Sul fronte “Sistema Siracusa”, la Procura di Messina ha scritto un nuovo capitolo ottenendo dal Gip del tribunale peloritano, Maria Militello un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’imprenditore Ezio Bigotti, già coinvolto lo scorso anno nella medesima inchiesta, accusato di corruzione in atti giudiziari e falso, e Massimo Gaboardi, che, secondo gli inquirenti fu il complice nella trama da cui scaturì un falso complotto ai danni dei vertici dell’Eni, ordito per «sviare e introdurre elementi di criticità» nell’inchiesta per corruzione all’interno dell’Ente petrolifero condotta all’epoca dalla Procura di Milano.
Gli investigatori della Guardia di Finanza del Comando provinciale di Messina hanno notificato il provvedimento del Gip, chiesto e ottenuto dai pm messinesi, nel quale i fatti sono stati ricostruiti anche grazie alle dichiarazioni degli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore e dell’ex pm Giancarlo Longo. I due avvocati, la scorsa settimana, hanno patteggiato a Roma rispettivamente a 3 anni e 2 anni e 9 mesi di carcere. Secondo l’accusa, Amara, Calafiore e Longo – attraverso istanze, provvedimenti e attività di consulenti nominati dall’ex pm – avrebbero «favorito Bigotti nell’ambito degli accertamenti condotti a carico di imprese a lui riconducibili presso le Procure di Torino, Roma e Siracusa, nonché in sede tributaria», dopo che l’imprenditore aveva avviato le procedure di voluntary disclosure per regolarizzare la sua posizione con il fisco. Gaboardi, invece, è l’autore di dichiarazioni rese nel 2016 su presunti «traffici illegali di pietre preziose a Siracusa» e complotti orditi ai danni dei vertici dell’Eni (poi rivelatisi falsi) utili a far aprire in Sicilia un fascicolo gestito dall’ex pm Longo, utilizzato secondo, l’accusa per inquinare l’indagine condotta all’epoca dai magistrati milanesi sul conto dell’amministratore delegato Claudio Descalzi e e del suo predecessore Paolo Scaroni, poi rinviati a giudizio. Dalle indagini è stato accertato che i verbali di interrogatorio resi da Gaboardi a Longo erano stati redatti su un computer dell’avvocato Calafiore in orari precedenti a quelli in cui si svolsero gli interrogatori.
C. A.