Sono passati 80 anni da quando Giovanni Palatucci moriva nel campo di concentramento di Dachau, dove era stato deportato dopo essere stato arrestato dalla Gestapo il 13 settembre 1944 e condannato con l’accusa formale di cospirazione e intelligenza con il nemico.
Era stato l’ultimo questore di Fiume e la sua “colpa” fu quella di aver salvato più di 5mila ebrei dal genocidio nei campi di sterminio.
Il poliziotto non sopravvisse agli stenti del campo di concentramento e perse la vita il 10 febbraio 1945, quando aveva appena 36 anni.
Nel 1990 è stato riconosciuto come Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem (Ente nazionale per la memoria della Shoah in Israele) e nel 1995 gli è stata conferita la Medaglia d’oro al merito civile.
Nel 2004 la Chiesa cattolica lo ha proclamato Servo di Dio, titolo attribuito alle persone per le quali è stato avviato il processo di beatificazione.
Fu un esempio di coraggio e altruismo: in qualità di questore di Fiume rischiava la sua vita aiutando gli ebrei a falsificare documenti e ad organizzare la loro fuga, sapendo bene a cosa sarebbe andato incontro se fosse stato scoperto.
Nato a Montella, in provincia di Avellino, nel 1909, Palatucci conseguì la laurea in giurisprudenza presso l’università di Torino e, nel 1936, giurò come volontario vice commissario di Pubblica sicurezza.
Nel 1937 venne trasferito alla questura di Fiume come responsabile dell’Ufficio stranieri e, successivamente, divenne Commissario e Questore reggente.
Rimangono memorabili le sue parole, pronunciate prima di essere deportato a Dachau: “La polizia significa vita, quella vita che serve ad aiutare il prossimo, la povera gente”.
In questa giornata sono molte le questure in tutta Italia che hanno ricordato Giovanni Palatucci con cerimonie e targhe in sua memoria.