Il Caso Avola è la lotta politica a orologeria

Giustizia a orologeria. Stavolta, per una volta, la guerra della politica è contro la stessa politica, e non tra magistrati, giudici e politici, come sanzionato dallo stereotipo del fenomeno che è sempre apparso, tutto strumentale. Sull’accesso ispettivo al Comune di Avola, il vice sindaco, l’avvocato Massimo Grande, nelle veci del primo cittadino assente, interviene e di primo acchito prende il bue per le corna senza tanti giri di parole, spiegando che il Decreto ministeriale sulla nomina della Commissione d’indagine sull’ipotesi d’infiltrazione mafiosa nel Comune di Avola, porta la data del mese di Aprile.

Secondo le sue dichiarazioni rilasciate al Tg3-Rai, per Grande si tratterebbe di una scelta dettata dalle possibili condizioni che porterebbero alla lotta per le Europee. Il riferimento è alla tempistica con cui il Viminale ha tirato fuori dal cassetto il Decreto; guarda caso appena quindici giorni prima del voto. Ho appreso della decisione solo dopo la notifica del provvedimento, aggiunge l’avvocato vicesindaco. “In ogni caso, ampia disponibilità da parte di questa amministrazione. Mi farebbe piacere comprendere quali siano i termini che hanno portato il Prefetto e il Ministro dell’Interno a decidere per l’accesso antimafia; da sette anni siamo sempre stati trasparenti e questo potrà solo rafforzare la limpidezza della nostra azione amministrativa”. Commenta così il vicesindaco di Avola, Massimo Grande, l’insediamento della commissione di indagine al Comune di Avola per verificare eventuali possibili forme di infiltrazioni o di condizionamento di tipo mafioso.

Come per logica deduzione, ci sono i politici, onesti, bravi, quelli nullafacenti, quelli maturi, quelli immaturi, quelli faziosi, quelli qualunquisti, quelli che hanno opinioni confuse e di vario genere. In ogni caso il loro mestiere, esercitato in nome del popolo italiano per principio costituzionale, consiste nell’amministrare la cosa pubblica, secondo dei ruoli a tutti i livelli. La premessa vuole che nessuno sia colpevole fino alla sentenza definitiva. E questo avviene in una Repubblica democratica in cui si vota mediamente ogni 18 mesi, cambiando a volte chi ci governa, a prescindere dalle maggioranze per dire in piena demagogia e strumentalizzazione che siamo sul punto di svolte importanti che non si possono intralciare. I partiti, i politici, non hanno cambiato vezzo; tuttora, quando un politico è sfiorato da un’inchiesta giudiziaria, c’è chi grida sempre al complotto dei magistrati, ma questa volta è chiaro che la magistratura non c’entra proprio niente. C’è sempre la regola che si possa utilizzare la strategia giudiziaria per eliminare un avversario dalla competizione politica, ma la regia arriva sempre dalla politica, attraverso esposti e denunce da presentare al momento opportuna e facendo leva sull’azione giudiziaria obbligatoria delle Procure, o come nel caso di Avola, sul Ministero degli Interni.

Concetto Alota

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