“Un uomo di talento” ma “dal destino difficile, che nella vita ha commesso seri errori”.
Con quello che sembra un epitaffio Vladimir Putin scrive la parola fine sulla vita di Yevgeny Prigozhin, dopo un silenzio di 24 ore sullo schianto del jet in cui ieri ha perso la vita il capo della Wagner insieme con il comandante militare Dmitry Utkin. Nessuna conferma ufficiale della presenza di Prigozhin sull’aereo, i cui 10 occupanti sono morti. “I dati preliminari suggeriscono che a bordo c’erano uomini della Wagner”, si è limitato a dire il presidente russo. Ma ormai sembrano esserci pochi dubbi sull’uscita di scena del fondatore della compagnia militare, e della sua stessa creatura, a cui Putin ha riservato l’onore delle armi riconoscendo il “significativo contributo alla nostra comune causa della lotta contro il regime neonazista in Ucraina”.
Lo zar ha promesso un’inchiesta su quanto accaduto che “andrà fino in fondo”, mentre sui media e in rete impazza ogni tipo di ipotesi, dal missile alla bomba. Ma tra gli oppositori e i governi esteri, in particolare dalla nemica Ucraina, sono in molti a puntare il dito proprio verso Putin, sospettato di essersi vendicato di Prigozhin due mesi dopo il tentato ammutinamento della Wagner.
“Noi non c’entriamo niente, tutti sanno chi è il responsabile”, ha affermato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Anche se da Johannesburg, dove ha presenziato al vertice dei Brics, il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha esortato a “concentrarsi sui fatti e non sulle dichiarazioni dei media occidentali”. Putin ha detto che Prigozhin era rientrato proprio ieri dall’Africa e aveva avuto alcuni incontri con autorità a Mosca. Poco dopo le 18 ora locale (le 17 in Italia) è avvenuto lo schianto dell’aereo, che dalla capitale si dirigeva a San Pietroburgo. Tra le dieci vittime, ha riferito Rosaviatsia, l’Agenzia federale per il trasporto aereo, ci sono Prigozhin e Utkin.