Nel mese di luglio la Procura di Messina con l’operazione “Beta” ha svelato l’esistenza di una attività criminale in concorso dei cosiddetti “colletti bianchi” affiliati alla massoneria e a sodalizi organizzati; le indagini si sono estese anche alle città di Catania, Siracusa, Milano e Torino, ed hanno interessato professionisti, imprenditori, titolari di società e funzionari pubblici tutti connessi, «a un disegno di gestione d’interessi economici illeciti contrassegnati da riservatezza e reciproca affidabilità». Inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Messina Sebastiano Ardita assieme ai sostituti Liliana Todaro, Maria Pellegrino e Antonio Carchietti; i magistrati hanno spiegato che nelle scoperte fatte dai Carabinieri del Ros che hanno condotto le indagini ed eseguito l’ordinanza di custodia cautelare a carico di trenta persone per associazione di tipo mafioso e altro: tra i trenta arrestati anche funzionari e imprenditori, in una sorta di consociativismo politico-mafioso, dove troviamo notabili professionisti, costruttori, imprenditori, commercialisti, medici, servitori dello Stato infedeli, avvocati, tutti avvezzi al doppio gioco. Dalle indagini è emerso che, da parecchio tempo, le attività illecite erano gestite con il coinvolgimento di una cellula mafiosa catanese che porta diritto al cuore del clan Santapaola. La novità che il sodalizio criminale agiva in modo silente tramite il cosiddetto “concorso esterno”, rispetto alla mafia violenta che uccide, conseguendo ugualmente i suoi obiettivi socio-economici. Le accuse mosse dagli inquirenti agli arrestati sono oltremodo gravi: associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, estorsione, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, turbata libertà degli incanti. La provincia di Siracusa coinvolta nell’indagine, registra da anni ombre che insistono e coesistono tra settori pubblici deviati, coabitazione fra criminalità organizzata e sistema dei partiti con a capo uomini politici a tutti i livelli.
La coesistenza di due poteri, quello legale e quello criminale, che hanno determinato un sistema consociativo orientato alla distruzione della legalità e alla spartizione del denaro pubblico da un lato, famiglie mafiose con risorse economiche ingenti dall’altro, e quindi poste nelle condizioni di trattare e spartirsi il denaro pubblico.
Il consociativismo non ha coinvolto soltanto i partiti, ma tutte le istituzioni, il potere sindacale, giudiziario e finanziario; la cosiddetta società civile si è limitata a una formale presa di distanza ma senza mai volere effettivamente entrare nella questione, non essendo estranea ai flussi di denaro.
Il degrado della politica meridionale e siciliana in particolare non è storia recente, ma è iniziato nell’immediato dopoguerra.
Nell’ottica di dotare il Sud di risorse economiche, fu istituita la Cassa per il Mezzogiorno. Nell’arco di un decennio, dal 1950 al 1960, la Cassa per il Mezzogiorno approvò 169.202 progetti per un importo di 1.403 miliardi, dei quali 1.029 riguardavano progetti nel settore delle opere pubbliche e 374 il settore privato. Una montagna di sodi pubblici finiti nelle tasche d’industriali senza scrupoli e di politici corrotti che riuscivano con il sistema dei cartelli di settore a distribuire appalti miliardari in cambio di stipendi mensili e la percentuale delle somme appaltate di norma che andava dal 10 al 20%. Un sistema organizzato per territorio.
La Sicilia orientale vantava il coinvolgimento degli uomini politici potenti che andavano da Messina a Ragusa. La realizzazione e l’ammodernamento dei porti di Messina, Catania, Augusta e Pozzallo, sono stati tutti sotto la corruzione della politica affaristica. Il territorio siracusano diventa un grande cantiere, con strade come l’asse viario attrezzato che attraversa la zona industriale fino ad Augusta e si connette con l’autostrada Catania-Siracusa-Gela, così come le infrastrutture portuali; il dragaggio per ben tre volte dei fondali della rada di Augusta, la realizzazione del porto commerciale, il rifacimento della diga foranea della rada di Augusta e tanto altro ancora. L’enorme flusso di denaro, non ha prodotto reale occupazione e non è riuscito a sanare gli squilibri sociali ed economici delle regioni del Sud, né a colmare il divario con le regioni settentrionali, ma è stato un metodo per lucrare, corrompere, appropriarsi del pubblico denaro necessario per finanziare le campagne elettorali dei politici a suon di miliardi. Si stima che per l’asse viario, autostrada, porto di Augusta, diga foranea, dragaggi e tanto altro attraverso il consorzio per lo sviluppo industriale e la società partecipata Tapso Spa, arrivavano da Roma nel territorio siracusano dai 200 ai 400 miliardi delle vecchie lire l’anno, con una tangente fissa del 10/15%. Una pacchia, un magna magna generale dove erano impelagate quasi tutte le forze politiche del famoso “Pentapartito”.
Le fortune economiche di molte imprese siracusane, e non solo, in edilizia hanno origine negli appalti per la costruzione di alloggi di alloggi pubblici. Il meccanismo era ben consolidato: aggiudicarsi l’appalto con i ribassi; l’altra gallina dalle uova d’oro era la realizzazione degli alloggi popolari e il risanamento di quelli danneggiati; alla fine i costi erano talmente elevati, da equiparare quegli alloggi a case di lusso. Interi quartieri costruiti senza le fogne.
Per anni l’Asi, la Tapso spa, lo IACP e il Comune di Siracusa rimangono al centro di potere e serbatoio di voti. Nessuno pagava il canone di locazione e, al momento del voto, gli assegnatari erano sempre contattati.
Le elezioni, sia politiche sia amministrative, sono state decise nei quartieri popolari e con il clientelismo diffuso. Non è cambiato di molto il sistema; ecco perché bisogna conoscere il passato per capire il presente.
Politica e Imprese, un indissolubile connubio è alla base del fallimento economico della città di Siracusa, con un flusso di denaro che non creò nessuna capacità imprenditoriale ma soltanto arricchimento e un’economia speculativa, ponendo le basi per il radicamento della mafia e il connubio con la politica anche con processi e condanne, in un confine tra legalità e illegalità, dove tutto si compra e tutto si vende, tra intrecci e storie di “colletti bianchi” rappresentanti della borghesia mafiosa, di uomini politici e imprenditori invischiati nel malaffare con malavitosi per condizionare le volontà e le scelte di amministratori e i potentati politici. Sistema che gode d’entrature nella pubblica amministrazione.
Il “Sistema Montante” e il “Sistema Siracusa”, o “Amara” che dir si voglia, sono pianeti sommersi che funzionano attraverso la consulenza finanziaria di esperti, con la disponibilità di società estere, holding maltesi e in tutto il mondo, con società scatole vuote da utilizzare e far perdere le proprie tracce dopo aver lavato il denaro sporco. Le intercettazioni confermano l’intreccio tra i diversi mondi: il potere politico, quello giudiziario e l’imprenditoria senza scrupoli. Tutti delinquenti con laurea, giacca e cravatta accolti sempre con reverenza nei salotti buoni dello Stati democratico italiano, in una strategia criminale di altro profilo, dove la corruzione, paradossalmente, è l’anima della democrazia corrotta e malvagia.
Concetto Alota