Rosolini, provocò la morte della convivente cospargendola di liquido infiammabile: il pm chiede l’ergastolo

Ha ucciso la convivente cospargendola di liquido infiammabile per poi appiccarne il fuoco. Per il pm Salvatore Grillo non vi sono dubbi e l’imputato deve essere condannato alla pena dell’ergastolo. Questa la richiesta avanzata, a conclusione della requisitoria, al gup del tribunale Andrea Migneco. Imputato alla sbarra è il rosolinese Sebastiano Iemmolo di 37 anni, finito in manette l’8 settembre di due anni fa a conclusione delle indagini svolte dai poliziotti. Il processo si sta svolgendo con il rito abbreviato e la parte civile costituita si è associata alla richiesta del rappresentante della pubblica accusa.

L’avv. Nino Savarino, che difende l’imputato, ha invocato al giudice l’applicazione delle attenuanti generiche nei confronti del proprio assistito.Iemmolo deve rispondere di omicidio aggravato dai futili motivi, lesioni, incendio e calunnia. L’episodio è accaduto il 7 marzo 2017. Da quanto hanno ricostruito gli investigatori, l’uomo avrebbe chiesto 20 euro alla convivente, Laura Pirri di 31 anni. Al suo diniego il convivente avrebbe riversato del liquido infiammabile appiccando il fuoco alla malcapitata, rimasta ustionata sul 40% della superficie corporea e ferendosi egli stesso al braccio (per spegnere le fiamme, dirà lui). La donna è stata ricoverata all’ospedale civile di Palermo dove però è deceduta il 25 marzo dopo 18 giorni di agonia.

Ai poliziotti l’uomo ha sempre detto che si fosse trattato di un incidente domestico. Ma la sua versione dei fatti non ha convinto il pm Grillo, che ha disposto il sequestro dell’appartamento di via Eloro a Rosolini. L’attività d’indagine trae origine dalla denuncia dei familiari della vittima, convinti che la morte della congiunta non fosse dovuta allo scoppio accidentale di una bomboletta del gas, ma la conseguenza dell’ennesimo atto di violenza subito dalla giovane donna da parte di Iemmolo.  Intuendo che la versione dell’incidente domestico non potesse reggere, l’uomo ha prova a costruire con il figlio e con la propria madre una “seconda verità” da fornire quando fosse giunto in momento.

Conclusa la discussione, il gup Migneco ha fissato per il 26 febbraio la nuova udienza al termine della quale effettuerà la camera di consiglio per emettere il verdetto di primo grado.

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