WLTV, 21 luglio 2023– Il linguaggio universale della musica sarà al centro del quarto appuntamento del Trecastagni International Music Festival, che per l’occasione ha riunito quattro giovani talenti provenienti da tutta Italia: la violinista Gloria Santarelli, il violista Matteo Rocchi, la violoncellista Giada Moretti e il pianista Ruben Micieli. Il concerto, che si snoderà attraverso due celebri “Quartetti per pianoforte”, il n. 1 in Sol minore, KV 478 di Wolfgang Amadeus Mozart e il n. 1 in Sol minore op. 25 di Johannes Brahms, avrà per scenario, questa sera, il Largo Abate Ferrara, luogo in cui tutto ha avuto inizio. «Le alterne vicende che nostro malgrado ci hanno visti protagonisti in questi ultimi anni, prima nella pandemia e ora, anche se di riflesso, nella guerra, – spiega il direttore del TIMF, Carmelo Pappalardo – ci hanno anche fatto sentire la necessità di dover tornare alle origini ma con una voglia di riscatto che ci proietta verso il futuro. Il Festival, fin dalla sua dimensione embrionale, ha visto nella musica da camera la sua centralità e se a questo aggiungiamo che è sempre stato occasione di incontro fra artisti provenienti da situazioni musicali differenti, capiamo che la nostra missione è proprio quella della condivisione». Non solo fra gli artisti ma anche con il pubblico, sempre numeroso, che al TIMF trova l’opportunità di conoscere interpreti di livello, potendo apprezzare al meglio la musica tout court. I quattro musicisti per l’occasione prenderanno il nome di Festival Chamber Music Ensemble, cedendo però subito il testimone alla formazione da camera che si andrà a costituire nella prossima edizione. «Questa – sottolinea Ruben Micieli – è una delle esperienze più belle che un musicista possa vivere perché non solo ti consente di studiare insieme agli altri ma ti spinge a cercare con loro la giusta alchimia, in modo da fare musica nella maniera più assoluta e vera possibile». Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento la musica da camera si distinse in due settori, ciascuno dei quali caratterizzato da specifici tratti: la musica da camera per soli archi, con in primo luogo il quartetto, rivolta a musicisti professionisti e la musica da camera con pianoforte e quella con strumenti a fiato, destinate principalmente al pubblico dei dilettanti. Mozart cercò sempre di dare sfogo al suo estro creativo piuttosto che attenzionare le necessità della platea, aspetto che puntualmente si presentò anche con il “Quartetto in Sol minore per pianoforte e archi” K 478 composto nel 1785, che segna l’inizio della moderna musica da camera. Un dialogo serrato fra i quattro strumenti, con il pianoforte nel ruolo di primus inter pares, e una densità di scrittura contrappuntistica che contribuisce ad aumentare l’intensità espressiva del discorso musicale, senza mai appesantirlo. Nell’Allegro iniziale l’atmosfera si mantiene tesa per tutta la durata, terminando in un folgorante movimento finale che lascia l’ascoltatore quasi stordito. Il clima si stempera nell’Andante in Si bemolle maggiore del secondo movimento e poi nel conclusivo Rondò. Allegro in Sol maggiore, nel quale si mantiene comunque alta la difficoltà esecutiva. Il “Quartetto in Sol minore” op. 25 venne scritto invece da Brahms nell’estate del 1861 ad Hamm, a pochi chilometri da Amburgo, e fu eseguito per la prima volta il 16 novembre dello stesso anno con Clara Schumann al pianoforte. Il primo movimento, l’Allegro, si apre su un tema inquietante presentato dal pianoforte e subito ripreso dal violoncello e dagli altri archi: una sorta di introduzione che sviluppa nuovamente il tema principale. L’Intermezzo (Allegro ma non troppo) è tripartito e prende le mosse da una nervosa pulsazione ritmica del violoncello sulla quale violino e viola ricamano un delicato arabesco sonoro in Do minore. Il pianoforte è sognante e sviluppa l’idea di partenza fino al secondo motivo melodico, malinconico ma fremente allo stesso tempo. L’Andante con moto, in forma di romanza, espone con vigore e carattere quasi sinfonici i tre temi. L’ultimo tempo, il Rondo alla zingarese, è una pagina travolgente che trova spazio in diversi episodi liberi. «Entrambe le opere – sottolinea Micieli – sono rivoluzionarie. Mozart per la prima volta stravolse il ruolo del pianoforte nel quartetto trasformandolo da strumento solista a corale, grazie al dialogo intenso che intreccia con gli archi. Brahms, che forse si può considerare uno degli ultimi compositori ad aver scritto con l’idea di rispettare il passato, è stato invece un dissidente nei temi e nell’inserire asperità tecniche. A tal proposito, se in Mozart bisogna confrontarsi da un punto di vista tecnico, con la precisione e la brillantezza del suono, Brahms richiede tutto questo, più una grande capacità nell’affrontarne la profondità. Il Rondò finale chiamato alla zingarese, proprio in omaggio alle danze gitane, è il più difficile dei quattro movimenti sia da un punto di vista tecnico, in quanto richiede grandi abilità virtuosistiche, sia nella capacità sonora, del controllo dinamico e del colore». Il primo di tre intensi appuntamenti per questo fine settimana che apre a interessanti riflessioni sui cambiamenti subiti dalla musica europea tra Settecento e Ottocento.