La provincia di Siracusa è da troppi anni prigioniera e tormentata da un sistema affaristico, politico e giudiziario, in cui ha trovato terreno fertile la politica degli affari dei colletti bianchi in rappresentanza dei poteri forti e buona parte della massoneria deviata: il petrolchimico, le discariche, la raccolta dei rifiuti e i dintorni bui e corrotti della pubblica amministrazione. In pochi hanno compreso in tutto questo tempo che occorreva un impegno unitario, forte e organizzato, coeso a tutti i livelli istituzionali. Ci sono voluti oltre 15anni per scoprire una pentola di acqua sporca in cui bolliva la putrefazione della società malata e nascosta dietro il paravento della legalità. Ma i maligni giochi non si sono fermati, come i vecchi “Veleni in Procura”. Ma ora le procure di Messina, di Roma e Milano, hanno fatto tabula rasa.
Il trasferimento del procuratore di Siracusa Francesco Paolo Giordano rimane con la pratica dell’incompatibilità aperta già da qualche tempo e ora è in sofferenza sui tavoli del Plenum del Csm, dopo la richiesta di trasferimento avanzata dalla Prima Commissione dell’Organo di autogoverno della magistratura, delegata a valutare i rapporti, gli esposti, i ricorsi e le doglianze. E a differenza del risultato della Prima Commissione (per le incompatibilità), davanti al Plenum del Csm il trasferimento, non è del tutto scontato. A fatto scalpore la notizia con la quale la Commissione, formata dal presidente Antonio Leone (laico) che si è astenuto), Massimo Forciniti (Unicost) relatore, Paola Balducci (laico), Rosario Spina (Unicost), Fabio Napoleone (Movimento per la Giustizia), Lucio Aschettino (Area), ha chiesto al Plenum di trasferire d’ufficio per incompatibilità ambientale il procuratore capo della Procura di Siracusa, Francesco Paolo Giordano. Ma negli ambienti giudiziari e nei salotti della politica romana, si parla insistentemente del “Caso Siracusa”, rappresentando come il Plenum del Csm sul trasferimento del procuratore Giordano si presenta, nella logica dei numeri tra le varie correnti dell’Organo di autogoverno dei magistrati, non del tutto compatto: da un lato c’è chi avverte una condizione che dura da anni in una Procura considerata da sempre “calda” e “accerchiata” dai poteri forti per i noti fatti fin dai tempi del procuratore capo Ugo Rossi che fece molto scalpore con le due inchieste, “Veleni in Procura” e “Attacco alla Procura” e i risvolti conseguenti, dall’altro come Giordano abbia regolarmente denunciato con dovizia di particolari e documenti allegati inviati ad ogni ordine e grado, rispettando la gerarchia, dalla Procura Generale di Catania al Csm. Una maniera senza dubbio corretta, ma da più parti si preferisce tornare al punto di partenza, come a voler scindere il ruolo della Commissione disciplinare per un caso clamoroso con un possibile deficit di diligenza, e quella del Plenum, organo istituzionale dalla visione di un più ampio respiro politico e democratico, basato su una maggioranza che deve difendere ogni possibile strumentalizzazione e gli effetti nella pubblica opinione, oltre al sempre pericoloso precedente che si potrebbe espandere a catena. O come a voler segnare l’analogia tra la pubblica accusa, la difesa e il giudice terzo.
Tanti i fatti contestati a seguito degli esposti a Giordano dalla Prima Commissione del Csm e il rimarcare dei sintomi di una lacerazione del rapporto fiduciario con i propri sostituti, o il rilevante appannamento dell’esercizio indipendente e imparziale dell’attività giudiziaria; ma si obietta da più parti che manca l’intervento sui tanti esposti fatti dalla consigliera comunale Simona Princiotta che ha reclamato pubblicamente pochi giorni fa, la fine delle sue denunce. Tra le tante domande, se è da considerare grave per la Prima Commissione l’invito di firmare e inviare al Csm un documento sottoscritto da tutti i magistrati della Procura, compreso, gli otto firmatari del primo esposto-denuncia, al fine di comunicare la cessazione delle ostilità, con la risposta scontata che si trattava di un dato oggettivo da comunicare al Csm. Ancora più oneroso, per la stessa Prima Commissione, il fatto che l’avvocato Giuseppe Calafiore sia rimasto più di un’ora nell’ufficio del procuratore Giordano, proprio nel giorno in cui la consigliera comunale Simona Princiotta, da lui assistita, accusava con un esposto di gravi reati i sostituti, Antonio Nicastro, Davide Lucignani e Andrea Palmieri; denuncia che doveva essere presentata, invece, presso la Procura di Messina; qui la doppia osservazione percorre la logica che buona parte del tempo poteva essere stato occupato dalla lunga anticamera, e che la consigliera Princiotta ha presentato parecchi esposti alla Procura di Siracusa, che ha indagato a fondo. O il tentativo del depistaggio dell’inchiesta sull’Eni della Procura di Milano e tanto altro ancora già arcinoto e ripetuto con il tam tam della cronaca di questi brutti giorni per la Giustizia siracusana e che era stato il pm Longo a gestire, certamente in maniera “garibaldina” la vicenda Eni, ma che Giordano ha subito informato chi di dovere delle anomalie riscontrate. Così come Giordano, nella qualità di capo della Procura, ha presentato un cospicuo numero di note informative contro il Pm Giancarlo Longo e non solo, con documenti e atti allegati che provano la contestuale tempistica e logica deduzione di denuncia.
Insomma, non è del tutto scontato che il procuratore Giordano potrebbe essere trasferito con un tratto di penna e a cuore leggero. Le probabilità, a sentire i beni informati, rimangono pari; si tratterà, nei fatti pratici, di una scaramuccia sul fil di lana, con un lieve vantaggio verso la riconferma a rimanere presso la Procura di Siracusa, fino alla fine del suo mandato.
Rimane comunque il vecchio interrogativo sulle correnti nella magistratura più volte dibattuto, ma è anche vero che gli avversari si accusano sempre a vicenda; il correntismo nella magistratura è sicuramente una patologia da combattere, da sconfiggere, da riordinare, ma dall’interno del sistema giudiziario. Si possono commettere errori, anche gravi. Come può accadere che su delle scelte del Csm soppesino fattori inopportuni, come le appartenenze alle correnti, oppure o i localismi territoriali, mentre sarebbe giusto fare sempre l’analisi approfondita fuori dagli schemi del gioco delle parti.
Concetto Alota