Il Giorno della Memoria: 27 gennaio 2022

Ancora oggi si deve parlare della schifosa scena di quelle due ragazze di 15 anni ciascuna che hanno aggredito con ferocia un ragazzino ebreo di 12 anni. Ma come è possibile? Se non in casa, almeno a scuola avranno sentito parlare della Shoà, dei maltrattamenti che il popolo ebraico ha subito nella seconda guerra mondiale, che lo Stato italiano ha istituito per legge di celebrare il 27 gennaio di ogni anno Il Giorno della Memoria affinché mai più possa succedere una cosa così orrenda come quella della Seconda guerra mondiale che vide disfarsi la nostra proclamata disponibilità e amore verso il prossimo.

Ebbene, per quelle sciocche ragazzine e per quanti non ricordano più nulla di quel massacro, anche se siamo afflitti dal Covid19 e suoi derivati, riporterò qualcosa sul popolo ebraico che è il popolo dove è nato e vissuto Gesù. Innanzi tutto hanno un canto bellissimo in cui sono riportati questi principi.

Essi sono:

1) Io credo con fede completa che il Creatore, benedetto sia il Suo Nome, è il Creatore e la Guida di ogni essere creato, e che Egli soltanto ha fatto, fa e farà ogni cosa.

2) Io credo con fede completa che il Creatore, benedetto sia il Suo Nome, è Uno e Unico, che non esiste altra Unità come Lui, e che Egli solo è il nostro Dio, lo è stato e lo sarà.

3) Io credo con fede completa che il Creatore, benedetto sia il Suo Nome, è incorporeo, che non ha alcun carattere antropomorfo, e che non ha assolutamente un’immagine reale.

4) Io credo con fede completa che il Creatore, benedetto sia il Suo Nome, è il primo e l’ultimo.

5) Io credo con fede completa che il Creatore, benedetto sia il Suo Nome, è l’unico al quale è lecito rivolgere le nostre preghiere e che è illecito pregare qualsiasi altro.

6) Io credo con fede completa che tutte le parole dei Profeti sono veritiere.

7) Io credo con fede completa che la Profezia di Moshe, nostro maestro, pace a lui, fu vera, e che egli fu padre di tutti i Profeti, quelli che lo precedettero e quelli che verranno dopo di lui.

8) Io credo con fede completa che l’intera Torà, quale è giunta a noi, è stata data a Moshe, nostro maestro, pace a lui.

9) Io credo con fede completa che questa Torà non sarà cambiata e che non ci sarà altra Torà data dal Creatore, benedetto sia il Suo Nome.

10) Io credo con fede completa che il Creatore, benedetto sia il Suo Nome, conosce tutte le azioni e tutti i pensieri degli esseri umani, così come è detto: “E Lui Che forma i cuori di tutti loro, Lui Che conosce tutte le loro azioni” (Salmi 33, 15).

11) Io credo con fede completa che il Creatore, benedetto sia il Suo Nome, ricompensa coloro che osservano i Suoi precetti e punisce coloro che li trasgrediscono.

12) Io credo con fede completa nell’avvento del Messia e, sebbene possa tardare, aspetterò ogni giorno la sua venuta.

13) Credo con fede completa che ci sarà la risurrezione dalla morte nel tempo in cui lo vorrà il Creatore, benedetto sia il Suo Nome ed in eterno esaltato il Suo ricordo.

Chi è il Messia per gli ebrei?

Uno dei concetti fondamentali dell’Ebraismo, oltre ai principi basilari: Dio, Israele, la Torà, è quello del Messia. “Messia” è la traduzione della parola ebraica Mashìach, che significa “unto”. Infatti, anticamente, quando si eleggeva un re o un sommo sacerdote, lo si ungeva, ad indicare che egli era stato scelto di mezzo al suo popolo, per adempiere importanti cariche.

Mashìach è colui che verrà scelto dal Signore e, seguendo la Sua ispirazione, redimerà Israele e introdurrà una nuova era di pace, di felicità, di bontà fra gli uomini di tutta la terra. Col suo avvento, infatti, cesseranno le sofferenze, le distruzioni, le guerre; il malvagio sarà punito e il giusto premiato. Israele, che per tanti secoli è rimasto in esilio, sparso in tutto il mondo, potrà finalmente tornare alla terra dei suoi Padri e, cosa molto importante, tutti i popoli riconosceranno la sovranità del Signore, Dio Unico.

Nel Talmud, vi sono centinaia di riferimenti al Messia e alla sua missione; di questi si è detto: “All’inizio della creazione del mondo il Re Messia era già nato, perché egli entrò nella mente del Signore prima ancora che il mondo fosse creato” (Pesiktà Rabà, 15).

Molti profeti, nelle loro profezie, accennarono all’avvento del Messia, che essi indicarono come discendente della Casa di Davide. Così ne parla Isaia: “Uscirà un ramo dal tronco di Isciài (padre di Davide) e un rampollo spunterà dalle sue radici, e riposerà su di lui lo Spirito del Signore… Egli giudicherà con giustizia i miseri e deciderà con dirittura a favore degli umili della terra… Allora dimorerà il lupo con l’agnello; si coricherà il leopardo con il capretto, e il vitello e il leone staranno assieme e un piccolo ragazzo li guiderà. La mucca e l’orso pascoleranno, assieme giaceranno i loro piccoli e il leone come il bue mangerà paglia… Il Signore radunerà gli esuli di Israele e raccoglierà i dispersi di Giuda dai quattro angoli della terra…”.

Il Messia non è inteso come un essere soprannaturale o divino, ma come un uomo. Egli però sarà ispirato dal Signore e avrà il compito di portare il Suo messaggio sulla terra e di rendere tutti i popoli degni del Suo Regno, mediante l’opera del popolo ebraico.

