Entra nel vortice “dell’Amara giustizia” l’ex pm di Siracusa Maurizio Musco finito in una nuova avventura all’interno del Csm che in questi giorni ha coinvolto Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati e altri magistrati.
Maurizio Musco, amico dell’avvocato più famoso d’Italia, l’augustano Piero Amara, si trova nel bel mezzo di un bivio del suo futuro professionale. Pende su di lui la sentenza della Disciplinare del Csm che ha deciso per la sua destituzione dalla magistratura. Una decisione che lo esclude della magistratura e contro la quale non gli rimane altro da fare che ricorrere alle sezioni unite della Cassazione. Ma prima di presentare l’istanza alla corte suprema, il magistrato siracusano vuole studiare le motivazioni di questa sentenza che egli stesso definisce “inspiegabile perché nulla è mutato rispetto al 24 marzo 2015 quando la stessa sezione disciplinare del Csm mi aveva assolto dalla contestazione relativa agli stretti rapporti di amicizia intercorrenti con l’avv. Amara”. Il protagonista dell’inchiesta “Sistema Siracusa”, con tutti i rivoli che si sono dipanati in quest’ultimo anno e mezzo, è al centro delle grane giudiziarie di Musco, che oggi paga la sua amicizia e vicinanza con il legale augustano.
Il tutto potrebbe essere legato a quando Maurizio Musco era in servizio a Siracusa. Allontanato nel 2012 su indicazione del guardasigilli Paola Severino, per il “reiterato uso distorto delle funzioni” di pm e il suo “strettissimo rapporto di amicizia” con l’avvocato Piero Amara, già legale esterno di Eni. Vicenda terminata con la condanna in via definitiva (febbraio 2017) a 18 mesi per abuso d’ufficio, per aver arrecato un ingiusto danno all’ex sindaco di Augusta Massimo Carrubba e al suo assessore nel processo sulla discarica Oikothen. Per questo fu trasferito a Sassari per incompatibilità ambientale. Negli ambienti giudiziari della capitale si parlerebbe di una situazione aggravata. Maurizio Musco diventa famoso per aver condotto l’inchiesta denominata ‘Mare Rosso’, sullo sversamento di mercurio nella rada di Augusta da parte dell’Enichem, in cui furono coinvolti dirigenti e dipendenti; ma per un filo conduttore che portò alla scoperta di alcuni registri in cui traspare che era stata la Montedison a smaltire 500 mila mc di mercurio, per i dirigenti e tecnici dell’Enichem ci fu una derubricazione del reato, e così l’inchiesta finì con i patteggiamenti.
Anche per l’ex magistrato Marcello Maddalena, che difende Musco, come ha fatto in altre circostanze, a dichiarato al quotidiano La Sicilia qualche di oggi. “… in questo momento c’è ben poco da dire se non attendere”. Le ipotesi prospettabili, infatti, sono tre: la prima, la peggiore per il magistrato, che le sezioni unite della Cassazione rigettino il ricorso e la sentenza di destituzione dalla magistratura diventi immediatamente esecutiva; la seconda ipotesi è che la cassazione annulli la sentenza con rinvio alla sezione disciplinare del Csm per riesaminare la questione; al terzo punto, che la Cassazione accolga il ricorso annullando la sentenza.
“Intanto – dichiara ancora a Francesco Nania Maddalena – il provvedimento della sezione disciplinare non è esecutivo. Crediamo che il ricorso possa essere calendarizzato non prima di settembre. Al momento, quindi, non posso dire null’altro che essere certo di dimostrare l’innocenza di Maurizio Musco”, che nel frattempo rimane in servizio come giudice civile al tribunale di Sassari.
Sarebbero 8 i casi in cui l’ex pm di Siracusa avrebbe dovuto astenersi anche se per la difesa non avrebbe avuto alcun obbligo di farlo. La Corte di cassazione ha confermato nel 2015 a Musco la condanna a 18 mesi di reclusione per abuso d’ufficio per avere violato “consapevolmente il dovere di astensione (…) su di lui incombente in ragione degli stretti rapporti di amicizia intercorrenti con l’avvocato Piero Amara – di seguito sfociati anche in rapporti di natura economica – partecipato all’udienza preliminare dell’11 marzo 2009 dinanzi al Gup del Tribunale di Siracusa nel procedimento penale a carico di Giuseppe Amara (padre dell’avvocato Piero Amara, che lo difendeva), del giornalista Pino Guastella (e di altre tre persone) per il reato di diffamazione commesso in danno di Massimo Carrubba, (ex) sindaco di Augusta, e Nunzio Perrotta, (ex) assessore del medesimo Comune, avversari politici di Giuseppe Amara – ed omettendo di astenersi anche in presenza di un interesse proprio, in quanto in sede di interrogatorio il giornalista Guastella aveva indicato nel Musco una possibile fonte delle notizie da lui apprese in ordine a un’indagine avviata nei confronti di Carrubba e Perrotta, oggetto delle pubblicazioni ritenute diffamatorie”.
Il Gup in quella circostanza ha pronunciato sentenza di incompetenza per territorio trasferendo il caso al Giudice di Pace di Augusta. Come riportato nelle motivazioni della sentenza della corte di cassazione, il magistrato “partecipava, a seguito di sua espressa richiesta al Procuratore capo Ugo Rossi, che a ciò acconsentiva, all’udienza del 23 maggio 2011 dinanzi al Giudice di Pace di Augusta, nel corso della quale (…) richiedeva per la seconda volta la restituzione degli atti al proprio ufficio, per sopravvenuto difetto di competenza”. Ciò per l’accusa avrebbe provocato un danno per le persone offese, a causa della “ritardata definizione del procedimento, che a distanza di tre anni e mezzo dalla sua iscrizione regrediva alla fase delle indagini preliminari, ove veniva trattenuto dal Musco” con possibilità concreta di prescrizione del reato.
L’ex pm di Siracusa, ha fatto notare che le due udienze a cui ha partecipato siano tutte precedenti all’esistenza del contratto di locazione tra due ditte in cui Musco e Amara avevano azioni, mentre l’esistenza di stretti rapporti di amicizia tra il magistrato e l’avv. Amara è stata ritenuta una prima volta dal Csm inidonea a fondare un obbligo di astensione.
Fin qui gli episodi noti per i quali la sezione disciplinare del Csm ha emesso una sentenza sfavorevole al magistrato Musco, accusato di avere “consapevolmente e reiteratamente” l’obbligo di astenersi dal trattare un procedimento penale che riguardava familiari e clienti dell’avv. Amara. “Aspettiamo – dice il magistrato in pensione Marcello Maddalena – la pubblicazione delle motivazioni della sentenza della sezione disciplinare del Csm per comprendere quali siano le eventuali discrepanze in termini di diritto da fare rilevare. Personalmente confido nel fatto che questa sentenza possa essere annullata”.
di Redazione