Augusta. Il 4 agosto del 1971 in fiamme due navi cisterna al pontile Rasiom: 5 morti e 5 feriti

Nel pontile della raffineria Rasiom ex Esso, ora di proprietà dell’algerina Sonatrach, nel porto di Augusta le navi cisterna “Messene” e “Punta Ala” prendono fuoco durante le operazioni di carico di benzina avio. Era il 4 agosto del 1971. Il bilancio è tragico, come diranno le autorità del tempo: cinque i morti e altrettanti i feriti, tutti giovani. Il pontile è distrutto dall’incendio. I corpi essiccati dal calore di alcuni operai morti saranno estratti dalle lamiere surriscaldate e contorte dei locali della nave dopo giorni. Lì si erano rifugiati gli operai nel tentativo di sfuggire al triste destino. Quasi cinquemila tonnellate di benzina vanno a fuoco.

Il destino dei vinti ha scelto proprio noi, poveri mortali, capitati nelle mani d’industriali e politicanti senza scrupoli e per giunta arroganti; ecco perché l’alba diventò il tramonto in quell’anno 1949. Morte e dolore con oltre 300 infortuni mortali e migliaia di feriti gravi e con forti menomazioni per tutta la vita.

Tra le più grave tragedie nel porto di Augusta. Uno degli sfuggiti al disastro, Idamo Rossi, racconta: “Ero un giovane secondo ufficiale di macchina della M/c Punta Ala in turno di guardia; mezz’ora prima avevo chiamato due ragazzi diciottenni maturandi nautici per alcuni lavori di straordinario, poi con il primo ufficiale di macchina e il nostromo eravamo andati nel locale pompe della nave per un controllo. Vi era del gas, mi misi la maschera mentre da sopra mi pompavano l’aria”.

“Erano le 15:55, ancora poco e sarei smontato, a bordo avevamo già quattromila tonnellate di benzina avion, ne mancavano altre mille e saremmo partiti per Livorno.
In quell’attimo la motocisterna “Messene”, per un’errata manovra investì il pontile. Fu un’apocalisse”.

“Il nostromo mi chiamò due volte; quando arrivai sopra tutto era rosso, in acqua nuotavano i colleghi che già si erano buttati, mi gettai anch’io, il mare era in fiamme, il sole oscurato dal nero fumo, esplosioni nell’aria, ero sicuro che non sarei riuscito a salvarmi”. …..

“A distanza di anni cosa posso chiedere, il destino è stato benigno con me, tutti potevano salvarsi meno che io; ma c’era in programma un paese che appena conoscevo per sentito dire. Non posso chiedere altro alla vita, mi ha dato la possibilità di essere sposo, padre e ora anche nonno. Quando mi chiamerà, fosse anche domani, non posso che dire grazie per tutti questi anni di vita”.

Concetto Alota

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By wltv

2 Comments

  • Grazie dell’articolo. Una tragedia dimenticata come lo furono le famiglie dei marittimi deceduti, abbandonate a se stesse, dopo un mese andai atrovare la famiglia dell’elettricista che niente aveva avuto. Non n me la sento di commovermi quando specialmente persone delle forse di polizia o altro perdono la vita, uccisi o in incedenti, durante il servizio. Le famiglie ben assitite, le mogli e figli salvaguardati ( giustamente ) procurando loro benefits e impieghi. Dopo tutto chi erano quegli uomini? Semplicemente onesta ” gente di mare “, che senza di loro non avremmo nemmeno la carta igienica per pulirsi il culo. Non ebbero ne onori, forse il loro ricordo oltre che nelle famiglie, resta in me vecchio marinaio.

  • Grazie Idamo. Ricordo con gratitudine la tua visita alla mia famiglia e il racconto di quei momenti terribili dove perse la vita mio padre, assieme ad altri colleghi. Mio padre cercò di salvarsi buttandosi nel mare in fiamme cercando con altri di raggiungere a nuoto la riva. Forse se i soccorsi fossero stati pronti mio padre e altri si sarebbero salvati, ma i soccorsi tardarono e mio padre perse la vita. Aveva 51 anni, una famiglia, una moglie e due figli che l’aspettavano a casa. Ce lo riportarono chiuso dentro una bara.

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