Inizierà così l’era messianica, in cui si effettuerà il “Regno di Dio”, Malkhùth Shaddài, e il mondo sarà meraviglioso, perché non esisterà più il male e vi saranno pace e felicità per gli uomini.

Questa speranza è espressa nelle profezie di molti profeti; Isaia e Michà dicono con parole molto simili fra loro: “Saliremo alla Casa del Dio di Giacobbe, affinché Egli ci ammaestri sulle Sue vie… Egli giudicherà fra le nazioni… le quali spezzeranno le loro spade per farne vomeri e le loro lance per farne falci; nessun popolo alzerà la spada contro l’altro e non impareranno più la guerra”.

Anche in una delle nostre più belle preghiere, l”Alénu, dopo aver esaltato il Signore che ha eletto Israele e lo ha allontanato dall’idolatria, è espresso l’ideale che anticipa il giorno in cui il Signore sarà il Dio unico di tutte le genti e sarà attuato il trionfo della Sua onnipotenza.

Non per tutti il Messia è un uomo

Non in tutti i libri dei Profeti viene ricordato un messia umano. Nei libri di Nahum, Zefanià, Chabbaquq, Malachi, Yoel, e Daniel l’unico redentore è Dio stesso. Nei libri di Amos, Yechezqel e Ovadià e nel libro dei Salmi si parla di un Messia collettivo: i “salvatori”, i “giusti” che redimono il mondo in virtù della loro giustizia e della loro bontà. Nei libri di Chaggai e Zecharià il Messia non è altri che Zerubavel, un discendente, realmente esistito, della casa di David. E in Isaia (cap. 40 e ss.) il Messia è il popolo di Israele stesso. Nel Talmud Rabbì Hillel (da non confondersi con Hillel il Vecchio (arriva a dire: “Non ci sarà più un messia per Israele, dopo i tempi del Chizkià”. A questa opinione si oppone duramente Rav Yosef; “Il Signore lo perdoni (per aver detto cose senza senso)” (Sanhedrin 98b e 99a). Rimane il fatto, tuttavia, che un ebreo, fedele alla sua religione e al suo popolo, poteva raffigurarsi la redenzione svincolata da un redentore umano: il Santo, Benedetto Egli sia, sarà il Redentore.
Comunque, quest’ultima concezione non ebbe successo nell’ebraismo. La fede nella venuta del Messia è invece divenuta il dodicesimo dei “Tredici articoli di fede” formulati da Maimonide. Non c’è però da meravigliarsi che fosse sorta, in un certo periodo, la visione della redenzione senza un messia: la salvezza infatti, viene da Dio e per tramite di Dio. Il Messia è solo uno strumento nelle mani di Dio. Il Messia è un uomo, simile a tutti gli altri uomini mortali, che ha il pregio di possedere le migliori qualità che un uomo possa avere. Un uomo caratterizzato dalla perfezione insieme fisica e spirituale.
Persino Filone Alessandrino vede nel Messia non solo l’aspetto spirituale e morale, ma anche una “forza fisica” invincibile”, che si erge a “combattere e sconfiggere popoli grandi e numerosi”, e insieme a ciò caratterizzato dalla “santità e il bene agire” (De praemiis et poenis, 16: 95-97). Il
progresso verso la “fine dei giorni”
Infine, il regno messianico verrà alla “fine dei giorni”. La differenza fondamentale fra la cultura ebraica e quella greca, sta nel fatto che i greci (e i romani) vedevano “l’epoca d’oro” antecedente a loro, all’inizio della storia, mentre gli ebrei la vedevano alla fine di essa. L’umanità è intrisa di malvagità e iniquità e per questo è imperfetta. La perfezione verrà solo alla “fine dei giorni”, quando il male e la guerra saranno eliminati, e “il lupo dimorerà con l’agnello” e “la terra si riempirà della conoscenza di Dio com e il mare dell’acqua”. L’idea della perfezione è anche la grande idea del progresso che sta alla base dell’ebraismo. Il popolo ebraico e tutta l’umanità di oggi hanno bisogno di un continuo progresso per giungere alla perfezione, che si può ottenere tramite il ritorno alla retta via e alle buone azioni, e questo porterà ai “giorni del Messia”. È sì vero che il Messia è incluso fra le “tre cose che capitano senza accorgersene” (Sanhedrin 97a): ma è anche detto che il giorno in cui il Messia verrà è fra le “sette cose nascoste alla conoscenza dell’uomo” (Pesachim 54b; Mechiltà, Be-shallach, 5). Il “venire senza accorgersene” non va inteso dunque nel senso che il Messia verrà senza preparazione, ma che è impossibile prevedere quando tale preparazione da parte degli uomini sarà ultimata. (
http://forumbiblico.forumfree.it/?t=5704941)

Per i cristiani, il Messia è Gesù.

Per capire meglio il tempo del massacro degli ebrei durante la II guerra mondiale, si possono vedere alcuni film, tra cui: Il labirinto del silenzio, la verità rimossa di Auschwitz di – Giulio Ricciarelli che racconta un periodo del dopoguerra in cui tedeschi con meno di trent’anni non sapevano cosa fosse un campo di concentramento (con Good Films); Remember, diretta da Atom Egoyan su una sceneggiatura originale di Benjamin August, visto alla 72. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, come uno dei capitoli più oscuro del 20° secolo, storia di vendetta che parte dal presente; e Il figlio di Saul dell’esordiente László Nemes, opera “disturbante, sconvolgente e di rara potenza registica, già premiata a Cannes, racconta l’orrore di un lager nazista. Che ci porta dentro all’inferno dello sterminio facendone sentire sulla pelle tutta la sua brutalità” (Cfr. Il Fatto quotidiano”).

Maria de falco Marotta

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