Doh! Ritroviamo, in un’edizione del 1964, i “Racconti ed Episodi Morali” di quel finissimo predicatore che fu San Bernardino da Siena. Scorriamo con grande diletto gli istruttivi aneddoti, scritti nella prima metà del quattrocento, e cosa troviamo in testa o in coda alle battute più vivaci? “Doh!” quasi a ogni pagina. “Doh, guarda colui quanta crudeltà…”, “Doh! Io mi ricordo…”, “…non debbo io sapere come m’è lecito? Doh, doh!”
Come è noto, nel quattrocento, ma anche nel ’64, non esisteva ancora Homer Simpson, irresistibile per la genialità e anche per i suoi “Doh!” (rimasti uguali nella traduzione italiana).
Ci si manifesta un’ipotesi: Homer Simpson e San Bernardino da Siena separati dai secoli ma abbinati da una coincidenza linguistica?
Mah! Anzi, Doh!
Gambe corte e cuore saldo. Il nostro spiritoso amico Bruno Lauzi, a proposito degli inni nazionali sosteneva che la statura media dei cittadini, o meglio, la lunghezza delle gambe dei soldati di un paese si può facilmente dedurre dal tempo di metronomo del suo inno nazionale.
Più veloce l’inno, più corte le gambe. Basta confrontare “Fratelli d’Italia” e “God save the Queen” per dargli ragione.
A proposito di metronomo, il tempo della marcia militare è il doppio del battito cardiaco di un uomo giovane e sano. E ancora a proposito di cuori e di battiti (in fondo è musica anche questa) c’è una teoria che un po’ ci affascina, e un po’ ci spaventa.
Sostiene che i cuori di tutti gli esseri viventi sono programmati per battere, in totale, più o meno lo stesso numero di volte prima di fermarsi. E questo determina la durata della vita di ognuno di noi (umani e bestie). Perché se il cuore di un elefante batte 30 volte al minuto, quello di un uomo 60, e quello di un criceto 420, significa che la vita di un uomo dura la metà di quella di un elefante, ma sette volte quella di un criceto.
Per fortuna questo non è più vero, unicamente perché noi abbiamo scoperto la penicillina e l’elefante e il criceto no. Solo adesso, però. Poche centinaia di anni fa il rapporto doveva essere proprio quello.
Il si bemolle dell’alligatore. C’è uno zoologo americano, che da anni studia gli alligatori della Florida, il quale dopo varie sedute di ascolto dei ribollenti muggiti con cui, nella stagione degli accoppiamenti, i maschi chiamano le femmine ha determinato, diapason alla mano, che si tratta di un si bemolle profondo, uguale per tutti. Naturalmente con qualche piccola variazione di timbro: nessuno rinuncia a fare il solista se può, specialmente in occasione di un fidanzamento.
Come confermare scientificamente? Idea: il giornalista chiama un amico, affermato solista di basso tuba nella locale orchestra, il quale acconsente, lo strumento in spalla, a scendere in palude. Si piazza sull’imbarcadero, piedi a penzoloni e tuba imbracciata, e si mette a sparare, con un certo sforzo perché non è una nota facile, una raffica di si bemolle bassi.
Successo: decine di alligatrici (?) affiorano nello stagno in risposta al richiamo irresistibile.
Il maschio non lo trovano, ma l’esperimento è riuscito.
Peperoncino. Ripassiamo insieme il piccante argomento: l’Italia non è in grado di soddisfare la richiesta interna, quindi importa il 70% del fabbisogno da Pakistan, India e Messico. Il capsicum annuum è la specie più coltivata da noi. E’ originario del Sud America ed è stato portato in Europa da Colombo.
La piccantezza non è un gusto, ma una sensazione; infatti l’alcaloide che la provoca è incolore e insapore.
Il suo grado di intensità si esprime in punti di una scala vertiginosa: quella di Scoville. Il campione fino al 2006 era l’Habanero Red Savina, messicano, con 577.000 punti. Surclassato l’anno dopo dall’ibrido indiano Naga Jolokia, 1.041.427 punti, e oggi siamo arrivati a un milione e quattrocentomila con il Trinidad Moruga Scorpion. Numeri che sembrano esagerati ma, ci dicono, ufficiali. Ah, dimenticavamo: il peperoncino è ricchissimo di vitamina C; molto più degli agrumi. Per ognuno di noi, una presina dovrebbe bastare per tutta la giornata.
A questo punto, tutti in trattoria per un bel piatto di penne all’arrabbiata.