La Corte di Cassazione si pronuncia per la terza volta favorevolmente nei confronti dei fratelli Giuseppe, Giovanni e Claudio Aprile di Portopalo e del pachinese Salvatore Midolo, difesi nella fase di merito dall’Avv. Giuseppe Gurrieri e successivamente in Cassazione dall’Avv. Luigi Caruso Verso.
I quattro furono accusati – nell’estate scorsa – di tentata estorsione ai danni dell’onorevole Pippo Gennuso e dei figli Luigi e Riccardo ed il fatto ebbe un notevole risalto mediatico sia al momento dell’arresto sia al momento della repentina scarcerazione.
La Suprema Corte, con Sentenza n° 11033 depositata il 12 Marzo 2018, ha rigettato il ricorso presentato dal P.M. Marco Di Mauro della Procura di Siracusa che aveva chiesto l’annullamento della sentenza del Tribunale del Riesame di Catania che nel mese di Luglio 2017 aveva rimesso in libertà i tre fratelli Giuseppe, Giovanni e Claudio Aprile, detenuti presso il carcere di Cavadonna.
I Giudici hanno ritenuto di rigettare il ricorso del P.M. dando conferma del fatto che “il Tribunale di Catania ha analizzato le dichiarazioni rese dalla persona offesa, Giuseppe Gennuso come, anche, dei figli di costui, Luigi e Riccardo, avendo rilevato, nelle versioni da costoro di volta in volta propinate agli investigatori, discrasie e divergenze di tale rilievo da non consentire di fondare su di esse una ricostruzione completamente affidabile della vicenda.”
In particolare i giudici di legittimità, confermando quanto già detto dal Tribunale di Catania, in merito alle dichiarazioni del giovane Luigi Gennuso, fanno rilevare che “se egli fosse stato in grado di riferire in merito all’identità delle persone alla guida dei tre mezzi già nel verbale di s.ì.t. delle 10,30 non si sarebbe nemmeno preoccupato di specificare di non essere stato nella condizione (per la velocità tenuta dai mezzi e per il fatto di averli incrociati mentre era in curva) di annotare le targhe dei veicoli.” dando ulteriore conferma del fatto che “I giudici di merito, in definitiva, hanno operato una analitica e minuziosa ricostruzione degli elementi acquisiti allo stato delle indagini per concludere, con motivazione affatto illogica, che essi, in quanto fondati essenzialmente sulle dichiarazioni delle persone offese e, in particolare, di Giuseppe Gennuso e Luigi Gennuso, rappresentano un terreno troppo fragile per fondarvi quella gravità indiziaria in grado di sorreggere la adozione di una misura cautelare di natura personale.”
Un’ultima annotazione, i Giudici la riservano nella parte conclusiva facendo rilevare che il ricorso del Pubblico Ministero Marco Di Mauro contenga delle “notazioni francamente poco conferenti”, senza aggiungere altro, riferendosi forse a quella parte del ricorso dove il P.M. Di Mauro lamenta che “gli Aprile, dopo la scarcerazione, hanno festeggiato la loro liberazione pubblicamente ed in modo plateale, organizzando uno scoppio di fuochi d’artificio; è palese il segno di sfida alle vittime ed alle forze dell’Ordine”, circostanza questa che ebbe una forte eco mediatico, ma che forse sarebbe dovuta rimanere confinata nei limiti del <<giornalismo d’inchiesta>> essendo ininfluente sotto il punto di vista del diritto.