Nella moderna società falsa e cortese, si diffondono notizie false e tendenziose ad un ritmo impressionante, di contro siamo, a sua volta, tutti spiati dai potenti del mondo; governi, Servizi segreti, sia governativi sia privati, si sono organizzati per difendere i propri confini e la sicurezza nazionale, ma anche dagli attacchi chimici o biologiche. Ma tutto questo non è servito a fermare la pandemia provocata dal coronavirus a causa della globalizzazione. Però, i diversi metodi algoritmi intelligenti sono in grado di monitorare i social media da cyber globi sicuri, per il controllo e la prevenzione delle malattie contagiose, come il Covid-19, e scoprire i colpevoli della diffusione da chi non si attiene alle disposizioni dei governi.
Più sicurezza in Europa, dopo l’approvazione della Direttiva NIS nel 2016 – traslata in Italia dal D.Lgs. 65/2018 – le istituzioni europee continuano ad adottare misure intese a rafforzare la sicurezza cibernetica nell’Unione europea. La principale di queste misure recentemente adottate consiste in un Regolamento volto a creare un quadro europeo per la certificazione della sicurezza informatica di prodotti ICT e servizi digitali, e a rafforzare il ruolo dell’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (ENISA): il cosiddetto Cybersecurity Act. Il Regolamento è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 giungo 2019, in vigore dal 27 giugno 2019.
Ma il giro degli “spioni” si allarga anche alla vita di tutti i giorni. “Ci sono i programmi spia – scrive il New York Times alcuni ani fa – nascosti nei dischi rigidi di diversi costruttori di computer e vengono usati per spiare i computer di istituzioni governative e militari, banche, media, compagnie energetiche e di telecomunicazioni, nonché attivisti legati al terrorismo”.
Ma il male maggiore arriva delle fake new; fenomeno relativamente nuovo, con i recenti interventi che hanno regolamentato il fenomeno da parte dei governi; un grosso problema per la loro facile diffusione, che avviene in parte anche mediante le condivisioni e i commenti generati automaticamente da profili internet fasulli. I principi costituzionali comuni alle democrazie di tutto il mondo si sono rinsaldate, ma non è bastato a contenere il fenomeno, che si è invece sviluppato a dismisura.
Ci sono molti modi per diffondere false notizie nell’opinione pubblica oppure in gruppi chiusi di persone: lettere anonime, una confessione agli amici al bar, ma anche la propaganda di un regime dittatoriale, una istantanea o una fotocopia ritoccata e pubblicata su un giornale, un post su Facebook. E questo fa parte dei tanti difetti degli esseri umani. Chi ha necessita di parlare male degli altri, il più delle volte è frustrato nella vita, vittima della insoddisfazione che a sua volta genera una forma di rabbia intrinseca, che si manifesta con le calunnie altrui. Esseri umani (si fa per dire), colpiti da un malessere concepito dai loro ricordi, traumi, invidie, sconfitte, dolori, paure, rabbia, fallimenti, colpe e dalla visione distorta di sé stessi, che non permette di distinguere le persone per quello che sono, ma in base alla propria opportunità.
Facebook, suo malgrado, è il maggior diffusore di fake news. La notorietà del social network permette, a chi vuole adottare una strategia di propagazione di false notizie, di raggiungere il più alto numero di persone possibile.
Non a tutti piace la soluzione adottata sui controlli a tappeto e le cancellazioni di post in merito Facebook, poiché è sì un modo per arginare il diffondersi di fake news, ma il rischio è allo stesso tempo di colpire pure chi presenta notizie vere.
L’epidemia da coronavirus è la prima infodemia della storia, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS): “…il suo impatto sociale, economico e umano è indissolubilmente connesso al mondo dei media digitali, i social soprattutto”. Nel bene e nel male, i media digitali amplificano i danni, veicolando disinformazione sul virus – ma si stanno anche rivelando un mezzo per ridurre le conseguenze negative dell’infezione e fare emergere verità e racconti della gente, anche non gradite ai Governi sospettati di traffici”.La raccomandazione dell’OMS è anche rivolta a tutti gli utilizzatori dei social media, “tutti abbiano il dovere di condividere coscientemente, “facendo click” con attenzione, evitando di alimentare notizie false o anche solo dubbie”.
C.A.