La riflessione – a cura di Concetto Alota –
La cronaca dei giorni scorsi ha impegnato gli uomini della Polizia di Stato in una serie di perquisizioni nel Belice in Sicilia, con l’obiettivo di individuare il nascondiglio e catturare Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993. Nei controlli, disposti dalla Dda di Palermo, sono stati impegnati circa 150 agenti delle squadre mobili di Palermo, Trapani e Agrigento, supportati dagli uomini del Servizio centrale operativo e dei reparti prevenzione crimine di Sicilia e Calabria. L’esito dell’operazione è stato per l’ennesima volta negativo.
Dopo l’ennesimo tentativo fallito, le riflessioni ritornano sulle ipotesi relative alla scomparsa del boss tra le quali insiste anche la possibilità della sua morte o della fuga in Sudamerica di Matteo Messina Denaro; tesi che sono state ribadite, in aula già nel 2016, dall’avvocato Luigi Miceli nel corso del processo in difesa di Francesco Guttadauro, nipote di Messina Denaro, nel processo d’appello, a Palermo, a seguito dell’operazione antimafia denominata “Eden” del 13 dicembre 2013. “Esistono delle relazioni investigative – ha detto il legale – che ritengono Matteo Messina Denaro morto da anni e altre che lo indicano latitante a Caracas”.
Le prime mosse verso la ricerca e la cattura del latitante prendono il via da una fonte confidenziale nel 2009, che indicò agli investigatori la possibilità che Matteo Messina Denaro avesse avuto un incontro con altri mafiosi nella zona del Belice. La segnalazione indusse gli inquirenti a visionare le immagini passate di tutte le telecamere piazzate in zona per la ricerca del latitante. La pista è stata approfondita dagli investigatori, coordinati dalla Dda di Palermo, ma nessuna conferma venne trovata alla segnalazione. Inoltre sembrò improbabile dal principio, a chi indagava, che uno dei maggiori ricercati al mondo circolasse in auto in pieno giorno davanti alla masseria di Pietro Campo, boss di Santa Margherita Belice, strettamente controllato proprio per la sua vicinanza a Messina Denaro.
Durante il convegno Mafia & Società “Lectio magistralis” tenutosi a Siracusa, il giornalista Palazzolo, alla domanda di Francesco Nania su Matteo Messina Denaro, ha risposto: “quella di Messina Denaro è la mafia 2.0; è quello delle stragi, ma non spara più. Dà soldi agli imprenditori, con complicità anche a Siracusa e Ragusa”.
Questo significa che la mafia ha ripristinato una dimensione storica, quella della mediazione, rafforzando alcuni settori d’attività “classici”, come le estorsioni e gli appalti di opere pubbliche, l’edilizia, l’agricoltura e limitando l’uso della violenza alla regolazione solo di “questioni interne”. Riavviando i rapporti con il mondo politico, con i soggetti che si presentano come i nuovi detentori del potere, della nuova economia globalizzata.
Una mafia che non uccide più magistrati, giornalisti, poliziotti, uomini politici e che ha ridotto notevolmente anche la violenza interna a cosa nostra, anche con la continua azione della magistratura e delle forze dell’ordine ininterrotta. L’attenzione verso il fenomeno mafioso dell’opinione pubblica e delle istituzioni si è affievolita.
L’operazione della magistratura che tempo fa ha scoperchiato gli affari sporchi e segreti, con una ragnatela formata da massoneria e politica con 40 indagati a Castelvetrano in cui sono coinvolte un ammasso di logge massoniche e uomini della politica, colletti bianchi e illustri sconosciuti, riapre la domanda che da qualche anno non trova più risposta: ma la domanda rimane: che fine ha fatto il super latitante Matteo Messina Denaro?
Alcuni anni fa anche il territorio lungo la costa siracusana e ragusana, tra Pachino e Pozzallo, fu interessato alle indagini sulla ricerca del boss Matteo Messina Denaro; uomini vicini al super latitante furono intercettati dai carabinieri, ma dopo poco giorni le poche tracce sparirono nel nulla. Da anni ormai il boss non lascia tracce o segni di vita. Anche gli investigatori hanno ipotizzato che il boss potrebbe essere morto. Gli ultimi segnali della sua presenza avvengono nel 1995.
Quindi quello di ora sarebbe un sosia? Stampa e investigatori italioti sempre con l’acume dritto ??