Il presidente dell’Ias Maria Grazia Brandara minaccia si trasmettere i libri in tribunale se entro venerdì non sarà approvato il bilancio. Sul filo del rasoio ancora una volta la vicenda della gestione del depuratore consortile di Priolo dell’Ias. Per una serie di cavilli procedurali il bilancio non è stato approvato e la prossima riunione degli organi statutari è fissata per il prossimo 14 luglio. Ma la partita tra la società consortile e la Regione Siciliana s’innesca ancora una volta nel ritardo della firma della convenzione per continuare a gestire il depuratore, per una guerra non dichiarata tra la parte pubblica e quella privata; questo potrebbe causare un danno ambientale di notevoli proporzioni e il blocco delle industrie nel petrolchimico siracusano, oltre al grave danno occupazionale. Firma della nuova convenzione che il presidente dell’Ias Maria Grazia Brandara aveva programmato entro la fine di luglio. Si tratta di un contratto di concessione in uso con la Regione Siciliana per la gestione dell’impianto da parte dell’Ias, ma la mancata approvazione del bilancio potrebbe mettere tutto in discussione e innescare un effetto domino di catastrofiche dimensioni. La vicenda ha allarmato ancora una volta le maestranze stanchi di elemosinare il proprio lavoro per i giochi della politica degli interessi di parte.
Intanto, Turi Magro entra nel Cda dell’Ias e anche questo è stato oggetto di contestazione da parte dei privati.
Ma la mancata approvazione del bilancio dell’Ias da parte dei privati, per deduzione, è una chiara e marcata sfiducia al direttore dell’Impianto ingegner Donato Infantino, estensore del documento economico, che, a rigor di logica, si dovrebbe dimettere.
La convenzione tra la Regione e l’Ias per la gestione del depuratore consortile è scaduta da qualche tempo e si va avanti con le proroghe. Ma le denunce dei sindacati e dei sindaci della zona nelle tematiche dell’Ias insistono per la cattiva manutenzione dell’impianto di depurazione che ritorna sotto l’attenzione dell’inquinamento industriale nel triangolo del petrolchimico siracusano. Un circolo vizioso che si chiude con quello del Cipa, con la funzione di monitorare lo stato d’inquinamento della zona industriale, dove in entrambi i casi, i soci sono sempre le aziende del polo petrolchimico siracusano che inquinano. Da più parti si accusa la deputazione siracusana rea di aver abbandonato le sorti dell’Ias; ma non è chiara la strategia della Regione sul futuro del depuratore; subito dopo la nomina di Maria Grazia Brandara a presidente dell’Ias, il direttore dell’impianto, ingegner Donato Infantino, dichiarava che ci vogliono almeno 4 milioni di euro per rimettere l’impianto a posto; ma per gli addetti ai lavori ci vorranno almeno 12 milioni di euro per riportare gli impianti in sicurezza. Anche per i sindacati dei lavoratori, la preoccupazione maggiore è per lo stato in cui versano gli impianti arrivati ormai al capolinea. Un’aria pesante si respira al solo transitare attorno al depuratore a causa della puzza dei vapori velenosi che fuoriescono dagli impianti dell’Ias e che costringe molte volte, in base ai venti che spirano, i residenti dei paesi viciniori della zona industriale a respirare quei cattivi odori.
L’aggravante insiste per gli addetti ai lavori che sono obbligati a respirare quell’aria malsana e acre durante tutte le ore di lavoro. Un pane amaro da mangiare. Sotto accusa la mancata entrata in funzione dell’impianto di deodorizzazione costato circa un milione di euro e inaugurato nel 2009 in pompa magna, dall’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, senza che nessuno ha protestato per i soldi pubblici sprecati; ma c’è anche la questione della mancata copertura delle vasche di accumulo del depuratore Ias, che crea una puzza nauseabonda irresistibile e l’aria irrespirabile che soffoca cittadini e dipendenti. Ma è stata ancora più forte, chiara e decisa la denuncia dell’’ex presidente dell’Ias, Sara Battiato, la quale prima di andare via dichiarava che “l’impianto di deodorizzazione non è mai entrato in funzione perché inadeguato”. Insomma, soldi pubblici buttati mentre la gente muore di fame.