Subito dopo l’attentato incendiario all’auto della moglie, l’ex sindaco Giancarlo Garozzo, sentito a verbale dai carabinieri, diede alcuni spunti investigativi per individuare i responsabili del danneggiamento della vettura di famiglia. E disse, in quella circostanza, che a suo parere fossero tre i filoni su cui potevano prospettarsi dubbi sulla responsabilità dell’incendio doloso. L’ex primo cittadino siracusano ha ripercorso la vicenda che ha toccato direttamente la propria famiglia, nell’aula del tribunale penale, dove ieri mattina è stato escusso nell’ambito del processo a carico di Salvatore Urso di 58 anni, Francesco Mollica di 35 e Lucia Urso di 37, imputati a vario titolo nel relativo processo che si sta celebrando con il rito ordinario.
Garozzo, rispondendo alle domande del pm Davide Lucignani, ha riferito di quella sera del 14 novembre 2017 quando era stato appiccato il fuoco al Range Rover parcheggiato in viale Santa Panagia, sotto la propria abitazione. Ha detto di avere prospettato agli investigatori uno scenario possibile su cui potere approfondire le indagini. Il primo era quello legato all’appalto della raccolta dei rifiuti solidi urbani, che in quel periodo era stato aggiudicato all’Igm anche se vigeva il ricorso al Tar di Catania da parte della Tekra. La seconda ipotesi portava all’ambiente del Siracusa calcio, il cui presidente dell’epoca, Gaetano Cutrufo, si era candidato alle elezioni regionali nella lista Alternativa Popolare, con il sostegno proprio di Garozzo. La terza supposizione, quella su cui i carabinieri hanno trovato riscontri oggettivi, conduceva ai parcheggiatori abusivi.
Garozzo ha ribadito in aula di avere ricevuto a palazzo Vermexio alcuni di essi, che nei giorni precedenti erano stati multati dagli agenti di polizia municipale. Gli avevano prospettato la volontà di mettersi in regola con la costituzione di una società purché avessero in gestione l’area del campo scuola Pippo Di Natale o le strisce blu a ridosso dell’ingresso dell’area archeologica della Neapolis. Ma l’allora sindaco non ha potuto fare altro che allargare le braccia perché le norme e la burocrazia non gli avrebbero consentito di operare in tal senso. Garozzo ha ricordato anche di un incontro, alla presenza di Cutrufo, durante la campagna elettorale per le regionali del 2017 in cui, all’ennesimo diniego, uno degli imputati avrebbe risposto: “Allora è guerra”.