L’ex consigliere del Csm Luca Palamara al termine dell’interrogatorio davanti ai pm di Perugia si difende. “Non mi riconosco – ha detto ai giornalisti – su questa valanga di fango caduta sulla mia persona e sulla magistratura intera”. “Non avrei mai inteso danneggiare alcuno – ha posto l’accento Palamara – tanto meno i colleghi del mio Ufficio verso i quali ho sempre manifestato stima, disponibilità e attenzione”.
“Metto a disposizione di tutti, e l’ho fatto oggi con gli inquirenti di Perugia, il mio conto corrente”. Così ha detto deciso il magistrato sotto accusa rispondendo ai giornalisti al termine dell’interrogatorio davanti ai pm del capoluogo umbro. Palamara ha detto anche di “rifiutare con nettezza e fermezza” l’accusa di avere ricevuto 40 mila euro dagli avvocati Calafiore e Amara per favorire la nomina, non andata in porto, di Giancarlo Longo a procuratore di Gela.
Aggiunge ancora Palamara: “Non ho mai barattato la mia dignità e professione con alcuno. E mai lo farò”. Così il sostituto procuratore di Roma lasciando la procura di Perugia dove è stato interrogato per circa tre ore. “L’ho documentato – ha aggiunto – e continuerò a farlo. Certo della mia totale estraneità ai fatti. Lo devo ai miei figli, alla famiglia, ai magistrati italiani e – ha detto Palamara – a tutte quelle persone che hanno riposto fiducia in me”.
L’accusa della Procura verso Palamara: si legge nelle carte della Procura di Perugia, “quale membro del Csm riceveva da Calafiore e Amara la somma pari a euro 40mila per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio, in altre parole agevolare e favorire il medesimo Longo, arrestato nel febbraio del 2018 nell’ambito dell’inchiesta su corruzione in atti giudiziari dalla Procura di Messina, della procedura di nomina a procuratore di Gela alla quale aveva preso parte Longo, ciò in violazione dei criteri di nomina e selezione”. In particolare, Longo, interrogato dai pm siciliani il 31 luglio 2018 sui rapporti tra Amara, Calafiore e il Csm, ha affermato, tra l’altro, che “Calafiore gli avrebbe riferito di aver dato unitamente ad Amara la somma di euro 40.000 ‘ a beneficio di Palamara’ per la sua – di Longo – nomina a procuratore di Gela, mai avvenuta, a dire di Palamara, a causa di un intervento diretto del Presidente della Repubblica”.
È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta della Procura di Perugia nei confronti dell’attuale sostituto procuratore, i cui uffici a Roma sono stati perquisiti dalla Guardia di Finanza e dai magistrati. Ora al vaglio degli inquirenti ci sono i file contenuti in uno dei computer ma Palamara si è difeso a spada tratta durante l’interrogatorio durato parecchie davanti agli uomini della guardia di finanza. “Chi conosce le dinamiche consiliari sa benissimo che non ho mai parlato di Longo né tantomeno ho danneggiato qualcuno – ha dichiarato ancora l’ex consigliere del Csm – trattandosi di un organo collegiale che come tale ha bisogno della partecipazione di tutti i suoi membri. Ho esibito le ricevute dei pagamenti dei viaggi e altro mi riservo di farlo domani nel prosieguo dell’interrogatorio”.
Ma dalle indagini, oltre alla nomina di Longo, emergerebbero altri dettagli su viaggi, anelli e decine di migliaia di euro per pilotare le nomine dei magistrati. Nel registro degli indagati, con l’accusa di corruzione, oltre ad Amara e Calafiore i pm di Perugia hanno iscritto anche Fabrizio Centofanti, l’imprenditore dei “regali” ed ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone. Per la Procura, viaggi e vacanze per Palamara e famiglia, all’epoca consigliere del Csm, ci sarebbe stata un’attività corruttiva messa in atto, secondo la procura di Perugia, “per fare in modo che Palamara mettesse a disposizione la sua funzione di membro del Csm, favorendo nomine di capi degli uffici cui erano interessate Amara e Calafiore”.