Costume & Società: la corruzione è l’anima della nostra malata democrazia

L’opinione

La sfiducia nelle istituzioni e una demoralizzazione crescente sembra prevalere sulla cosa pubblica. La tensione tra ideali e realtà si concreta nella fuga verso la rassegnazione. Si afferma che la libertà di parlare o di scrivere può indubbiamente esserci tolta da un potere superiore, ma la libertà di pensare rimane, ed anzi si rafforza l‘idea di un movimento silenzioso che riesce a divulgare pensieri, anche rivoluzionari, tra la pubblica opinione. Infatti, penseremmo noi molto e penseremmo bene se non pensassimo insieme con altri ai quali comunichiamo i nostri pensieri, e che ci facessero, a sua volta, parte di loro. Si può dunque ben affermare che questa potenza esteriore, che strappa agli uomini la libertà di comunicare apertamente i loro pensieri, toglie ad essi anche la libertà di pensare, l’unico tesoro che ci resta, nonostante i carichi sociali, per mezzo del quale soltanto può essere procurato un rimedio a tutti i mali di questo status quo. 

Il controllo degli organi d’informazione è perciò importante per chi detiene il potere temporale del governo della cosa pubblica, ma l‘obbligo del giornalista rimane quello di raccontate la cronaca, la verità delle cose, dei fatti, rimanendo fedele al codice d’onore quale sentinella della libertà e della democrazia, senza le tentazioni del diavolo di turno e fedele alla Giustizia del Dio, creatore del cielo e della terra, degli uomini, d’ogni cosa.
Dalla collusione tra i vari poteri dell’amministrazione dello Stato e gli interessi privati, riconducibili a lobby affaristiche, con aziende e società di comodo attraverso prestanome, o teste di legno che dir si voglia, partiti politici, movimenti vari, che cercano di succhiare danaro dalle casse della pubblica amministrazione in maniera scientificamente studiata a tavolino, con avvocati e commercialisti tutti pagati profumatamente, vengono fuori come funghi gli imbrogli. Pressioni e ricatti, scambi e minacce, connubi, connivenze, per meglio gestire gli affari del gruppo d’appartenenza, sono il pane quotidiano tra tanti addetti ai lavori che governano a vario titolo il territorio, ciascuno per il proprio limite e competenza.
Nei corridoi dei palazzi del potere si conferma oggi questo stato di difficoltà; per nostra fortuna c’è ancora qualche anima onesta che si ribella, o almeno ci tenta. Circostanze di fatti gravi contro lo stato di diritto, scandali, ladrocinio, ci conducono a volte lontano dalla nostra città e arrivano direttamente nelle stanze dei bottoni della capitale della Sicilia (Palermo) e dello Stato italiano (Roma), così come anche all’estero, Russia, America, Bolivia, Sierra Leone e via dicendo.
Tra le notizie che non troveremo mai sulle colonne dei giornali, ovviamente, ci sono quelle che riguardano la parte non raccontata dalla cronaca; il proposito cede il passo a tante delle notizie più discusse e dibattute in questa triste città (per restare nel nostro “brodo”) del Sud dell‘Italia repubblicana, tra i crocicchi dei bar e nei salotti “buoni” della nostra provincia. E non solo dagli addetti ai lavori, ma soprattutto tra la gente all’interno delle mura domestiche, nei luoghi di lavoro e che riguardano tutta la comunità siracusana. Il più delle volte la “Ragion di Stato” impone di non svelare quei possibili giochi nascosti, gli interessi di parte, o gli intrallazzi che dir si voglia, a conoscenza di pochi intimi e ai soli addetti ai lavori. Giochi e interessi nascondono la verità alla pubblica opinione, così come fatti che interessano la nostra economia (licenziamenti e cassa integrazione, malattie causate dall’inquinamento, quindi la nostra salute pubblica), insomma, tanti nostri interessi collettivi. Mezze parole e frasi in dialetto confermano che qualcosa forse non si vuole far sapere al popolo (alla plebe). Il senso logico ci porta a pensare che qualcuno vuole forse eludere le questioni che ci interessano tutti in maniera collettiva, in favore dei veri interessi di pochi eletti. Luci e ombre, grida e sussurra, confermano che tanti argomenti sono davvero tabù, segreti, fino a quando la magistratura inquirente e le forze di polizia procedono agli arresti dei responsabili di reati contro la pubblica amministrazione, in danno all’economia del popolo.
