Ulteriori misure restrittive dovrebbero arrivare nel week end. Ormai la direzione – come sottolineano diversi ministri – e’ quella.
Tra le ipotesi sul tavolo una stretta sugli spostamenti, il coprifuoco in tutte le regioni, la serrata delle attività non essenziali.
Il governo è dunque al bivio. L’ala rigorista punterebbe a restrizioni piu’ severe, come la possibilità di prevedere già dalle 18 o dalle 21 una chiusura, salvaguardando solo scuola e lavoro, mentre altri ministri vorrebbero il limite delle 23 o delle 24, come stabilito già da diversi governatori.
A rischio palestre, centri estetici, la partecipazione del pubblico agli eventi ma al momento le valutazioni per il nuovo Dpcm sono ancora in corso.
Possibile dunque anche una stretta sugli spostamenti tra le regioni e le aree maggiormente a rischio, un incremento dello smart working e un maggior ricorso alla didattica a distanza per le scuole superiori.
L’ipotesi di un lockdown per un paio di settimane al momento non e’ in campo, anche se chi vorrebbe anticipare la serrata già alle 18.
Di certo c’e’ la spinta ad agire al piu’ presto da parte degli scienziati che hanno scritto al presidente della Repubblica Mattarella, del ministero della Salute e anche di forze della maggioranza come il Pd. Spinta che arriva anche dalle regioni.
L’invito che rivolgera’ il governo è quello a non muoversi da casa, se non per ragioni comprovate.
Oggi intanto il partito del Nazareno è tornato a chiedere una svolta vera sulle misure da prendere per il diffondersi del contagio. Non sarà pero’ un lockdown generalizzato, non siamo nelle condizioni di marzo, il ‘refrain’ all’interno dell’esecutivo, i dati della Spagna e della Francia sono peggiori dei nostri.
Ma sulla necessita’ di varare norme ancora piu’ stringenti si sarebbe convinto anche il premier Conte che nel pomeriggio ha incontrato il commissario all’Emergenza Arcuri. A preoccupare e’ il dato delle terapie intensive, il numero dei contagi in alcune regioni e soprattutto nelle grandi città. Da qui la necessità di andare, probabilmente già nel week end, oltre le misure adottate.
Ma il premier deve fronteggiare anche le spinte contrapposte che si riscontrano all’interno dell’esecutivo. Italia viva è contraria ad un eccessivo inasprimento. Ma i governatori si stanno già muovendo e i dem, per esempio, lamentano il fatto che il governo sia rimasto fermo e scavalcano dalle regioni. E chiedono al presidente del Consiglio di fornire risposte sui temi sul tappeto: scuola, trasporti, sanità, crisi occupazionali.
E sullo sfondo il Mes, “non c’e’ nessuna frattura con Gualtieri, siamo d’accordo”, ha spiegato Zingaretti.
L’invito è quello di stringere sulla verifica, mentre – anche se alcuni ‘big’ del Pd insistono – non e’ al momento sul tavolo l’ipotesi di un rimpasto.
Difficilmente i pentastellati – oggi alle prese con il ‘caso Di Battista’ che è tornato a porre il tema delle alleanze e a paventare, al pari di Casaleggio, un suo disimpegno nel caso gli Stati generali andassero in una direzione diversa da quella per cui è nato il Movimento – riuscirebbero ad affrontare con serenità la questione del rafforzamento del governo.
Ma i rosso-gialli e l’esecutivo guardano per ora solo all’emergenza e anche la polemica sul libro di Speranza (la cui pubblicazione è stata rinviata) finisce subito nel dimenticatoio. Si tratta di rispondere all’allarme rosso (copyright di Zingaretti) con “misure molto piu severe”, come ha spiegato il responsabile dei Trasporti De Micheli, “perche’ il numero dei contagi e’ piuttosto preoccupante”. Niente lockdown totale, su questo anche il presidente del Consiglio è stato chiaro.
Ma sul resto si ragiona. Con il ministro dell’Economia, Gualtieri, che ha fatto già sapere che il governo tutelera’ chi subira’ i danni. “Adotteremo tutte le misure economiche necessarie a sostenere i settori che avranno delle conseguenze negative”, ha spiegato ribadendo quindi la volonta’ di sostenere “tutti coloro che risentono dell’impatto economico del coronavirus”.
Ma è sulla gestione della seconda ondata che si riversano le rimostranze sul premier Conte. A farsi sentire oggi è stato anche Matteo Renzi: “C’è qualcosa che non va nella gestione dell’emergenza – ha spiegato -. Penso che i problemi della seconda ondata derivino essenzialmente da quattro t: mancano tamponi rapidi, manca tracciabilità seria, mancano trasporti pubblici, dobbiamo avere più terapie intensive”.
Anche durante la direzione del Pd non sono mancate le critiche nei confronti del premier. Ma Zingaretti, pur sottolineando che “con questo mare in tempesta non è il momento di navigare a vista” punta al rilancio e per questo motivo ha chiesto compattezza per un patto di legislatura e su questo punto è d’accordo anche Di Maio.