Il 29 aprile 2021, è una data oramai lontana, la voce era nell’aria, e da un pò di tempo si vociferava che a Cassibile esattamente in Via dei Timi, sarebbe sorto un “ostello per lavoratori extracomunitari”, eh già, l’hanno chiamato ostello perché la parola ghetto non suonava tanto bene.
Eppure quel giorno a Cassibile qualcuno si è vestito a festa, il Sindaco, l’Assessore al ramo, altre autorità, i sindacati erano tutti presenti, contenti e gioiosi di questo enorme traguardo raggiunto, gli stessi sindacati i cui rappresentanti provocavano i cittadini residenti molti dei quali facenti parte al comitato “No Villaggio”, cittadini che stavano conducendo una manifestazione di protesta pacifica e democratica; tutto ciò non ha fatto altro che far passare all’occhio dell’opinione pubblica i cittadini di Cassibile come razzisti e fascisti, cittadini che oramai da anni si sentono poco considerati dall’amministrazione aretusea per l’enorme mole dei disservizi arrecati (ma questa è un’altra storia).
Non dimentichiamo che tale struttura è stata ideata per ammortizzare il fenomeno sociale che a Cassibile esiste da parecchi anni, ossia la nascita annualmente di una baraccopoli a ridosso del borgo antico e di altre sparse nelle campagne limitrofe.
Allora chi di dovere ha pensato bene di “inventarsi” questo ostello che all’occorrenza poteva essere usato dalle famiglie come area a verde o addirittura area barbecue.
A distanza di un anno dall’inaugurazione del villaggio, aperto con colpevole ritardo e senza una gestione, ha provocato la nascita, proprio a ridosso del cancello di una ulteriore baraccopoli, tutto ciò non ha fatto altro che far arrabbiare ancor di più i cittadini che si sono sentiti ancora una volta beffati e soprattutto inascoltati.
Noi del Circolo Bartolo Implatini, che abbiamo appoggiato e sostenuto il comitato #novillaggio, siamo da sempre stati contrari a forme di accoglienza ghetto ma piuttosto a una accoglienza diffusa sul territorio con il coinvolgimento dei sindaci dei comuni vicinori. Anche un bambino capisce che una struttura con pochi posti letto non possa accogliere un flusso così prominente di circa cinquecento lavoratori stagionali, la soluzione adottata fin ora, ed è evidente a tutti, risulta inadeguata.
Se non verranno presi seri provvedimenti tutto ciò porterà nel tempo ad un vero e proprio fenomeno di ghettizzazione e di intolleranza, noi da sempre abbiamo sostenuto il concetto di ospitalità diffusa, facendo sì che questi lavoratori potessero essere ospitati nei vari comuni della provincia, ma soprattutto nei comuni ove principalmente lavorano.
Dopo un anno dall’apertura del villaggio, alcune domande e considerazioni ci sorgono spontanee:
- vogliamo capire, dopo l’enorme dispendio di risorse pubbliche utilizzate per costruire tale struttura, il come si vuole affrontare la problematica?
- L’anno scorso fu firmato un accordo d’intesa per l’accoglienza diffusa nel territorio, questo protocollo che fine ha fatto?
- Ma soprattutto chi lo ha firmato?
- Chi ha disatteso il protocollo si assuma la responsabilità di dare un riparo alle persone, che numerose, sono costrette a vivere sotto gli alberi in condizioni disumane;
- Si utilizzi in questo periodo di emergenza l’ostello di Belvedere che rimane chiuso e senza scopo;
- E soprattutto non si riduca il valore della Vita Umana al possesso di un pezzo di carta.