La responsabilità diretta della politica di fronte a tale siffatta condizione è palese. Per qualcuno è di certo auspicabile che non ci sia mai alcun intervento chiarificatore della magistratura. I fatti denunciati agli inquirenti dai ladri della cosa pubblica, una volta scoperti con le mani nel sacco, e quindi al tempo alla pubblica opinione attraverso la stampa, sono gravi e inquietanti. Scandali su scandali, fatti e misfatti, circostanze, reati su altri reati, gli inquirenti stanno davvero e seriamente approfondendo, passando al setaccio ogni minimo sospetto, segnalazione, ogni pratica sospetta della pubblica amministrazione dove è possibile lucrare, imbrogliare, favorire l’arricchimento delle “bande”, che in maniera sistematica si sono organizzati per rubare il pubblico denaro. E non importa come, basta trovare l’occasione, l’idea, il connubio giusto e l’affare è fatto.
Arresti e avvisi di garanzia inondano la pubblica amministrazione d’ogni tipo di reato. Corruzione, concussione e via dicendo è il pane quotidiano. Già nel passato altri intrighi e denunce portarono agli arresti dirigenti, funzionari e imprenditori nell’ambito degli appalti della pubblica amministrazione, quelle erano, allora come ora, solamente la punta di un gigantesco iceberg che navigava alla deriva nell‘infinito mare della spesa pubblica a tutti i livelli. Chi racconta i fatti di questa città, sembrerebbe anche a chi compete, quindi alla magistratura inquirente, che parla pubblicamente di una situazione davvero grave. La corruzione, la concussione e gli intrallazzi nella pubblica amministrazione hanno superato le statistiche del periodo storico di Tangentopoli. Gli elementi probatori emersi potrebbero far scoppiare una vera e propria “Santa Barbara”. Si rivela, ora come allora, negli ambienti giudiziari che ancora nessuno si è reso conto della vastità del fenomeno corruzione nella nostra pubblica amministrazione, dove si è ramificato fino a nascondersi dietro il velo della rassegnazione dell’uomo qualunque. Una pentola di “acqua sporca” che bolle di nascosto, e dove gli inquirenti avrebbero individuato gran parte del marcio in un settore vitale per la vita della comunità siracusana: la gestione della cosa pubblica. Magistratura e forze di polizia, stanno scavando a fondo su più filoni di tante inchieste e confermando con l’azione energica intrapresa la presenza di una gigantesca condizione del malaffare politico-mafioso-imprenditoriale in essere già da tempo e scoperta a seguito di un certosino e minuzioso lavoro investigativo che sarebbe tuttora al vaglio degli inquirenti. Gli uomini del Palazzo sarebbero sotto osservazione, con intercettazioni, controlli incrociati che parlerebbero il dialetto del giro di danaro, bustarelle, corruzione, concussione, imbrogli, con controlli e relazioni tra uomini politici e una nuova malavita organizzata, molto più “pulita”, con imprese che controllerebbero settori come i lavori pubblici, le costruzioni, i Servizi. Molti appalti non sfuggirebbero così al controllo dei vari cartelli di settore precostituiti, dove a capo si troverebbero in maniera piramidale tanti vecchi boss della politica, insieme con i propri fidati apprendisti e imprenditori senza scrupoli. Le aziende pagano per poter lavorare senza la concorrenza. I prezzi degli appalti, dei Servizi e tutto il resto è calmierato in maniera scientifica, dove tutto è organizzato, sotto controllo, compreso il sistema per poter predisporre della provvista del denaro contante anche a seguito delle limitazioni di legge del prelievo in banca.
