Arrestato l’ex Pm di Siracusa Giancarlo Longo uno dei protagonisti del Sistema Siracusa

Ancora un capitolo che si lega agli altri sul Sistema Siracusa. Ieri è stato arrestato ancora una volta all’aeroporto di Roma Fiumicino lex Pm di Siracusa Giancarlo Longo. E’ divenuta definitiva la sentenza con cui il magistrato ha patteggiato la condanna a 5 anni, le dimissioni dalla magistratura e l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici: per questo la Procura di Messina, che lo indagò e lo fece condannare, ha emesso l’ordine di carcerazione per espiazione della pena. Longo deve scontare 4 anni, un mese e 20 giorni avendo già subito un periodo in custodia cautelare in carcere.

Longo era accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Il procedimento a suo carico, denominato Sistema Siracusa, nasce da un’inchiesta dei pm della città dello Stretto, guidati da Maurizio De Lucia, competenti proprio per il coinvolgimento di Longo, che all’epoca delle accuse era in servizio alla Procura di Siracusa.

L’inchiesta gira attorno all’ex Pm Longo e ai due avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, che per anni, secondo l’ipotesi accusatoria Longo in cambio di mazzette e regali, avrebbe messo a disposizione la sua funzione di magistrato condizionando l’andamento dei procedimenti penali.

Dopo l’arresto, Calafiore e Amara hanno cominciato a collaborare con i pm. Le loro dichiarazioni hanno portato all’apertura di altre indagini tra le quali quella sull’ex giudice del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia Giuseppe Mineo, accusato di corruzione in atti giudiziari e ritenuto un pezzo di quel cosiddetto Sistema Siracusa finito al centro dell’inchiesta, e all’inchiesta per finanziamento illecito ai partiti dell’ex senatore di Ala Denis Verdini.

Uno dei filoni più intriganti del Sistema Siracusa che rimane ancora aperto e in piena evoluzione che continua a mietere vittime eccellenti è il depistaggio Eni. Come in un perfetto domino continuano a cadere pezzi del mosaico di quel Sistema chiamato Siracusa. Infatti, l’inchiesta della Procura di Messina gira attorno a sentenze pilotate, depistaggi, dossier. A distanza di circa 16 mesi dall’applicazione delle prime misure cautelari a magistrati, avvocati, politici, consulenti tecnici, giornalisti continuano a essere demoliti gli omissis applicati a nomi e fette di capi d’imputazione. Negli ultimi giorni l’iscrizione nel registro degli indagati della Procura peloritana del procuratore di Taranto, Carlo Capristo. Le accuse si riferiscono all’epoca in cui il magistrato era a capo della Procura di Trani e riguardano la vicenda dell’esposto anonimo su un presunto complotto contro l’Eni e il suo amministratore delegato, Claudio Descalzi, recapitato alle procure di Trani e Siracusa. Già durante la prime fasi furono in molti al palazzo di Giustizia di Siracusa a non credere al depistaggio. Un dubbio venne sollevato da alcuni addetti ai lavori sugli strani interrogatori di vittime e testimoni.

Ma cosa accadde davvero? Bisogna ritornare alla vigilia di Ferragosto del 2015 e rileggere il capo D1 dell’accusa formulata dal gip del tribunale di Messina, sulla vicenda De Scalzi e il falso verbale di sommarie informazioni di Massimo Gaboardi. Quella vigilia di Ferragosto di 4 anni fa veniva depositata alla Procura di Siracusa una denuncia a carico di ignoti a firma di Alessandro Ferraro, il braccio destro di Amara nella quale dichiarava di essere stato vittima di sequestro di persona ad opera di tre uomini armati, due di colore e un italiano, con accento milanese che gli avevano intimato di riferire informazioni sul deposito illecito di rifiuti radioattivi nel Comune di Melilli, vicenda della quale era all’oscuro. Nel verbale è stato inserito il fatto che Ferraro riconduceva l’attentato a quanto da lui appreso nella città di Milano – in occasione di una cena tenutasi in un noto ristorante – nel corso della quale aveva appreso da Nic Abutaki, un nigeriano, con passaporto americano, dell’esistenza di un’organizzazione criminale la cui mente era un tale chiamato Gabriele Volpi, finalizzata a destabilizzare il management di alcuni gruppi imprenditoriali italiani – tra i quali l’Eni – che aveva la sua base logistica nel territorio siracusano. Spiegava che l’obiettivo del Volpi era quello di acquistare le quote dell’Eni all’interno di una compagine societaria nigeriano, avvalendosi dell’appoggio interno di due consiglieri del consiglio di amministrazione e di ordire un complotto ai danni di Claudio De Scalzi, all’epoca amministrare delegato dell’EM spa.

Sulla scorta di quanto appreso da Gaboardi, anch’egli interrogato, l’ex pm Longo il 30 marzo 2016, inoltrava un’istanza all’allora Procuratore di Trani, Carlo Capristo, nella quale, facendo seguito ad asseriti contati telefonici, chiedeva di trasmettere – ai fini di acquisirlo per connessione – un procedimento che aveva appreso essere pendente in quella Procura, avente ad oggetto vicende analoghe a quelle delle quali si stava occupando, raccomandando di inviare il plico alla sua segreteria, attesa la delicatezza delle indagini. Ricevuta, la mail, il Procuratore di Trani, (ignaro dei fatti, scrive il gip di Messina) chiedeva ai sostituti Savasta e Pesce, assegnatari dell’indagine, di riferirne lo stato. Il 22 aprile 2016 i due sostituti, hanno segnalato che fossero pervenuti degli esposti anonimi aventi contenuto analogo alla denuncia presentata da Ferraro anche sotto il profilo della competenza territoriale, dopo avere svolto un’articolata attività d’indagine con esito negativo, condividevano la richiesta di trasmissione del procedimento alla Procura di Siracusa.

Il procuratore di Taranto ha detto di essere stato già sentito dai magistrati di Messina ai quali ha riferito di avere ricevuto gli esposti anonimi a Trani e di averli assegnati a due sostituti che si occuparono di eseguire gli accertamenti. “Successivamente – rileva Capristo – venne formalizzata un’articolata richiesta del fascicolo dal Pm di Siracusa. La richiesta fu analizzata dai due sostituti che con apposita relazione mi rappresentarono che gli atti potevano essere trasmessi. Vistai la relazione e disposi la trasmissione del fascicolo al Procuratore di Siracusa. Nessuno poteva immaginare all’epoca alcun preordinato depistaggio”.

C.A.

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