Nella moderna società ciò che appare non è sempre la verità dei fatti. I mezzi d’informazioni e i Social sono diventati mediani in cui si tenta di apparire senza essere. Ogni giorno nascono e muoiono gruppi e movimenti ambientalisti. Più aumenta il numero di morti per cancro, più diventa interessante fiondarsi nella mischia dei combattenti nelle truppe dell’antinquinamento con gli aspetti non sempre nobili. Ci sono i narcisisti, i malati di protagonismo a tutti i costi, chi si lancia in politica per avere una catapulta veloce e via dicendo, ma ci sono tanti sinceri guerrieri che credono fermamente nel male dello sfruttamento degli esseri umani attraverso il traffico dei rifiuti e la non corretta immissione nell’aria d’inquinanti. Anche la contaminazione del cibo è diventata una vera emergenza, responsabile forse più dell’inquinamento in dell’insorgere di tumori e cancri.
E così, come mafia e antimafia sono le due facce della stessa medaglia, anche per chi inquina e chi milita in movimenti e gruppi in difesa nell’ambiente di professione insistono fattori d’incontro. Si combattono ma non si distruggono. L’esempio è nel potere politico che deve necessariamente trovare l’incredibile corrispondenza che sempre c’è tra buio e luce: autorizzazioni in permuta di assunzioni; silenzi in cambio di mazzette e via così verso la strada della corruzione globale come elemento di moderna democrazia. Sono le cose che vediamo come limiti, tragici e impedimenti quotidiani che non siamo in grado di contrastare. Un riflesso dello stimolo alla nostra migliore espressione quale scopo della nostra creazione con meravigliosa ironia.
Non è raro che l’iniziativa travalichi i confini dell’attività politica e del modo d’essere dei movimenti ambientalisti e assume forme partitiche-politiche, con la partecipazione alle competizioni elettorali e l’ingresso nelle istituzioni elettive oppure nelle stanze dei bottoni governative. È la sintesi del fenomeno dei partiti cosiddetti verdi con cui si evidenzia una differenza in seno, tra ambientalismo politico e ambientalismo sociale, di associazioni e impegno di volontari e non sempre, per la verità, sono al negativo.
La politica è la scienza e l’arte del governare, della teoria e la pratica con oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica; l’attività svolta per il governo di uno stato, il modo di governare, l’insieme dei provvedimenti con cui si cerca di raggiungere determinati fini in appoggio della comunità che si amministra. Il governo della vita politica, sociale e gli indirizzi generali per il positivo risultato a favore dei cittadini che si governano, compreso tutte le misure necessarie a evitare crisi d’ogni genere e natura. Chi partecipa alla vita pubblica del governo del popolo è scelto su base maggioritaria, con votazioni libere e democratiche, secondo la propria capacità e competenza, oltre che del grado di onestà, attraverso i partiti politici organizzati, secondo la Carta Costituzione. Se invece riportiamo la descrizione di che cosa è la mafia e confrontiamo la relazione diretta con la politica, pensiamo subito come tutti i punti si accomunino. La scienza e l’arte del governo, con oggetto la capacità della costituzione e l’amministrazione di un soggetto, legale o fuori dalla legge, che si può chiamare stato o associazione “cosa nostra”, “camorra” o “ndrangheta”, lobby affaristiche, con lo scopo di raggiungere determinati traguardi e obiettivi in favore della comunità che si amministra, sono esattamente uguali. Nei fatti pratici e nella buona sostanza, si tratta di una semplice interpretazione: la politica deve amministrare i beni dei cittadini con il necessario risvolto sociale, politico, economico che deve garantire trasparenza e onestà, così come la mafia deve conciliare gli aspetti di ogni azione capace di apportare benefici ai suoi fedeli “associati”, senza l’impegno dell’onestà, ma del solo onore verso i propri “fratelli” di avventura. Le differenze sono vicine, dove la politica dovrebbe agire con schemi legalizzati dallo stato di diritto democratico, dietro la delega del popolo, la mafia per raggiungere gli obiettivi utilizza la violenza, il condizionamento attraverso la paura della morte, con la naturale tendenza a sostituirsi alla legge dello stato democratico, con l’azione violenta e il prestigio personale dei mafiosi, organizzandosi in mandamenti, squadre, decine, clan e via dicendo, o anche con la possibilità di essere partiti politici mischiando, nel caso, buoni e cattivi per confondere le idee alla pubblica opinione. Ecco allora la logica. Con i mezzi disponibili si possono raggiungono gli scopi desiderati. Esattamente quello che fa la politica, quindi i politicanti, quando nel chiedere il voto, promettono un posto di lavoro, una licenza prima negata, o minacciano di colpire nel caso del diniego, la stessa cosa per la provvista del denaro necessario all’attività del gruppo. Il politico, si corrompe e quindi ruba al popolo il pubblico denaro, ricatta e agisce contro o in favore di qualcuno e di qualcosa per un tornaconto personale o di partito o della lobby d’appartenenza, il mafioso con lo stesso identico modo e sistema ottiene lo stesso risultato, estorcendo e ricattando. Si tratta di capire chi per primo ha copiato l’altro, considerato che già nell’Ottocento si faceva buon uso della corruzione e dell’appropriazione indebita del pubblico denaro da parte degli eletti.
