In aumento i giornalisti abusivi, ma anche le pene in caso di condanna

Con l’avvento dei “social” l’abusivismo nella professione giornalistica è ormai una piaga dominante. Da parte dei leoni della tastiera, dei blogger improvvisati, dei fissati a tutti i costi, si scrive qualsiasi cosa gli passi per la testa, sentendosi davvero “giornalisti”, nel diritto e nel fatto di raccontare su qualsiasi cosa o persona quale obiettivo dei propri privati inventivi. E non importa se si tratta di cronaca, magari scopiazzata a destra e manca perché non in possesso di comunicati stampa ufficiali di forze dell’ordine o procure della Repubblica. Rapina, omicidio, estorsioni, spaccio di droga e tutto quello che capita sotto mano, diventa notizia propria.

Grave diventa quando da parte degli abusivi si critica aspramente anche l’Ordine dei Giornalisti, usando insulti alla soglia della querela.

Sono in crescente aumento i collaboratori abusivi non iscritti all’Ordine. Ma assieme alla libertà di pubblicare cronaca e fatti, di fatto, è cambiata anche la pena per i reati della professione abusiva in generale. Questo è il nuovo testo dell’articolo 348 del Codice penale in tema di esercizio abusivo di una professione, approvato a Palazzo Madama: «Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a 2 anni e con la multa da 10.000 euro a 50.000 euro. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle attrezzature e degli strumenti utilizzati».

Concetto Alota

 

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