“La discussione sul collegamento stabile tra Calabria e Sicilia distoglie dalle emergenze territoriali molto più importanti che il Paese deve affrontare con un piano delle infrastrutture, necessario e visionario. Crediamo nella modernità della tecnica e della scienza, crediamo nei progressi tecnologici, ma non per questo dobbiamo abbandonare la visione d’insieme che potrebbe offrire sviluppo e benessere al Paese, oltre che a mettere in sicurezza vite, infrastrutture e attività produttive, per rincorrere opere utili ma non indispensabili.
Il collegamento stabile fra la Calabria e la Sicilia è un’opera d’arte complessa che richiederebbe studi indipendenti da affidare agli enti pubblici di ricerca e all’accademia. Tempi di studio molto lunghi, tempi di studio propedeutici alla progettazione che andando oltre una legislatura non possono diventare simbolo identificativo, anche se solo annunciato”. Lo ha dichiarato Antonello Fiore, Presidente Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale.
“Abbiamo temi molto più urgenti da affrontare nell’immediatezza, dalle crisi idriche, alla mitigazione del dissesto geo-idrologico, dalla programmazione delle fonti di energia rinnovabile per una transizione verde, al contrasto alla desertificazione. Dobbiamo pensare alla messa in sicurezza del patrimonio edilizio e storico artistico, pubblico e privato, circa la sismicità del territorio. Molto del patrimonio edilizio di recente reso efficiente dal punto di vista energetico non è adeguatamente protetto dal rischio sismico.
Ci sono problemi di carattere geologico e sismico delle due sponde ma soprattutto credo che non sia una priorità. E’ un’opera utile ma complessa da realizzare – ha continuato Fiore – non bisogna pensare solo alla campata tra una sponda e l’altra, c’è tutta la questione del collegamento della viabilità su gomma e su ferro delle due regioni che deve essere necessariamente rivista per essere perfettamente innestata sul ponte. Inoltre la progettazione esecutiva si deve basare su studi indipendenti e approfondimenti di carattere sismico e ambientale, come la destinazione dei materiali prodotti sulle due sponde durante le varie fasi del cantiere. Uno studio complesso che non si può risolvere durante una legislatura e che non può essere svolto a intermittenza in base all’idea del momento. E’ necessaria una visione d’insieme molto ampia; ci sono questioni più urgenti e importanti: le regioni meridionali sono a rischio desertificazione, le regioni del nord soffrono come l’Europa delle crisi idriche che aumentano di frequenza e se consecutive diventano disastrose. C’è il tema dell’adattamento al cambiamento climatico, la messa in sicurezza delle aree urbane e delle infrastrutture minacciate stagione dopo stagione da frane e alluvioni, dell’adeguamento sismico delle infrastrutture oltre che la questione di una transizione che permetta di contenere i consumi delle fonti fossili con tecnologie come l’eolico, il fotovoltaico, la geotermia a bassa entalpia.
Riteniamo che ogni intervento debba essere inserto in una programmazione e pianificazione di più ampia ed elevata visione. Siamo contrari ai “No ideologici”, ma temiamo nello stesso modo i “Si ideologici” che possono produrre effetti molto più gravi in termini d’investimenti di risorse economiche pubbliche ed effetti sulla qualità dell’ambiente”.