La nostalgia della vecchia politica, i processi storici e il fallimento

La confusione e l’incertezza prodotta dal governo giallo-verde riaccendono una certa nostalgia verso i vecchi partiti della Prima Repubblica. In testa ai pensieri che l’opposizione in una democrazia compiuta, è potere. Il Partito Comunista Italiano, la Democrazia Cristiana e a seguire tutto il resto, soprattutto tra le generazioni più anziane, sono fatti del passato. Erano invece i punti cardinali in cui poggiare, in un modo o nell’altro, l’ideologia cui si apparteneva. La nostalgia tocca i ricordi degli uomini politici di un tempo nobili e onorati, ora distinti tra onesti o disonesti, mafiosi o anti-mafiosi, e o incapaci.

L’ideologia è tramontata insieme ai partiti. Centro, Destra o Sinistra non significano più niente. Fascismo e Comunismo sono il passato offuscato, dove ogni uomo si nasconde. Oggi siamo nel varco del trasformismo e si riferisce ad alcuni partiti che diventano movimenti per cambiare casacca e schema, come ha fatto anni fa il Pd e ora il M5Stelle, o peggio la Lega, che cancella la parola “Nord”, e i cespugli multi-idee con mille casacche di ricambio nel cassetto. Tutti, sul palcoscenico politico di oggi, non si dichiarano né di destra né di sinistra e vogliono continuamente riformare il lavoro come se fosse la panacea. Accettare così il distinto di destra secondo cui il problema comincia dal lavoro e non dal vuoto di capacità dirigenziale di cui oggi soffriamo. Ma, a sua volta, si accettano di destra partiti come La Lega una volta del solo Nord e ora distribuita nell’intero Stivale, collezionista di vantaggi, dispense, anomalie e il premio valido solo per la parte politica che il partito rappresenta, senza la minima nozione di mercato, bisogna capire dove andiamo davvero se prima si richiamava al Nord mentre ora apre le porte anche ai “meridionali” prima odiati e offesi, con l’aggravante che i natii del Mezzogiorno sono abulici, non reagiscono più di tanto, ed anzi si alleano, prima poi, con un potenziale nemico storico.

Insiste poi la pretesa del Centro, riferendosi per antonomasia alla vecchia Diccì e i suoi dintorni confusi, interclassisti, come luogo magico di raggruppamento che attrae e non respinge, tranquillizza e unisce, riconcilia e non fraziona, e che come dottrina si affida al buon senso, oltre che all’illusoria cristianità e confusa dottrina della Chiesa, ormai superata dalla Storia. Parole giuste ma false e oltrepassate, senz’altro lo zoccolo duro che ha contraddistinto la vecchia Diccì dal Dopoguerra fino a “Mani Pulite”, ma ormai superato. Il Centro è un elemento politico spugnoso che s’inzuppa di antichi valori che tendono ad invadere ogni spazio di discussione politica. Ma oggi la miglior risposta alla fine di Destra e Sinistra è un vasto e solido aggregato politico a cui sono state spezzate le ali e ridotti i toni politici. Il punto in cui una proposta di governo comincia ad essere estrema, da dove viene la certificazione del pericolo che, se è oggettiva, vuol dire che Destra e Sinistra sono stazionari, fermi ad intralciare la scena della politica qualunquistica, comunque. E se è soggettiva, tratteggia la presenza rischiosa di un giudice che è anche il Governo della Repubblica democratica.

I processi storici possono essere letti da molteplici punti di vista ma quest’aspetto della crisi ideologica ha una valenza politica diretta, perché appare sempre più evidente che questo sistema falso e pernicioso si è cacciato in un vicolo cieco e che la via d’uscita rischia di essere traumatica per tutta la collettività, rimanendo senza identità. Oggi lo spazio della politica è dominato dai partiti personali, dalle liste civiche formate da gruppi di potere, il tutto camuffato sotto mentite spoglie per gli interessi di gruppo o di lobby e non per fare politica. La prova nei conflitti d’interessi, in cui chi controlla la comunicazione, le industrie, o i mercati nei rispettivi livelli, diventa capo del governo, ministro, presidente della Regione, sindaco.

L’ideologia delle classi dominanti è oggi lo strumento più pervasivo che è utilizzato per dare stabilità politica a un sistema che comincia a mostrare i suoi limiti. La solidità politica non è solo la linea diretta concettuale, garantita da una serie di processi istituzionali che limitano le forme democratiche nate dalla lotta contro il fascismo e tutte le dittature che centralizzano sempre più le decisioni strategiche ora annientate dagli eventi rapportati alla fine delle ideologie in favore dell’individualismo sfrenato. Cambia il piatto ma la pietanza rimane la stessa.

La saltuarietà contemporanea è legata al fatto che, fino alla fase precedente, alla concentrazione della classe proletaria, del soggetto direttamente avversario al capitale; ma oggi parlare di pensiero Comunista non è certo una cosa tanto facile. È come comunicare con un altro mondo, di un altro periodo tutto da dimenticare perché devastante per la storia delle organizzazioni comuniste di questi ultimi decenni in Italia e in Europa. Questa constatazione che ha spinto molti militanti comunisti convinti a rivolgersi verso altri orizzonti anch’essi bruciati in tempi molto rapidi; ma di contro ora bisogna spingere le masse verso un salto di qualità teorico e pratico nell’affrontare la questione partiti in quanto tale che in realtà è la questione di come le classi dipendenti lottano e reagiscono allo stato attuale delle cose, mentre i movimenti falliscono la missione affidatagli dalla Storia.

Nel gruppo dei nostalgici, un posto di primo piano è tenuto dai pensionati, di ogni etnia e religione. A ragion veduta, sono diventati il bancomat dei governi, come quello Giallo-Verde, senza tanti giri di parole sono spremuti al bisogno per far pagare promesse che non si potevano e non dovevano essere messi in campo durante le campagne elettorali. Il paradosso è rappresentato dalla nostalgia verso il destino del passato a causa della politica, modificando forzatamente il passo verso l’economia per incassare voti, lasciando ai posteri il peso dell’indefinito debito pubblico.

Concetto Alota

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