E’ stata eseguita ieri mattina l’autopsia sul cadavere di E. S., l’ufficiale giudiziario del tribunale, deceduta lunedì dopo alcuni giorni di ricovero all’ospedale Umberto primo, molto probabilmente per avere contratto la legionellosi. Subito dopo il conferimento dell’incarico da parte del pm Salvatore Grillo, titolare dell’inchiesta, il medico legale Maria Francesca Bellich e l’infettivologo Francesco Zipper si sono recati all’obitorio del cimitero del capoluogo per eseguire l’esame autoptico. Ai due sanitari si è affiancato il medico legale Giuseppe Bulla, nominato dai familiari della donna. In attesa dei dati microbiologici, acquisiti durante la degenza in ospedale, e da quelli di laboratorio, la causa principale della morte della donna sembra essere dovuta a un’estesa polmonite.
Diversi sono i quesiti posti dal pubblico ministero rispetto al caso che ha destato non poca preoccupazione tra gli operatori giudiziari in servizio al palazzo di giustizia di viale Santa Panagia. Il principale è legato alla causa della morte. Il pm Grillo intende verificare se davvero la donna, che aveva 63 anni, sia scomparsa a causa della legionella, come diagnosticato dai sanitari dell’ospedale. Sono in corso accertamenti da parte dell’ufficio igiene e prevenzione dell’Asp 8, che dovrebbero confermare o meno che a provocare la polmonite sia stato proprio il batterio killer. La Procura ha chiesto anche di individuare la fonte del contagio e la tempistica delle cure somministrate dai medici che hanno affrontato lo specifico caso in modo da individuare eventuali lacune o responsabilità.
Il medico legale e l’infettivologo si sono presi 60 giorni di tempo prima di depositare l’esito dell’esame autoptico e metterlo, quindi, a disposizione del pubblico ministero Grillo. Il magistrato ha aperto un fascicolo d’inchiesta a carico di ignoti, facendo acquisire cartelle cliniche e altra documentazione sul caso in questione.
Intorno al 20 luglio, la donna si era recata in auto con il marito a Pisa, dove le due figlie frequentano la facoltà di Giurisprudenza. In quattro hanno fatto rientro a Siracusa e al ritorno non aveva accusato alcun sintomo o malessere. Alla fine di luglio è tornata al lavoro, all’ufficio notifiche esecuzioni e pignoramenti del tribunale. Qualche giorno dopo ha accusato poche linee di febbre e precauzionalmente ha preferito assentarsi dal tribunale, facendo cautela a casa. Anziché guarire, però, la donna di giorno in giorno ha continuato a stare peggio: allo stato febbricitante si sono aggiunte tosse e difficoltà respiratorie. Il quadro clinico, insomma, si è aggravato ed è stato necessario ricoverarla all’ospedale dove, però, i medici non hanno potuto fare nulla per strapparla alla morte.