La Fiom: “A rischio la tenuta del petrolchimico di Priolo”

“Nell’Incontro del 3 novembre Eni ha tentato di incassare, cinicamente, la condivisione delle organizzazioni sindacali su un “piano di trasformazione“ che mette in discussione la tenuta complessiva del petrolchimico di Priolo, la continuità occupazionale e il futuro dei lavoratori. L’annunciato stop dell’impianto Etilene, la chiusura di impianti strategici di Isab Goi e di Sasol e l’irrisolta vicenda IAS, visto anche l’inaffidabilità del sistema industriale, rappresentano fattori altamente negativi che rischiano di mettere in discussione l’asset complessivo dell’area e circa 10.000 posti di lavoro. I lavoratori dell’indotto è da tempo che pagano, con il progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro, il prezzo di un processo di ristrutturazione sociale i cui i segnali premonitori erano chiari”. Questo il co0mmento di Antonio Recano, segretario della Fiom, a proposito del tavolo tecnico al ministero del made in Italy.
“In questi anni – continua Recano – sono stati tanti gli investimenti annunciati e mai realmente messi in cantiere, allontanando sempre di più la possibilità di bonificare, riconvertire e riqualificare, in una visione green, il perimetro industriale che si estende tra i comuni di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli. In questo senso risulta ancora più inaccettabile la visione miope di una parte della politica e del sindacato che, mistificando la realtà, cerca di agevolare un piano di ristrutturazione in un territorio che non sembra avere la percezione del pericolo, della necessità di governare un inarrestabile processo di transizione rompendo il muro della paura e della rassegnazione, e sia chiaro non c’è più tempo siamo giunti al punto di non ritorno. Il petrolchimico di Priolo, per salvarsi ha la necessita di dotarsi di un nuovo modello industriale ambientalmente e socialmente sostenibile, ma i segnali che arrivano dalla politica e dal Governo sono allarmanti, perché senza un cronoprogramma chiaro, senza un ruolo attivo dello Stato, lasciando le mani libere alle multinazionali del petrolio, si rischia di condannare questa area ad una progressiva
deindustrializzazione”.
Ed aggiunge: “Di fronte alla mancanza di un piano industriale certo e realizzabile, l’unica risposta possibile per i lavoratori e per il sindacato resta l’iniziativa, la mobilitazione generale per riallacciare le fila di un vero processo di crescita economica e sociale spendibile a favore di tutto il territorio. Come metalmeccanici siamo sempre più convinti che a decidere le sorti del nostro territorio e del nostro futuro sarà la capacità di lottare che i lavoratori sapranno esprimere. Per questo motivo rivendichiamo ancora una volta la necessità di scendere in piazza, è questione di “legittima difesa”, tornando a quella conflittualità sancita dalla costituzione che riconosce ai lavoratori il diritto di sciopero, ad organizzarsi collettivamente usando la protesta per controbilanciare la forza delle aziende. Come Fiom siamo convinti che è necessario lottare per difendere un futuro industriale e il futuro dei lavoratori operando una scelta democratica, libera ma a differenza di altri “di parte”, dalla parte dei lavoratori.

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By F N

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