Il fenomeno della corruzione, della concussione, della tangente, delle bustarelle, dell’inganno diffuso verso il popolo, dopo Tangentopoli si era un attimo arrestato, rallentando la propria corsa, ma già da qualche anno ha ripreso a galoppare a pieno ritmo e con tutta l’efficienza di un cavallo giovane, o meglio ancora come una vecchia macchina “revisionata” e truccata a dovere. Gli investigatori starebbero analizzando migliaia d’elementi probatori, documenti e veline, intercettazioni ambientali e telefoniche, ma anche e per fortuna denunce di mal capitati imprenditori in appalti e deliberazioni nella pubblica amministrazione a ventaglio. Gli amministratori e gli addetti alla gestione della cosa pubblica sono ritornati ad esseri più spregiudicati di prima. Le leggi oggi sono più permissive, grazie agli interventi del legislatore pro-tempore favorevole, mentre politici e funzionari si sono fatti più furbi, accettando solo il compromesso con impresari di fiducia, magari attraverso uomini del “sistema”, con tanto di certificazione “doc” di mediatori della cosa pubblica (politica) e le imprese private. Un cartello ben definito controllerebbe quasi tutti gli appalti dei lavori pubblici del proprio settore, i servizi, così come la relativa deliberazione.
Oltre agli appalti, nelle varie inchieste si stanno analizzando i fenomeni dell’indotto, della nomina dei consulenti e degli esperti da parte degli amministratori della cosa pubblica pagati a suon di centomila, duecentomila, euro l’anno. Un fatto che ha richiamato anche le istituzioni contabili dello Stato e la Corte dei Conti. Dalla connivenza attiva, o passiva che dir si voglia, lo scambio dei favori, utilizzando i soldi della gente, è palese in ogni angolo delle istituzioni. Figuranti e prestanome scoperti dalla verità delle cose, che alla fine viene sempre a galla, rimangono inchiodati all’interno del destino dei vinti, alla sopraffazione iniziale degli onesti che alla fine avranno forse un giorno giustizia. Il muro dell’omertà dopo un periodo di “d‘incrostazione” cede e nel crollo annienta ogni cosa, insieme a tutti gli attori della squallida vicenda legata alle ruberie nella pubblica amministrazione. In questo scenario ormai arcinoto gli stessi beni informati confidano, a bassa voce, la possibilità di tanti altri provvedimenti giudiziari, anche a grappolo, con la possibile conclusione a breve d’alcune inchieste con possibili altri arresti e ancora tanti avvisi di garanzia.
È vero che i fatti denunciati dai media, il tam tam anti-pizzo delle associazioni di commercianti e industriali, hanno portato ad un nuovo modo di vedere la mafia, ad una cultura della legalità nel sistema delle estorsioni e centinaia di arresti, scoperto una serie infinita di estorsioni contro imprenditori finiti nella morsa del racket, la stessa cosa non si può dire per quel che riguarda il fronte della corruzione e della concussione nella pubblica amministrazione. Il fatturato in questo “comparto” non è per niente da sottovalutare rispetto al fenomeno del pizzo, della droga, della mafia o della delinquenza organizzata. È di certo meno “rumoroso”, ma molto pericoloso per il funzionamento dello Stato di diritto in cui crediamo di vivere, delle istituzioni democratiche che si poggiano sulla legalità. La mappa dello sperpero del pubblico danaro è difficile da realizzare senza la collaborazione di chi è costretto a pagare per aver certificato un diritto sancito dalle leggi dello Stato, così come nel fenomeno delle “estorsioni” anche in politica. La speranza è nei giovani e nel coraggio delle idee degli uomini liberi e coscienti dell’insostituibile rispetto reciproco delle leggi e delle regole del vivere civile, della democrazia e della libertà.
Concetto Alota

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