Il garante dei detenuti della casa circondariale di Cavadonna, Giovanni Villari, ha depositato al Comune la propria relazione annuale dalla quale emergono carenze e criticità. Qui di seguito, le parti salienti della relazione.
Negli ultimi giorni sono pervenuti all’indirizzo del Garante dei detenuti segnalazioni riguardanti l’area sanitaria dell’istituto penitenziario di Cavadonna. Questi segnali evidenziano l’inadeguatezza numerica delle azioni spettanti al Nucleo Traduzioni nell’accompagnare i detenuti a visite specialistiche, interventi chirurgici e altre attività sanitarie (sino a circa 50 casi al mese), estremamente ridotte rispetto ai bisogni urgenti dell’utenza. Quando le operazioni di accompagnamento non vengono effettuate, i detenuti perdono l’opportunità di usufruire dei servizi prenotati, che la dirigenza sanitaria riesce ad ottenere con grande fatica e impegno. Dopo mesi di attesa, tali appuntamenti – non rispettati – vengono rinviati a data da destinarsi.
Nel personale di polizia penitenziaria la mancanza di personale che affligge il comparto della polizia penitenziaria. È una situazione che sta diventando insostenibile: si stima che a livello nazionale ci sia una carenza di circa 8.500 unità rispetto alla pianta organica. Non sono soltanto le unità di polizia penitenziaria a soffrire di questa carenza, anche i funzionari giuridico pedagogici sono un numero considerevolmente inferiore rispetto a quello previsto e soprattutto a quello effettivamente necessario. Questo scenario trasmette un messaggio chiaro riguardo alla vera finalità della pena, che appare più orientata al contenimento della persona piuttosto che alla sua rieducazione e risocializzazione.
Secondo i dati aggiornati al 2024 nelle schede di trasparenza del Ministero, risulta che il 16% delle unità previste in pianta organica è assente. Attualmente, il personale presente ammonta a 31.068 unità. Il rapporto attuale tra detenuti e agenti è di 1,96 detenuti per ogni agente, rispetto a una previsione di 1,5. Questo rapporto varia tra le diverse regioni italiane, oscillando tra 1,2 e 2,5 detenuti per agente, evidenziando una distribuzione non uniforme del personale; la Sicilia si attesta intorno all’1,9. Questa criticità influisce sulle prestazioni di sorveglianza, sull’erogazione dei servizi e sullo svolgimento delle attività trattamentali.
All’interno dell’istituto penitenziario di Siracusa, si registra un numero limitato, ma significativo, di detenuti che si trovano in condizioni di grave criticità a causa di problemi di salute. Tra questi, alcuni presentano situazioni molto gravi, mentre altri soffrono di patologie certificate e trattabili. Per questi detenuti, è necessario attendere la documentazione che attesti l’incompatibilità con il regime detentivo o il rapido trasferimento verso strutture sanitarie
adeguate, come il SAI (Servizio Assistenza Intensificato), in grado di rispondere alle loro urgenti necessità di cura. È importante ricordare che ai detenuti spettano tutti i diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo, incluso il diritto alla salute.
Non è insolito constatare che alcune gravi malattie che affliggono i detenuti possano, nel tempo, condurre al decesso di queste persone in carcere. È il caso recente del sessantunenne siracusano L.V., su cui la Procura di Messina (il detenuto era stato trasferito qualche tempo fa dalla casa circondariale di Siracusa a quella di Messina) ha avviato delle indagini. Il detenuto era giunto nel carcere di Gazzi (ME) già in stato catatonico, affetto da una grave patologia oncologica e di altre patologie croniche. Negli ultimi mesi i familiari avevano cercato di ottenere la concessione degli arresti domiciliari per consentirgli di ricevere le cure necessarie.
L’assistenza sanitaria all’interno delle strutture penitenziarie continua a risentire di una grave mancanza di personale infermieristico, il che porta a un aumento del carico di lavoro per gli infermieri attualmente in servizio. È fondamentale evidenziare che, come nel carcere di Noto, ad esempio, durante il turno notturno non è presente alcun infermiere, e tutto il peso della gestione delle emergenze ricade esclusivamente sull’unico medico di turno, costretto a fronteggiare situazioni mediche senza alcun supporto. Questa condizione influisce negativamente sulla capacità di intervenire prontamente per tutelare la salute dei detenuti.
Desidero comunicare con grande rammarico che, al momento, il sistema di riscaldamento delle diverse sezioni dell’istituto non è ancora operativo a causa di problemi tecnici. Inoltre, non vengono accettate nuove richieste per l’autorizzazione all’acquisto e all’uso di piccole stufette elettriche, che sono fondamentali per contrastare il freddo intenso nelle celle. Le finestre non offrono un adeguato isolamento termico e permettono l’ingresso di spifferi, risultando quindi inadeguate a proteggere i detenuti dalle conseguenze delle basse temperature invernali. Dentro fa proprio freddo. Non è insolito vedere nei reparti alcuni detenuti indossare due o tre maglie sovrapposte, insieme a cappellini di lana e sciarpe, per affrontare sia il giorno che la notte.