La digitalizzazione, grazie agli ingenti finanziamenti europei destinati alla trasformazione digitale, diventerà presto un tormentone e occuperà gli spazi dei media lasciati inevitabilmente vuoti dalla pandemia. Le parole “contagi”, “assembramenti” e “distanziamento sociale” saranno sostituite dalla parola “digitale”, che accompagnerà qualsiasi altra parola, fosse anche pastiera o ragù. La burocrazia difensiva digitale (BDD) non appartiene al profluvio di termini e acronimi usati per parlare di digitalizzazione, forse perché non sarebbe un vanto ammettere che, in Italia, una delle poche cose che è stata trasformata digitalmente con successo è proprio lei, la burocrazia difensiva, quella specie di malcostume diffuso e conosciuto dai tempi manzoniani di Don Abbondio. La BDD, acronimo di cui rivendico la paternità, è una strategia che si mette in atto senza regole vere e proprie, ma attraverso una serie di comportamenti, di procedure e di pratiche studiati appositamente per proteggere un’istituzione e i suoi rappresentanti attraverso un insieme di meccanismi lenti contorti e inefficaci, ma formalmente perfetti, che permettono, in caso di necessità, di scaricare le responsabilità su qualcun altro fino a confondere la acque al punto tale da non poter individuare più chi sia responsabile di cosa. È diffusa ovunque e viene applicata a qualsiasi contesto: dalle politiche di diffusione dei dati pubblici all’erogazione dei servizi ai cittadini. Chiunque “pratichi” la burocrazia difensiva contribuisce a trasformare un flusso logico qualsiasi in una specie di percorso tortuoso e illogico che complica i processi, anche i più semplici, alla radice. La burocrazia difensiva prevale sulla tecnologia e rende di fatto arduo parlare di una digitalizzazione vera e propria del Paese, perché non esiste una tecnologia che possa modificare il malcostume collettivo. Un malvivente con l’obiettivo di truffare il prossimo può raggirare gli altri attraverso il web o attraverso una divisa falsa: cambia il mezzo, ma il fine resta lo stesso. Per capire bene come si attui la BDD, vale la pena leggere un libro scritto da Andrea Camilleri e intitolato “La concessione del telefono”, Si tratta di un romanzo in cui è narrata la storia di un commerciante alle prese con una richiesta innocente: ottenere la concessione di una linea telefonica per mettere in comunicazione il magazzino della sua attività con l’abitazione del suocero. Nel romanzo, quella che sembrava una semplice formalità, grazie a una serie di equivoci, di collusioni mafiose, di cavilli burocratici, di imprecisioni nei documenti scambiati tra il protagonista e numerosi personaggi ambigui, impreparati e corrotti, si trasforma in una farsa grottesca. Alla fine, l’unico innocente, colui che aveva chiesto la concessione del telefono, viene accusato di essere un sovversivo e di avere una relazione clandestina con la moglie del suocero (cosa peraltro vera), il quale, avendo scoperto per caso la tresca e il motivo reale della richiesta di installazione della linea telefonica, lo uccide. In tutto ciò, i carabinieri, puniti in precedenza per aver perseguitato il malcapitato, omettendo alcuni fatti e inventandone altri, ricostruiscono l’uccisione a loro piacimento, per dimostrare che la morte del protagonista fosse dovuta a un goffo tentativo di costruire una bomba da utilizzare in un attentato, avvalorando l’accusa di sovversione. Questa storia, ambientata alla fine dell’ottocento, è più che mai attuale e non si discosta molto dalla realtà. Per di più, permette di immaginare cosa accadrebbe nel caso in cui si sostituisse ai documenti cartacei un insieme di strumenti tecnologici, quali possono essere lo SPID, la PEC o un’applicazione per l’archiviazione e la conservazione digitale dei documenti elettronici. Non accadrebbe niente di diverso: l’epilogo sarebbe esattamente lo stesso perché la tecnologia diventa inefficace laddove venga inserita in un processo lacunoso, torbido e ingovernabile. Adeguando la tematica romanzesca ai tempi moderni, la concessione del telefono potrebbe essere assimilata alla richiesta del reddito di cittadinanza, alla richiesta di un trasferimento di residenza o dell’erogazione di un qualsiasi servizio, per esempio nella sanità pubblica. Una visita specialistica si può richiedere attraverso il CUP, ma in alcuni casi, per velocizzare l’iter, si può chiedere contemporaneamente anche al figlio di un’amica, che conosce una scappatoia e suggerisce di compilare un modulo a parte, da firmare digitalmente e inviare tramite la pec a un certo indirizzo, ma per sicurezza anche da stampare e consegnare a mano, dopo averlo debitamente sottoscritto. Se la copia cartacea del documento è accompagnata da un bel cesto natalizio, tanto meglio, l’importante è che formalmente tutto sia regolare. Uno dei migliori risultati ottenuti dalla digitalizzazione della burocrazia difensiva è proprio questo: la possibilità di dimostrare a un giudice o a un superiore gerarchico la regolarità formale delle procedure adottate, attraverso delle prove da esibire, per scaricare la colpa su qualcun altro. Nella maggior parte dei casi, l’unico strumento che hanno i cittadini per sopravvivere alla BDD è la connivenza abbinata a qualche scappatoia. Il paradosso è che i responsabili di questa situazione non esistono. Per trasformare digitalmente l’Italia bisognerebbe prima di tutto eliminare la burocrazia. Per eliminare la burocrazia è necessario dare fiducia ai cittadini. Per dare fiducia ai cittadini è necessario renderli responsabili e consapevoli attraverso degli investimenti culturali efficaci e di lungo periodo. Per fare degli investimenti culturali è necessario che i rappresentanti dello Stato abbiano una cultura diversa da quella dei cittadini. Ma i cittadini sono lo Stato…
Insomma, per vedere compiuta una vera e propria digitalizzazione, bisogna armarsi di pazienza e ironia, e, soprattutto, non bisogna mai perdere di vista quell’aspetto culturale che ci contraddistingue e che Pirandello aveva descritto magistralmente nel libro “I vecchi e i giovani”.
“Ed eran calati i Continentali a incivilirli: calate le soldatesche nuove, quella colonna infame comandata da un rinnegato, l’ungherese colonnello Eberhardt, venuto per la prima volta in Sicilia con Garibaldi e poi tra i fucilatori di Lui ad Aspromonte, e quell’altro tenentino savojardo Dupuy, l’incendiatore; calati tutti gli scarti della burocrazia; e liti e duelli e scene selvagge; e la prefettura del Medici, e i tribunali militari, e i furti, gli assassinii, le grassazioni, orditi ed eseguiti dalla nuova polizia in nome del Real Governo; e falsificazioni e sottrazioni di documenti e processi politici ignominiosi: tutto il primo governo della Destra parlamentare! E poi era venuta la Sinistra al potere, e aveva cominciato anch’essa con provvedimenti eccezionali per la Sicilia; e usurpazioni e truffe e concussioni e favori scandalosi e scandaloso sperpero del denaro pubblico; prefetti, delegati, magistrati messi a servizio dei deputati ministeriali, e clientele spudorate e brogli elettorali; spese pazze, cortigianerie degradanti; l’oppressione dei vinti e dei lavoratori, assistita e protetta dalla legge, e assicurata l’impunità agli oppressori…”.