Il bullismo è spesso figlio dall’anomia, di quelle comunità che rischiano di perdere i riferimenti culturali con le proprie origini, fagocitate da uno sviluppo che non guarda alla centralità della persona. Per questo è particolarmente grave, e certamente preoccupante, l’episodio di bullismo accaduto a Priolo, nella zona delle giostre, dove dieci adolescenti hanno aggredito un ragazzino facendogli perdere i sensi. Al di là del fatto in se stesso, per il quale si attiveranno i meccanismi giudiziari per perseguire gli aggressori, restano pesanti interrogativi sul perché, a Prolo, il fenomeno sua tanto presente. Un’analisi che chiama in campo la scuola, i servizi sociali, la polizia locale, in primis, e le forze dell’ordine in generale. Partendo proprio dai vigili urbani, e utile sottolineare che il controllo del territorio e sempre il miglior antitodo contro la violenza giovanile. Maggiore presenza sui luoghi a rischio sarebbe quindi veramente auspicabile. I servizi sociali devono, invece, monitorare i bulli e le loro famiglie, perché è nel corso della socializzazione primaria che i sintomi del bullismo emergono. Infine la scuola, dove avviene la socializzazione secondaria, è il luogo in cui si devono attivare prevenzione ed interventi di recupero. Peraltro, le scuole hanno un insegnante di riferimento per la lotta al bullismo. È quindi necessario che questi si attivi. Ed in fretta.
Dobbiamo,comunque, ricordare che il bullo è anche una vittima. Aggredisce per nascondere un malessere che la società non gli ha saputo curare. Ed anche su questo che è necessario intervenire.