La vedova trovata morta al cimitero di Catania, “uccisa dal figlio perchè lei si opponeva alla fidanzata”

Arrestato con l’accusa di omicidio aggravato a Catania il sottufficiale della Marina militare Angelo Fabio Matà. E’ accusato di avere ucciso la madre 59enne, Maria Concetta Velardi, nel cimitero del capoluogo etneo, il 7 gennaio del 2014. L’uomo e’ stato incastrato dalle prove biologiche rilevate nel luogo dell’omicidio. Rilevante è stato il contributo fornito alle indagini dalla Polizia Scientifica, attraverso l’analisi del Dna su qualsiasi tipo di traccia biologica rilevata sul luogo teatro del fatto di sangue. Matà era tra i sospettati ed era stato indagato assieme ad altre persone. Il movente sarebbe legato a dissidi familiari con la madre.
La vedova Velardi fu trovata con la testa fracassata da un grosso masso di pietra lavica, a pochi metri dalla cappella di famiglia. A denunciare il ritrovamento fu proprio il figlio 44enne che racconto’ di avere soccorso la madre, di avere toccato la grossa pietra, sporcandosi le mani di sangue e di avere chiesto aiuto a un custode che poi avviso’ la polizia. Agli investigatori della mobile spiego’ che intorno alle 17 era andato a prendere un caffe’ al bar e che quando era tornato aveva trovato la madre per terra, fuori dalla cappella, dove pero’ aveva lasciato, in modo ordinato, le sue scarpe. Fu escluso subito la rapina perche’ la donna aveva indosso una collana e un suo bracciale fu trovato vicino al masso. Maria Concetta Velardi era una donna molto abitudinaria: tutti i giorni andava al cimitero per pregare sulla tomba del marito Angelo e del figlio Lorenzo, morto nel 2009 per un male incurabile.
Gia’ qualche giorno dopo il delitto le indagini della polizia furono indirizzate anche sul figlio, indagato assieme ad altre quattro persone, poi uscite di scena dall’inchiesta: due presunti ‘spasimanti’ della vedova e una coppia di romeni che frequentava il cimitero. Il figlio ha sempre sostenuto la sua estraneita’ ai fatti ed esposto la tesi che al delitto avesse partecipato anche una donna e che ad assassinare la madre fossero stati in due. Per questa ragione aveva chiesto (negata dal Tribunale) la riesumazione della salma per verifiche su ferite alla schiena della vittima per verificare se fossero state provocate da unghiate.
Maria Concetta Velardi e’ stata assassinata dal figlio per dei rancori personali legati alla scelta della fidanzata che la mamma non condivideva. Un livore a lungo covato nei confronti del genitore, ritenuto un ostacolo alla realizzazione di progetti di vita personale. E’ questa l’ipotesi investigativa della polizia che, segnando una svolta sul caso, ha arrestato il sottufficiale della Marina militare Angelo Fabio Mata’ su disposizione del Gip Alessandro Ricciardolo. Il 43enne e’ stato arrestato per omicidio aggravato con l’accusa di avere ucciso la madre 59enne nel cimitero del capoluogo etneo, il 7 gennaio del 2014. L’uomo e’ stato incastrato dalle prove biologiche rilevate nel luogo dell’omicidio. Matà era gia’ tra i sospettati. Il quadro indiziario e’ stato costruito in tre lunghi anni di indagine. Gli elementi alla base della misura cautelare sono il rinvenimento del Dna dell’indagato sotto due unghie della mano destra della vittima, frutto secondo la ricostruzione della polizia di una colluttazione che ha preceduto i colpi mortali inflitti con due grosse pietre; una traccia di sangue della vittima trovata nella maniglia dello sportello dell’auto di Mata’. E poi una scena del crimine ricostruita nei minimi dettagli con la ‘repertazione’ di oltre cento oggetti, nonche’ gli orari degli spostamenti dell’assassino emersi dalle celle del suo telefono cellulare.
