Continuano le indagini sulla rete di complici che ha protetto la latitanza di Matteo Messina Denaro.
I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani hanno arrestato oggi per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dal metodo mafioso Emanuele Bonafede, nipote del boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede, e la moglie Lorena Ninfa Lanceri.
L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca De Leo.
Dall’inchiesta emerge che Lorena Lanceri sarebbe stata molto legata a Messina Denaro.
I militari hanno trovato numerosi riscontri del rapporto tra il boss e la Lanceri. Messina Denaro, per nasconderne la vera identità, la chiamava Diletta.
Una foto di Matteo Messina Denaro che fuma un sigaro e tiene in mano un bicchiere da Cognac scattata a casa di Emanuele Bonafede e della moglie Lorena Lanceri, arrestati oggi, è tra gli elementi che incastrano i due coniugi accusati di favoreggiamento. La foto risale a qualche anno fa e mostra solo il corpo dell’allora latitante al quale è stato appositamente tagliato il volto ed è stata sicuramente scattata nel salotto della abitazione della coppia.
Le indagini
Ma come hanno fatto i carabinieri a capire che Diletta era Lorena Lanceri? Tutto parte dalla testimonianza di una delle pazienti con cui Messina Denaro, ammalato di tumore, faceva la chemioterapia alla clinica La Maddalena di Palermo e che era diventata amica del boss. Sentita il 18 gennaio dai carabinieri, la testimone racconta che Messina Denaro, da lei conosciuto come Andrea Bonafede, le aveva detto di avere una storia con una ragazza di nome Diletta. Il finto Bonafede aveva anche messo in contatto le due donne tramite chat audio. La paziente le ha conservate e le consegna ai militari del Ros. “Ah c’è Diletta che ha il covid gliel’ho passato io si sta curando stiamo qua a casa assieme e Diletta ti saluta anzi ora te la passo per messaggio”, si sente in una delle chat vocali che Messina Denaro manda all’amica e che i carabinieri ascoltano.
Segue l’audio di Diletta inviato sempre alla paziente: “Io qua con la creatura (fa riferimento al boss) quello che mi sta facendo passare non solo mi ha trasmesso il covid però alla fine per lo meno mi fa ridere perché è simpatico”. Durante la registrazione dei vocali (inviati tutti dal telefono di Messina Denaro), però il cellulare di Diletta riceve una chiamata. Nella registrazione delle conversazioni, poi ascoltata dagli investigatori, si sente lo squillo e la donna rispondere. L’analisi delle celle telefoniche svela ai militari l’identità di Diletta. Nell’istante in cui le chat vocali vengono registrate e il cellulare della donna che è col boss riceve la chiamata i telefonini di Messina Denaro e della Lanceri agganciano le stesse celle. I due, evidentemente, sono insieme. E dunque Diletta è la Lanceri. Infine in alcuni messaggi che il padrino manda alla sorella Rosalia si comprende chiaramente quanto Diletta conti per lui. Raccontando le ore successive all’intervento chirurgico subito a maggio del 2021 il boss scrive: “ero tutto bagnato dal sudore, Diletta che lavò i miei indumenti li torceva ed uscivano gocce di acqua, era senza parole”. “Nessun dubbio può quindi residuare sulla centralità del ruolo della donna – scrive il gip – per assicurare al latitante il più ampio conforto emotivo e relazionale – oltre a quello logistico e assistenziale”.
Il legame tra il boss e “Diletta”
“Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare facendomi un regalo in grande stile. Quel regalo sei tu”. Queste le parole scritte nel 2019 in un biglietto diretto a Matteo Messina Denaro da una donna che si firmava Diletta. Il biglietto, trovato a casa della sorella del boss Rosalia, si concludeva con “Sei un grande anche se non fossi MMD. Tua Diletta”. Secondo gli investigatori il vero mittente della lettera sarebbe Lorena Lanceri. La donna nelle sue comunicazioni col boss avrebbe usato il nome in codice per celare la sua vera identità. “Penso che qualsiasi donna nell’ averti accanto si senta speciale ma soprattutto tu riesci a far diventare il nulla gli altri uomini. – proseguiva – Con te mi sento protetta, mi fai stare bene, mi fai sorridere con le tue battute e adoro la tua ironia e la tua immensa conoscenza e intelligenza. Certo hai anche tanti difetti, la tua ostinata precisione …. ma chi ti ama, ama anche il tuo essere così. Lo sai, ti voglio bene e come dico sempre un bene che viene da dentro. Spero che la vita ti regali un po’ di serenità e io farò di tutto per aiutarti”.
