L’omosessualità nasce da un mix di fattori genetici e ambientali. Né più né meno di moltissime altre caratteristiche umane, fisiche o di personalità. In altre parole: “Non esiste un singolo ‘gene gay’, bensì migliaia di varianti genetiche associate al tratto, ognuna con piccoli effetti”. Ha i colori dell’arcobaleno, chiamando in causa un cocktail di elementi che spaziano dal Dna alle influenze esterne, la conclusione di un maxi studio pubblicato su ‘Science’. La prima firma del lavoro è quella dell’italiano Andrea Ganna, in forze negli Usa al Broad Institute del Mit e di Harvard.
Gli scienziati sottolineano come alcune delle varianti genetiche associate al comportamento omosessuale sono collegate a percorsi biologici relativi agli ormoni sessuali e all’olfatto, fornendo perciò indizi sui meccanismi che influenzano l’orientamento gay.
“I nostri risultati forniscono approfondimenti sulle basi biologiche del comportamento omosessuale”, affermano gli autori che evidenziano con fermezza “l’importanza di evitare conclusioni semplicistiche” per diverse ragioni: da un lato perché “i fenotipi comportamentali sono complessi” e “le nostre intuizioni genetiche” in materia “sono rudimentali”, dall’altro perché purtroppo “esiste una lunga storia di uso improprio dei risultati genetici a fini sociali”.
In una ‘Perspective’ sull’articolo, Melinda Mills dell’università di Oxford (Gb) commenta: “Sebbene lo studio abbia scoperto particolari loci genetici associati all’omosessualità, quando si combinano i loro effetti tutti insieme in un unico punteggio questo risulta così piccolo (inferiore all’1%) da non poter essere utilizzato in modo affidabile per prevedere il comportamento omosessuale di una persona”. In definitiva, “usare questi risultati per una previsione o un intervento è impossibile. Totalmente e senza riserve”.
FONTE adnkronos