In un teatro Ariston vuoto di pubblico Amadeus e Fiorello aprono la 71esima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Aggiunti applausi e risate finte durante lo show, bisogna dirlo, una gran tristezza, in pratica una specie di Striscia la Notizia ideata e sceneggiata da Charles Dickens.
Primo ospite dell’edizione Diodato che canta “Fai rumore”, secondo alcuni buontemponi pare che una volta abbia vinto un Festival di Sanremo, ma nessuno si ricorda né quale né perché mai, ma viene comunque inserito in scaletta perché secondo un giovane che guida una DeLorean e un vecchio eccentrico scienziato farlo cantare nuovamente sarebbe l’unico modo per salvare le sorti del mondo.
Le nuove proposte
Gaudiano – “Polvere da sparo” – Voto 6: Rincorre un po’ troppo una canzone non facile da cantare ma che funziona. C’è voce, c’è qualità, forse il look, gli anelli, il vocione simil Tiziano Ferro, la pettinatura da centrocampista di serie B, sanno un po’ di old school, ma il passaggio del turno ci sta.
Elena Faggi – “Che ne so” – Voto 7: Brano estremamente radiofonico, minimal e ritmato allo stesso tempo, ottimamente interpretato. Il mood ricorda vagamente l’Arisa di “Sincerità” ma cantata da Gegia.
Avincola – “Goal!” – Voto 7: Certamente la miglior canzone della categoria, la più cantautorale e moderna. La sua gioia nell’essere lì è talmente commovente che alla fine le sbavature del cantato è come se diventassero parte di un discorso del tutto coerente. Scende quelle scale imbracciando un pallone come se stesse scendendo giù al parchetto a giocare con gli amichetti. Quadra tutto, compresi quei baffi che tutta Italia gli sta invidiando. Va a casa ma abbiamo già il nostro vincitore.
Folcast – “Scopriti” – Voto 5: Troppo liscio, la raffinatezza è gradita, ma quando impreziosisce qualcosa, altrimenti sembra il frigo di Tayler Durden in “Fight Club”, “Pieno di contorni e niente cibo vero”. Passa a Sanremo, giusto perché è Sanremo.
I big
Arisa – “Potevi fare di più” – Voto 5,5: Il titolo del brano è il commento al parrucchiere una volta finita la messa in piega per la serata. Trattasi di un poetico e ben cantato e ben congeniato cazziatone al fidanzato che si rifiuta di andare all’Ikea, ce lo immaginiamo sbuffare e alzare il volume della partita di Europa League. Lei comunque sempre tecnicamente impeccabile, purtroppo andare a Sanremo con un brano buono per Sanremo, si spera, non paga più come nel 1992.
Colapesce e Dimartino – “Musica leggerissima” – Voto 7,5: Se teniamo un attimo da parte la scelta di vestirsi come due confetti, la loro metacanzone è una perla rara, coinvolgente, strutturata, il capodanno per ogni orgoglioso radical chic, una roba che alza l’asticella di tutta la competizione. La partecipazione dei due maggiori esponenti dell’ala siciliana dell’indie è una vittoria di noi tutti, ancor prima che comincino a cantare. Poi cominciano a cantare e trasformano l’Ariston in un club di provincia, pieno di gente, pieno di birra, e ci sono pure Colapesce e Dimartino che suonano. Praticamente tutto quello che ci manca.
Aiello – “Ora” – Voto 5,5: Forse l’inesperienza gioca un brutto scherzo, non si riesce a capire quasi nulla di ciò che dice, a parte quando grida “Tu quella casa l’hai finita??!!”, il che conferma il sospetto che stia cantando la guida al Superbonus del 110% del Sole24Ore. Poi gli viene fuori chiaramente un “Sesso ibuprofene”…e ne abbiamo la certezza. Il brano va certamente riascoltato in lingua originale, senza il doppiaggio di Piero Pelù. Alla prossima.
Francesca Michielin e Fedez – “Chiamami per nome” – Voto 5,5: Una canzone di Mahmood rovinata dall’esibizione di Fedez che, bisogna dirlo, era evidentemente emozionato, confuso, stordito, stranito dal fatto di essersi iscritto con Francesca Michielin per poi ritrovarsi sul palco a duettare con Elisa. Alla fine si commuove, ma quella non poteva essere l’unica camicia nell’armadio! Sfugge un po’ il significato della carta igienica che li univa, trattasi di una elegante metafora sul pezzo? Scherzi a parte, la canzone è valida, si sente il tocco di Mahmood, è un pezzo estremamente contemporaneo, in radio andrà benissimo, Sanremo però è un universo a parte.