La rete di Messina Denaro
Salgono a sei i favoreggiatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro arrestati dai carabinieri del Ros. Dalla cattura del padrino, il 16 gennaio scorso, sono finiti in cella Giovanni Luppino, l’autista che accompagnava alla clinica La Maddalena il boss per la chemioterapia nel giorno del blitz che ha posto fine alla sua trentennale latitanza, Andrea Bonafede, il geometra che gli ha prestato l’identità, il cugino omonimo, che avrebbe fatto avere a Messina Denaro le prescrizioni mediche necessarie per le sue cure, suo fratello Emanuele arrestato oggi con la moglie Lorena Lanceri e Alfonso Tumbarello, il medico che ha prescritto farmaci e analisi al padrino trapanese. Sono accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, associazione mafiosa, favoreggiamento e procurata inosservanza di pena. Dalle indagini emerge chiaramente che Messina Denaro è stato costantemente supportato da più persone durante la latitanza. Persone “che, secondo i pm, gli hanno consentito di spostarsi in relativa sicurezza sul territorio, anche avvalendosi di più autovetture, di accedere sotto mentite spoglie alle indispensabili cure del Servizio sanitario nazionale, anche grazie a diagnosi e ricette effettuate a nome di Andrea Bonafede, e di acquistare sotto falso nome (ancora una volta quello di Andrea Bonafede) una casa da adibire a covo e una macchina”.
La versione degli arrestati
Dopo la cattura del boss Messina Denaro, il 16 gennaio scorso, Emanuele Bonafede e la moglie sono andati dai carabinieri e hanno raccontato di aver visto in tv Messina Denaro e di aver riconosciuto in lui l’uomo che pochi mesi prima un familiare gli aveva presentato col nome di Francesco Salsi, medico in pensione. Ma la versione dei coniugi è stata smentita dai video registrati da una telecamera di sorveglianza installata vicino a un esercizio commerciale a pochi passi dalla loro abitazione a Campobello di Mazara. I video “coprivano” dalle 20.51 del 7 gennaio alle 21.12 del 23 gennaio 2023 e dunque anche i giorni immediatamente antecedenti alla cattura del boss. Dalle immagini emerge che Messina Denaro è andato ogni giorno nell’abitazione dei Bonafede a ora di pranzo e cena e si è trattenuto per numerose ore. Le videoriprese inoltre hanno spesso mostrato la presenza della macchina del latitante, una Giulietta Alfa Romeo, vicino alla casa dei due indagati. “Si è trattato, del resto, di una ospitalità che ha senza dubbio avuto dei costi non irrilevanti per una famiglia non particolarmente benestante – si legge nella misura cautelare emessa dal gip – famiglia che quindi è del tutto irragionevole pensare che possa essersi assunta il pieno sostentamento di uno sconosciuto medico in pensione”. Nelle immagini, infine, marito e moglie sono ripresi mentre escono di casa con fare circospetto per controllare la presenza di eventuali poliziotti o carabinieri e dare poi il via libera all’ospite che solo allora, sinceratosi che non ci fosse pericolo, lasciava l’abitazione.
Il rapporto epistolare con Laura Bonafede
C’era un rapporto epistolare “molto intenso” tra Matteo Messina Denaro e Laura Bonafede, figlia del boss di Campobello Leonardo Bonafede e moglie dell’ergastolano Salvatore Gentile. Emerge dall’indagine. La scoperta nasce dal ritrovamento al padrino di Castelvetrano di una lettera-diario scritta da una persona che si firmava con lo pseudonimo di “cugino” per proteggere la sua vera identità e diretta a Messina Denaro. In principio i carabinieri non sanno chi sia “cugino”, ma poi scoprono un pizzino scritto il 14 gennaio, due giorni prima dell’arresto, dal boss stesso. Nel pizzino Messina Denaro risponde a un precedente messaggio di “cugino”. “Ci siamo visti da vicino ed anche parlati. – scriveva il capomafia all’interlocutore – mi avrai trovato invecchiato e stanco (…) a me ha fatto piacere vederti e parlarti, cercavo di tenere la situazione sotto controllo ma non ho visto niente di pericoloso, certo c’è da vedere cosa ha pensato l’affetta-formaggi, perché a te ti conosce e sa che tipo sei, a me mi conosce di vista come cliente ma non sa nulla, certo ora che mi ha visto parlare con te sarà incuriosito di sapere chi sono. “Il termine “affetta formaggi” insospettisce i militari che si ricordano che nel covo di Campobello di Messina Denaro c’era uno scontrino della Coop del 14 gennaio. A quel punto acquisiscono le immagini interne del negozio e vedono Messina Denaro davanti al banco dei salumi parlare con Laura Bonafede. E’ la svolta nell’identificazione di “cugino” che fa rivalutare tutta la corrispondenza scoperta.