Il cavalier Serpente N° 557 – Sex and the Church – Seconda puntata – La repressione

La nudità nell’arte è sempre stata un problema di esibizione che andava controllata a seconda dei periodi, dei costumi e soprattutto delle implicazioni religiose.

Lo hanno fatto tutti. E come? Nell’epoca classica, senza scandalo, riducendo, per i nudi maschili, la dimensione dei genitali a ridicole taglie infantili, anche su omoni dalla muscolatura imponente. Per le signore è sempre stato molto più facile: bastava rappresentare la zona incriminata completamente glabra, scansando ogni suggerimento esplicito.

Poi, dopo il momento di pudicizia del medioevo (tutti infagottati in tonache e cappucci), col rinascimento sono tornati i nudi, spesso obbligati a calzare i famosi braghettoni del povero e da allora sempre vituperato pur essendo anche un buon pittore, Daniele da Volterra.

Ma la vera arma letale è stata la foglia di fico, abile trucco di facile installazione sulle vergognose anche se miniaturizzate pudenda delle statue antiche: una toppa di bronzo, magari dorato, e via. Poi, in casi particolarmente scabrosi, entrava in funzione lo scalpello.

Questa faccenda dello scandalo è cominciata appena qualche vecchio prete complessato si è seduto al posto di comando. Il committente delle braghe sul Giudizio fu appunto un vecchio prete, Pio IV, appena uscito dal funesto Concilio di Trento, che dichiarò la visione di quegli organi, anche se resi infantili, un grave pericolo per la sensibilità di ogni buon cattolico.

Anche la bellezza più casta faceva infuriare i talebani cristiani dei primi tempi, quando Roma Imperiale non era ancora svanita. Un profondo dolore ci annienta ogni volta che capitiamo nella sala di Palazzo Altemps dove è esposta questa meravigliosa Lucilla, figlia di Marco Aurelio ma soprattutto donna e bella, quindi veicolo di Satana, quindi debitamente sfregiata a colpi di mazza da qualche fanatico, di quelli che, appena diventata abbastanza forte la loro mortificante religione, si erano scatenati a distruggere tutto ciò che ricordava il passato pagano, e soprattutto rappresentava il bello.

L’intervento sugli omaccioni di Michelangelo, benché sottodotati, poteva anche avere un senso.

Perplessi, invece, lo siamo quando a essere colpiti sono i pubi innocenti di putti e angioletti (sempre maschi; putte o angiolette non erano previste?), la cui attrezzatura tutto è tranne che stimolatrice di turbe sessuali.

Un perfetto esempio e una campionatura completa di questo accanimento si trova a San Pietro in Montorio.

Le cappelle principali ai lati dell’abside sono precedute da magnifiche balaustre di marmo, ornate ognuna da due coppie di putti di squisita fattura, devastati da ambigue ferite che risalgono non sappiamo bene a quando, ma che hanno lasciato immonde cicatrici.

Otto innocentissimi angioletti. Poveri bambini: chi violato da osceni impacchi di gesso, chi con macchie di ruggine colate da perizomi di metallo, chi con tamponature scure, chi addirittura con i peccaminosi pisellini raschiati via e ridotti a foruncoli arrossati.

Una nudità che più innocente di così non poteva essere, ma veleno per qualche malpensante.

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L’archivio del Cavalier Serpente sta ben protetto nel suo blog. Per visitarlo digitate su Google “Il Cavalier Serpente” e vi si aprirà uno scrigno di dieci anni di perfidie.

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