Il mancato recepimento del referendum relativo alla questione dei gettoni di presenza da parte del consiglio comunale di Priolo, finisce nelle aule di tribunale. Il gup del tribunale aretuseo, Carmen Scapellato, ha emesso il decreto che dispone il giudizio nei confronti dell’allora presidente del consiglio comunale priolese, Orazio Valenti, e al vice segretario comunale, Mario Privitera. Entrambi dovranno affrontare il processo, fissato per il 15 gennaio, perché il pm Tommaso Pagano, ha ipotizzato nei loro confronti il reato di abuso d’ufficio.
Stralciata, invece, la posizione degli altri 7 imputati, per i quali il giudice per le udienze preliminari ha emesso una sentenza di non doversi procedere. Godono, quindi, del proscioglimento i consiglieri comunali priolesi all’epoca dei fatti, Giuseppe Crocillà, Massimo Giannetto, Sebastiano Lombardo, Sebastiano Boscarino, Francesca Marsala e Giuseppe Minsirello. In questo secondo caso, è passata la linea della difesa sostenuta dagli avvocati Zizzi, Cassia, Calvo, Lo Vecchio, Giuseppe Carrubba ovvero che mancava l’atto di indirizzo politico per potere fare trattare dal consiglio comunale la questione referendum, visto che il parere rilasciato dalla specifica commissione consiliare non è vincolante.
La vicenda giudiziaria risale al 2010 ed è stata sollevata dall’ex consigliere comunale di Priolo ed ex consigliere provinciale Angelo Musumeci. Questi aveva promosso un referendum popolare con l’obiettivo di fare ridurre i gettoni di presenza (che nel frattempo erano stati aumentati) dei consiglieri comunali che partecipavano alle sedute consiliari e a quelle delle commissioni, che a suo giudizio erano troppo dispendiosi per le casse comunali. Musumeci aveva denunciato alla Procura di Siracusa di non essere stato ascoltato dalla commissione consiliare e che lo specifico strumento di partecipazione democratica dei cittadini non fu possibile, quindi, svolgere. Le successive indagini, convinsero la magistratura aretusea ad approfondire le indagini che sono adesso giunte alla fase del rinvio a giudizio, disposto dal giudice solo per due dei nove imputati.