La vedova Velardi era stata trovata con la testa fracassata da un grosso masso di pietra lavica, a pochi metri dalla cappella di famiglia. A denunciare il ritrovamento, proprio il figlio che racconto’ di avere soccorso la madre, di avere toccato la grossa pietra, sporcandosi le mani di sangue e di avere chiesto aiuto a un custode che poi avviso’ la polizia. Agli investigatori della mobile spiego’ che intorno alle 17 era andato a prendere un caffe’ al bar e che quando era tornato aveva trovato la madre per terra, fuori dalla cappella, dove pero’ aveva lasciato, in modo ordinato, le sue scarpe. Esclusa subito la rapina perche’ la donna aveva indosso una collana e un suo bracciale fu trovato vicino al masso. Maria Concetta Velardi era una donna molto abitudinaria: tutti i giorni andava al cimitero per pregare sulla tomba del marito Angelo e del figlio Lorenzo, morto nel 2009 per un male incurabile. Gia’ qualche giorno dopo il delitto le indagini della polizia furono indirizzate anche sul figlio, indagato assieme ad altre quattro persone, poi uscite di scena dall’inchiesta: due presunti ‘spasimanti’ della vedova e una coppia di romeni che frequentava il cimitero. Il figlio ha sempre sostenuto la sua estraneita’ ai fatti ed esposto la tesi che al delitto avesse partecipato anche una donna e che ad assassinare la madre fossero stati in due.
Alle 16.20 di quel 7 gennaio 2014 la polizia era intervenuta nel cimitero cittadino a seguito della richiesta di intervento dello stesso Matà che aveva riferito di avere trovato il cadavere della madre. Il corpo di Maria Concetta Velardi giaceva a terra, in un corridoio tra due cappelle, a pochi metri di distanza da quella di famiglia. Accanto due pesanti sassi di grandi dimensioni, sporchi di sangue. Sulle pareti del corridoio altre tracce di sangue. Sul viale antistante era posteggiata l’auto del figlio con la parte anteriore rivolta in direzione di via Acquicella: vicino alla maniglia della portiera posteriore destra, una traccia di sangue. Da una prima ricostruzione effettuata dagli investigatori, la vittima era stata trascinata nel corridoio, ipotesi confermata dalla presenza di abrasioni nella parte inferiore della schiena; la maglia indossata dalla vittima, strappata in corrispondenza del punto in cui vi erano le abrasioni, lasciava ipotizzare che fosse stata trascinata dall’aggressore per ripararsi da sguardi indiscreti, mentre infliggeva i colpi di grazia. Sulla base delle iniziali risultanze, erano emersi, ad avviso della polizia, “univoci e concordanti indizi di colpevolezza nei confronti di Angelo Fabio Mata’”; movente del delitto, il rapporto conflittuale con la madre. Tre testimoni che si trovavano in diversi luoghi del cimitero, non lontani dalla cappella Mata’, hano riferito delle urla della donna nel corso dell’accesa discussione con il figlio. Tali dichiarazioni con i dati offerti dal medico legale hanno consentito di affermare che l’aggressione, a seguito della quale e’ morta la donna (dopo circa trenta-quaranta minuti di agonia), andava collocata tra le 15.30 e le 15.45. Compiuta l’aggressione, Mata’ si sarebbe precostituito un alibi, cercando di simulare che l’aggressione alla madre fosse avvenuta durante la sua assenza dal cimitero ed effettuando con la propria auto un giro che creasse un lasso di tempo sufficiente a tale scopo. L’analisi dei tabulati, insieme alle dichiarazioni rese dalle persone presenti al cimitero, pero’, ha consentito di ipotizzare che Velardi era stata aggredita nel lasso di tempo nel quale il figlio si trovava nel cimitero. Al ritorno, (documentato dai ponti di aggancio del telefono cellulare), Mata’ avrebbe messo in piedi la messinscena del disperato rinvenimento con le mani sporche di sangue, in modo da giustificare la presenza su di se’ di ogni eventuale traccia ematica con le manovre effettuate per soccorrere la madre. Gli esiti degli accurati esami svolti dalla Polizia Scientifica hanno consentito di affermare che, mentre subiva l’aggressione, Velardi aveva graffiato con la mano destra il figlio, fatto dimostrato dalla presenza di materiale genetico riconducibile a Mata’ sotto due unghie della vittima, e del sangue dell’indagato sugli abiti e sullo sportello dell’auto del figlio condotto nel carcere di piazza Lanza.

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