Non esiste nessuna differenza nell’organizzare la costruzione di un parco serbatoi, o della concessione delle autorizzazioni per costruire una raffineria tra le case della gente e scoprire solo dopo che inquina; tutto è finalizzato alla speculazione sul prezzo del petrolio ad ogni costo, e per raggiungere l’obiettivo si corrompe e si organizza, coinvolgendo e tradendo la fiducia di amici e compari; o come realizzare il nuovo ospedale su un terreno dove si vuole speculare, pilotando l’appalto verso una società amica degli amici della politica; così come per la realizzazione del nuovo cimitero cittadino, oppure gestire al limite delle leggi l’appalto della raccolta dei rifiuti urbani, la gestione degli asili nido, o pilotare la gara per lo smaltimento dei rifiuti, la gara per l’appalto della gestione idrica e fognante, dell’illuminazione pubblica della città e del sistema semaforico, oppure per la concessione del servizio dei parcheggi pubblici o strisce blu ad amici che contribuiscono alle spese della politica, o come altro vi pare, con l’attività dell’organizzazione di tipo mafiosa al fine di conseguire illeciti guadagni. In entrambi i casi, l’obiettivo è sempre lo stesso, con la differenza che la mafia-politica rischia molto meno in quanto si trova in vantaggio rispetto alla delinquenza organizzata, che agisce senza la copertura, la connivenza, dell’attività cosiddetta politica dall’interno del Palazzo. Ma anche questo sta cominciando a normalizzarsi con l’avvento dei nuovi colletti bianchi.
È chiaro che nessuno vuole accettare questa tesi estrema, ma la logica non è una favola, che anzi vuole guadagnare la posizione che merita nella graduatoria del linguaggio universale nell’era cosiddetta moderna. Nessuno accetterà mai tale siffatta condizione, poiché insiste il naturale coinvolgimento di una buona parte dello Stato democratico con i sui molteplici pilastri istituzionali, obiettando che così ogni istituzione potrebbe essere dichiarata mafiosa. In fondo alla fine forse è proprio così.
Su tutta la delicata materia, da parte delle istituzioni, dopo la ricerca sul campo e nel clima generale, sono stati ravvisati profili di rischio elevatissimi per la democrazia; diventa una sfida nel momento in cui uomini eletti dalla volontà popolare nella maniera inversa diventano mafiosi. Emerge una crescente insofferenza da parte della mafia-politica per l’impegno con cui la magistratura inquirente porta avanti i profili investigativi contro molti rappresentati istituzionali sospettati di fare il “doppio gioco”, compreso il prestanome di turno. Una pariglia che si configura come un’alleanza con la mafia, la ndrangheta e la camorra, la lobby della politica organizzata e quella della chimica e della raffinazione, per gli aspetti silenti in cui appare relegata in maniera sospetta. Il terreno di gioco si sposta sul piano apertamente politico istituzionale, con la concussione diretta di buona parte di dirigenti, tecnici e impiegati della pubblica amministrazione, dove è identificata l’enorme fetta di corruzione denunciata da qualche tempo dalla magistratura contabile oltre che da quella inquirente. Oggi la mafia-politica è, nei fatti pratici, la più potente delle lobby in campo per il controllo del potere economico, politico e sociale; inoltre ha la fiducia popolare e ha costruito il suo impero all’ombra della legalità, dall’interno del Palazzo del potere, alterando il tessuto sociale e culturale, divenendo a sua volta sub-cultura per l’intera pubblica opinione, specie in Sicilia, in Calabria, in Puglia e in Campania.
La magistratura a volte non ha reagito nei termini politici in cui la risposta è il campo naturale, avvolgendo e trattando caso per caso, come se non fosse una diffusione del fenomeno a livello generalizzato ma bensì isolato. Per fortuna non tutta la politica è lì a reggere questo sinistro gioco. Si trova una buona maggioranza dei politici nel fronte diametralmente opposto; quindi non tutta la politica è corrotta, ma il condizionamento dell’appartenenza alla “casta” è ancora forte.
L’importanza del coraggio su tutti i fronti è necessaria nel momento in cui si vuole annientare il fenomeno mafioso, anche con il cambiamento delle regole del gioco al massacro, registrato più volte e a tutti i livelli istituzionali. Il coinvolgimento di uomini della politica in appalti e nel controllo di settori vitali di una buona parte della società economica italiana, sono fattori di rischio da non sottovalutare. I politici condannati per l’attività del concorso esterno in associazione mafiosa, sono diventati davvero tanti, troppi, e tutti di primo piano nello scenario politico sia meridionale e sia settentrionale. La Sicilia rimane, purtroppo, al primo posto nella graduatoria. Tanti quelli scoperti e condannati, ma molti di più sono quelli che rimangono in attività e con tanta forza di potere politico-mafioso ancora in mano. Il fenomeno della mafia-politica rimane un reale pericolo per le istituzioni democratiche. Si tratta di capire chi deve essere il giudice terzo tra due poteri forti delle istituzioni: la politica e la magistratura.
Il conflitto è sempre più emergente per le competenze e i poteri istituzionali messi in discussione da parte di chi attraverso l’organizzazione della mafia politica controlla il potere per rubare il pubblico denaro. Ma chi decide di militare nell’antimafia o nella difesa dell’ambiente senza strumentalizzazione di sorta merita tutta la fiducia e l’appoggio possibile. Rimane difficile indovinare chi è in buona o in mala fede.
Concetto Alota