Max Gazzè e la trifluoperazina monstery band – “Il farmacista” – Voto 7,5: Le sue esibizioni sono il segnale orario di avviso per tutti i quarantenni, è il momento di tirare fuori le foto con Max Gazzè nei gruppi WhatsApp. La canzone è, come ci aspettavamo, quella dalla struttura più complessa, più ricercata, omaggio fuori gara alla musica intesa come un gioco molto serio. È sicuramente il Max Gazzé che Max Gazzé concede al largo pubblico, sappiamo che tocca cime inarrivabili di poesia, questo brano al confronto è una scampagnata in collina. Ma tanto basta per dimostrare ancora una volta di essere di tutt’altra categoria.
Noemi – “Glicine” – Voto 7: Sorteggiata per l’esibizione al posto di Irama, cui collaboratore è risultato positivo al tampone, secondo il regolamento canta stasera. Un brano ottimo che mette in evidenza alla perfezione le sue qualità da interprete. Ritornello perfetto, diverse intuizioni davvero notevoli. La stampa specializzata, invitata ad ascoltare le prove, ne era rimasta particolarmente colpita, ora capiamo il perché.
Madame – “Voce” – Voto 7: Il punto quest’anno è capire quanto la contemporaneità, a ben ragione pretesa sul palco da Amadeus, ripaghi in termini di voti. Se il pubblico decide di premiarla e il festival davvero ha catturato una nuova classe di videoelettori, abbiamo una potenziale vincitrice. Un brano complicato, impreziosito dalla poetica musicale di Dardust, che riporta in maniera onesta delle sonorità urban molto coinvolgenti. Lei lo canta bene, ma evidentemente non abbastanza, perché resta bassa in classifica provvisoria.
Maneskin – “Zitti e buoni” – Voto 7: Non è un brano memorabile, ma sono andati lì a dire una cosa, e per dirla chiara e forte, e la dicono, e c’è arrivata. Il palco se lo sbranano come la loro età obbliga, se ne sbattono della sacralità delle assi che calpestano, vogliono pestare duro, cantare forte, smuovere le acque, fare il rock, loro che quando sono nati il rock era già morto da un bel pezzo, eppure ci riescono. Il loro è il primo brano di questo festival a proporre un messaggio ben preciso, anche politico se vogliamo, e che fa o perlomeno dovrebbe far riflettere.
Ghemon – “Momento perfetto” – Voto 6: Rimaniamo sconcertati nello scoprire che Ghemon è Simone Cristicchi senza occhiali, ma teniamo duro e ascoltiamo attentamente. La canzone è di una raffinatezza alla quale, diciamocelo, non siamo abituati in Italia, purtroppo canna quasi tutta la prima parte. Ci aspettavamo grandi cose da uno forte come Ghemon e non possiamo dire di essere rimasti delusi, è un brano che certamente esploderà in radio. Nel frattempo aspettiamo per risentirlo.
Coma_Cose – “Fiamme negli occhi” – Voto 8: I migliori della serata, di gran lunga; un ottimo equilibrio tra la canzone italiana degna di Sanremo e le migliori qualità e intuizioni del nuovo cantautorato. La scelta del brano poi è azzeccatissima, il pezzo è perfettamente consono al contesto senza però che snaturi la loro essenza dannatamente cool. Come al solito, il testo è una meraviglia per le orecchie, l’amore raccontato in maniera originale, con tante immagini che ci affollano la testa come bollicine di un’acqua che bolle, e scottano anche di più. Loro cantano benissimo, e insieme sono letteralmente commoventi. Il decimo posto in classifica provvisoria è uno scandalo.
Annalisa – “Dieci” Voto 6: Le figure come quella di Annalisa a Sanremo immaginiamo vengono chiamate come il decimo a calcetto quando altri tre ti hanno dato buca. Ha fatto di peggio, canta con disinvoltura, ma resta un brano liscio, o forse è lei ad essere troppo liscia. Alla fine risulta prima nella classifica provvisoria, decadentismo puro.
Francesco Renga – “Quando trovo te” – Voto 5: Renga è un gran mestierante, il problema è che continua a fare canzoni degli anni ’90. Poi farlo esibire all’una di notte è una cattiveria…a tutta Italia. Una cattiveria ingiusta e gratuita, in fondo ci siamo sorbiti tre canzoni di Diodato, pietà.
Fasma – “Parlami” – Voto 6: Fasma è puro clickbait, chiamato per accaparrarsi l’attenzione dei ‘cciovani’. Noi che non siamo più così tanto cciovani già pensiamo a metterci la sveglia per domattina, chi invece cciovane lo è magari è rimasto folgorato. E non sarebbe un’assurdità, perché la canzone funziona, fa quello che deve fare, che non è chiaramente vincere il festival, è rappresentare qualcosa. E ci riesce in scioltezza.