Il doppio fallimento del reddito di cittadinanza. Il primo è politico, perché non ha raggiunto gli obiettivi prefissati, creando una situazione fuori controllo e una confusione a ventaglio con un boomerang diretto sul voto negato. Il secondo aspetto, di ordine economico-giudiziario per l’alta percentuale di casi in cui si sono verificati imbrogli e dichiarazioni mendaci per colpe diffuse, Caf compresi e su cui sta indagando la guardia di finanza. I costi giudiziari che affronta ora lo Stato, e quindi gli italiani, con l’impegno di forze di polizia, magistratura sia requirente sia giudicante, oltre al fatto che le indagini in corso hanno rallentato il corso della giustizia su altri fronti.
Insomma, si poteva trovare un sistema semplice e diretto. In tanti altri Paesi europei gli interventi adottati per contrastare la povertà seguono una logica in misura limitata sui sussidi economici e favoriscono le iniziative rivolte a potenziare i servizi sociali dedicati ai nuclei familiari bisognosi, con somme di denaro nell’ambito di una più omogenia condizione sociale e di controllo diretto.
Storicamente, gli aiuti a “rendita facile” non offrono alcun incentivo per la ricerca del lavoro, addirittura, avviene il contrario. Con esiti negativi ampiamente confermati nelle esperienze storiche dei Paesi sviluppati, e in particolare in Italia; il metodo consigliato ai legislatori era di delimitare l’erogazione dei sostegni al reddito, e per un tempo breve, concederlo ai disoccupati che perdono involontariamente il lavoro e incentivare le assunzioni dei disoccupati.
Come anzidetto, sotto il tiro incrociato della guardia di finanza, sono entrati, oltre ai beneficiari del reddito, anche i responsabili dei Caf. Lo schema dei controlli di chi non è in regola con i requisiti del reddito di cittadinanza, è sotto la lente d’ingrandimento delle varie Procure. Ora insiste il timore di entrare, per chi ha richiesto il sussidio senza averne il diritto, nel tritacarne della Giustizia per il circuito della tracciabilità dei documenti.
La premessa: l’Inps, con la Circolare n. 43 del 20 marzo 2019 l’Inps è intervenuta fornendo chiarimenti sul C.L. 28 gennaio 2019, n. 4, recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni” il quale, a decorrere dal mese di aprile 2019 introduce nel nostro ordinamento il c.d. “Reddito di cittadinanza”, misura di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, al contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, destinata a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura, attraverso politiche dirette al sostegno economico ed all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro. È previsto che i Caf e i professionisti che appongono un visto di conformità infedele su un modello 730 sono tenuti al pagamento di una somma pari al 30% della maggiore imposta dovuta dal contribuente, sempreché il visto infedele non derivi dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.
C. A.