Nove persone sono state arrestate dai Carabinieri del comando provinciale di Catania in esecuzione di un’ordinanza cautelare emessa dal gip del capoluogo etneo che ipotizza i reati di associazione mafiosa armata, estorsione, acquisto e cessione di stupefacenti aggravati dal metodo mafioso.
L’indagine, condotta dal nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Gravina di Catania da marzo 2021 ad aprile 2023, col coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, nasce da dichiarazioni di collaboratori di giustizia e dalle risultanze investigative emerse da precedenti operazioni, come la ‘Sotto Scacco e la ‘Black Lotus’.
Gli accertamenti avrebbero permesso di evidenziare l’egemonia della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano, ai vertici di Cosa nostra, nei comuni di San Pietro Clarenza e Belpasso, con interessi nelle estorsioni per il recupero crediti e nello spaccio di droga. In particolare è stata ricostruita l’organizzazione del gruppo, del quale sono stati identificati i vertici, i ruoli e la struttura gerarchica. Il gruppo sarebbe stato in grado anche di mantenere rapporti con altre organizzazioni criminali, ricorrendo ad azioni intimidatorie e violente per affermare la propria egemonia sul territorio. Il gruppo avrebbe inoltre alimentato una cassa comune a sostegno degli affiliati detenuti in cui confluivano i proventi delle estorsioni e del traffico di droga. Il nome dell’operazione deriva dall’attività lavorativa di Orazio Giuseppe Santonocito, principale indagato, titolare di una macelleria equina a San Pietro Clarenza – che gli affiliati chiamavano ‘il macellaio di San Pietro Clarenza durante le estorsioni – che già dal 2016 avrebbe ricoperto il ruolo di responsabile della famiglia catanese di Cosa Nostra per San Pietro Clarenza e Belpasso. La macelleria sarebbe stato anche il luogo in cui si riuniva con gli affiliati per pianificare le attività criminali e convocare le vittime di estorsione. Secondo quanto accertato, Santonocito si sarebbe occupato in prima persona di attività estorsive incentrate principalmente sul recupero crediti intervenendo nelle vicende che coinvolgevano gli imprenditori che richiedevano il suo intervento, avvalendosi di metodi intimidatori e a volte ricorrendo alla violenza. Nei diversi episodi estorsivi contestati nel contesto della mediazione mafiosa relativa al pagamento dei debiti sarebbe emerso il conseguimento per il sodalizio non solo in somme di denaro ma anche di beni, ad esempio generi alimentari, da destinare agli affiliati detenuti. Lo spaccio di marijuana invece, seppure non attività prevalente del gruppo, sarebbe stato esercitato da Alfio Caruso, ritenuto sulla base degli indizi raccolti braccio destro di Santonocito. Durante le indagini sono stati eseguiti tre arresti in flagranza di reato per estorsione aggravata dal metodo mafioso facendo così cessare una estorsione nei confronti di un imprenditore locale, per la quale sono sttai condannati in primo grado Santonocito e Caruso. Per questa estorsione sono state contestate agli indagati altre condotte poste in essere ai danni della vittima e non contestate in occasione dell’arresto in flagranza.