Le forze di sicurezza iraniane sparano da distanza ravvicinata alle donne durante le manifestazioni contro il regime colpendole al volto, agli occhi, al petto e ai genitali, secondo medici e sanitari intervistati dal Guardian in tutto il Paese.
I medici, che trattano i feriti in segreto per evitare l’arresto, hanno detto di aver notato che le donne spesso arrivano con ferite diverse rispetto agli uomini, colpiti da pallini di fucile nelle gambe, nelle natiche e nella schiena.
Intanto la magistratura della Repubblica islamica ha annunciato che Mohsen Shekari, arrestato durante le proteste, è stato giustiziato: è la prima sentenza di morte eseguita per un manifestante, come riporta Bbc Persia.
Shekari è stato impiccato questa mattina dopo essere stato giudicato colpevole da un tribunale rivoluzionario di “inimicizia contro Dio”, hanno riferito i media statali, citati dall Bbc. Era accusato di essere un “rivoltoso” che il 25 settembre bloccò una strada principale a Teheran e ferì con un coltello un membro delle forze paramilitari Basij. La magistratura ha detto che l’udienza si è tenuta il 10 novembre e l’imputato ha confessato le sue accuse.
Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore di Iran Human Rights con sede in Norvegia, ha twittato che le esecuzioni dei manifestanti inizieranno a verificarsi quotidianamente a meno che le autorità iraniane non siano messe di fronte a “rapide conseguenze pratiche a livello internazionale”. La magistratura iraniana ha finora annunciato che 11 persone sono state condannate a morte per le proteste iniziate a metà settembre dopo la morte mentre era sotto la custodia della polizia morale di Mahsa Amini, arrestata per aver indossato il suo hijab “impropriamente”. Le proteste guidate dalle donne si sono estese a 160 città in tutte le 31 province del Paese e sono viste come una delle sfide più serie per la Repubblica islamica dalla rivoluzione del 1979. I leader iraniani le hanno descritte come “rivolte” istigate dai nemici stranieri del Paese e hanno ordinato alle forze di sicurezza di “affrontarle con decisione”. Finora, almeno 475 manifestanti sono stati uccisi e 18.240 sono stati arrestati, secondo l’agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani Hrana che ha anche riferito la morte di 61 membri del personale di sicurezza.
Hossein Ronagi,uno degli oppositori della Repubblica islamica recentemente scarcerato, ha lanciato anche lui un appello su Twitter: “Non chiudiamo un occhio sulle esecuzioni. L’uccisione di qualsiasi manifestante avrà gravi conseguenze”. Ronaghi ha descritto l’esecuzione di Mohsen Shekari come “una ferita che è stata inflitta a tutti i manifestanti in Iran e “tutto l’Iran sente dolore, la rabbia riempie tutto il popolo
iraniano”.
La Stampa pubblica oggi una lettera aperta di Badri Hossein Khamenei, sorella della Guida suprema della Repubblica islamica, Ali Khamenei, nella quale dichiara che “il popolo iraniano merita libertà e prosperità, e la sua rivolta è legittima e necessaria per realizzare i suoi diritti”. “Spero di vedere presto la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia che governa l’Iran. Che la giusta lotta del popolo per raggiungere la libertà e la democrazia si realizzi il prima possibile”, aggiunge nel testo.
“Nel nome di Dio – scrive Khamenei – Perdere un figlio ed essere lontano da tuo figlio è una grande tristezza per ogni madre. Molte madri sono
rimaste in lutto negli ultimi quattro decenni. Penso che sia opportuno ora dichiarare che mi oppongo alle azioni di mio fratello ed esprimo la mia simpatia per tutte le madri che piangono i crimini del regime della Repubblica islamica, dai tempi di Khomeini all’attuale era del despotico califfato di Ali Khamenei”. La sorella del leader iraniano racconta nella lettera: “L’opposizione e la lotta della nostra famiglia contro questo sistema criminale sono iniziate pochi mesi dopo la rivoluzione. I crimini di questo sistema, la soppressione di qualsiasi voce dissenziente, l’imprigionamento dei giovani più istruiti e ispirati di questa terra, le punizioni più severe e le esecuzioni su larga scala iniziarono fin da subito”. “Come tutte le madri in lutto iraniane – sottolinea -, sono anche triste per il fatto di esser lontana da mia figlia. Quando arrestano mia figlia con violenza, è chiaro che applicano migliaia di volte più violenza ad altri ragazzi e ragazze oppressi che sono sottoposti a crudeltà disumana.
Resta inflessibile però il presidente iraniano Ebrahim Raisi, secondo il quale “il popolo dell’Iran non si fa ingannare dagli slogan sulla libertà”. “Coloro che tentano di seminare discordia tra le persone con belle parole devono essere identificati”, ha aggiunto Raisi – in dichiarazioni diffuse dall’agenzia ufficiale Irna – in riferimento agli slogan utilizzati nelle proteste che da quasi tre mesi si susseguono nel Paese. E le autorità di Teheran hanno anche contestato la decisione dell’azienda di telecomunicazioni satellitari Eutelsat, con sede a Parigi, che ha chiesto alle sue emittenti di rimuovere le trasmissioni di Press Tv, canale televisivo iraniano in lingua inglese e francese vicino al governo islamico. La decisione è “contro la stampa” e basata sulle sanzioni dell’Unione europea contro l’Iran, ha scritto su Twitter il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanani sostenendo che “l’Europa ospita molti canali che promuovono violenza e terrorismo contro l’Iran”.
Secondo fonti diplomatiche occidentali citate da Iran International English, però, la Repubblica islamica ha avviato trattative con i suoi alleati venezuelani per organizzare l’asilo per i funzionari del regime e le loro famiglie nel caso in cui la situazione si aggravi e aumenti la possibilità di un cambio di regime. Quattro alti funzionari iraniani – viene riferito – si sono recati in Venezuela a metà ottobre per assicurarsi che il governo di Caracas conceda asilo agli alti funzionari del regime e alle loro famiglie e li lasci entrare nel Paese in caso di “sfortunato incidente”.