Operazione San Paolo, il boss Aparo estraneo alla riorganizzazione del clan

Il boss Antonio Aparo è estraneo all’ipotesi di riorganizzazione del clan che avrebbe riavviato le attività illecite fra Solarino e Floridia. Il tribunale del riesame di Catania ha annullato l’ordinanza con la quale il Gip del tribunale etneo, Carlo Umberto Cannella, il 27 luglio ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del boss solarinese. Per il deposito delle motivazioni del verdetto, il tribunale si è riservato 45 giorni ma sembra chiaro che ha fatto breccia l’attività della difesa.

Secondo l’accusa, Aparo, dal carcere dell’Opera a Milano, dopo avere concluso il periodo di detenzione in regime di 41 bis, avrebbe impartito ordini per la ripresa delle attività illecite sul territorio. Usura, estorsioni, traffico di stupefacenti sarebbero alla base della ripresa della gestione del clan Aparo, affidata a Massimo Calafiore, che gli investigatori della Dda di Catania ritengono essere il nuovo reggente della cosca malavitosa.

L’avvocato Antonino Campisi ha prodotto un numero consistente di lettere che Aparo ha inviato al figlio, da tempo trasferitosi a Roma per lavoro, nel cui contenuto non si fa mai riferimento alla riorganizzazione del clan, men che meno di incarichi affidati a Calafiore o ad altre persone, coinvolte nell’operazione “San Paolo”. A indagare dal settembre 2017 sono stati i carabinieri della sezione operativa del nucleo radiomobile della Compagnia di Siracusa. Già in sede d’interrogatorio di garanzia, Aparo aveva protestato la propria estraneità ai fatti oggetto della contestazione. In particolare, ha riferito di non avere avuto mai alcun rapporto con Massimo Calafiore, sostenendo che le missive non erano indirizzate all’indagato quanto al figlio e facevano riferimento all’organizzazione familiare.

Anche il netino Giuseppe Crispino, difeso dagli avvocati Campisi e Davide Giugno, ha ottenuto dal tribunale l’annullamento dell’ordinanza. Crispino è accusato di avere dato una lezione a un suo concittadino, reo di avere truffato un veterinario. Nei giorni scorsi, il tribunale della libertà ha, invece, rigettato le istanze di Massimo Calafiore e di Massimo Privitera.

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