni. E lo aiutarono a nascondere 750mila euro”. Corruzione, l’indagine sul Consiglio di Stato e quella su Eni: chi è Amara. Il socio dell’amico di Renzi ora parla coi Pm. L’avvocato sta collaborando con i magistrati riempiendo centinaia di pagine di verbali pieni di omissis, che potrebbero coinvolgere anche personaggi eccellenti. D’altra parte di nomi pesanti il legale di Siracusa ne ha incrociati parecchi: da Andrea Bacci a Ezio Bigotti, l’imprenditore considerato vicino a Verdini. Una trama complessa in cui lui è il regista occulto: sempre dietro le quinte, ma sempre motore di ogni tipo di affare.
L’accusa ruota attorno a un trasferimento di denaro da un conto svizzero intestato all’ex magistrato oggi in pensione alla Investment Eleven Ltd, riconducibile ad Amara e Calafiore. In cambio avrebbe emesso numerosi provvedimenti in sede giurisdizionale, monocratica e collegiale, verso soggetti i cui interessi erano seguiti dai due avvocati.
Consiglio di Stato – Il presidente Virgilio, il legale di Bigotti e il presidente della Open renziana. Le tre sentenze sono tutte del 20 ottobre 2015. Il presidente della quarta sezione del Consiglio di Stato era sempre Riccardo Virgilio. Le ha firmate con quattro colleghi e poi è andato in pensione. Quelle tre sentenze hanno avuto un effetto importante a favore dell’imprenditore piemontese Ezio Bigotti, spesso difeso dall’avvocato Piero Amara di Siracusa. Le attestazioni Soa per partecipare ai maggiori appalti italiani sono state riconosciute a Bigotti mentre la società francese Siram, del colosso Veolia, sosteneva che fossero ancora sue. Veolia ha scritto allora un comunicato di fuoco e ora si scopre, con le indagini dei Pm romani, che il giudice Virgilio aveva in corso affari con una società nascente, la Teletouch Srl, fondata da Amara con soggetti residenti in Svizzera e un amico di Matteo Renzi ora caduto in disgrazia con il Giglio magico, Andrea Bacci. Un dato dimostra quanto oggi Firenze sia la vera capitale. L’avvocato di Consip era il toscano Alberto Bianchi, amico anche lui di Renzi e tesoriere della Fondazione che raccoglie i fondi per il leader Pd, la Open.
Le indagini sulla Consip si incrociano con quelle sulle false fatture che sono arrivate al Consiglio di Stato, i cui personaggi chiave sono Bigotti e Amara. L’imprenditore di Pinerolo e l’avvocato di Siracusa (Amara) ad aprile sono stati perquisiti dai finanzieri di Roma su ordine dei pm Paolo Ielo, Stefano Fava, Giuseppe Cascini e Mario Palazzi. Sulla scrivania di Bigotti c’erano cinque fogli excel sugli incarichi assunti dall’avvocato Bianchi con un gruppo non specificato, probabilmente Siram, rivale di Bigotti. E nell’ufficio della Gestioni Integrate (gruppo Bigotti) hanno trovato una cartellina con su scritto “Bianchi Consip Siram”. L’avvocato della società, Angelo Mangione, ha fatto presente al Pm che si trattava di materiale predisposto dal cliente e che stava valutando l’eventuale rilievo penale delle condotte di Siram. Il gruppo di Bigotti pensava insomma a un esposto e si interessava ai rapporti di Bianchi con Consip e Siram.
In manette l’ex membro del Consiglio di giustizia amministrativa Siciliana Giuseppe Mineo. Nel 2016 era stato indicato dall’ex premier per un posto a Palazzo Spada: il fatto che fosse stato sanzionato per il ritardo con cui depositava le sentenze bloccò la sua nomina. A fare agli inquirenti il nome di Mineo è stato l’avvocato Piero Amara, ex legale dell’Eni che a febbraio è finito in manette e che da mesi rende dichiarazioni ai pm di Messina e Roma.