Armando Greco. Siracusano verace. Un vero campione del rapporto con il pubblico. Un personaggio amato e odiato. Un vulcano dalle mille idee. Giornalista dalla nascita. Uomo di spettacolo. Irascibile quanto basta per difendersi in una società ipocrita come la nostra. Amava parlare e raccontare fatti e misfatti dal microfono di una radio o dallo schermo di una televisione. Il libro “Le polveri di Auschwitz”, è stato il suo capolavoro inserito nel “Premio Viareggio”. Amava gli ultimi, odiava i politicanti potenti. Fu vittima di tante denunce anonime da parte di uomini invidiosi, come lui li definiva.
Si trasferisce a Roma insieme al suo amico del cuore Dino Cartia. Fanno una coppia indissolubile: creano una casa editrice; formano squadra con giornalisti, scrittori, attori. Ritornano a casa con un buon bagaglio di esperienza diretta, dal vivo, reale.
Armando trova qualche difficoltà. Molti uomini potenti della politica, un tempo molto vicini, lo scaricano. Rimane deluso e amareggiato.
Inizia il suo lento declino. La morte lo sorprende il 26 giugno del 2010.Rimane un ricordo gradito per tanti siracusani. Nasce nel 1942, giornalista dal 1969, Armando Greco è stato fondatore e direttore del settimanale “L’Eco di Sicilia”, giornale d’inchieste. Nel 1976 inizia la sua attività a “Radio Siracusa International”, fondata insieme al cognato Angelo Bianca, marito della sorella, dove conquista l’attrazione fatale di migliaia di ascoltatori, forte del suo modo di raccontare con semplicità, la vita di tutti i giorni. Così come nell’emittente televisiva, “Teleuno Tris”. Un’attività frenetica senza limiti.
Di semplice personalità e di animo sensibile; era impegnato alla risoluzione dei problemi sociali, come organizzare il pranzo di Natale e di Pasqua a bisognosi e anziani o, in occasione della commemorazione dei defunti, per regalare un giocattolo ai bambini meno fortunati. Ma questa è un’epoca in cui si dimentica che la sensibilità è alla base sia della creazione artistica, sia dell’intuizione sociale; e, soprattutto, che costituisce un fattore indispensabile per l’armoniosa convivenza degli individui all’interno della società.
Armando aveva tutte le doti che spinge l’amico a farsi avanti non appena intuisce l’esistenza di una difficoltà, nelle situazioni in cui si sente esposto e indifeso. Che scioglie in un sorriso le tensioni vecchie e nuove, portando una nota amabile che apre gli occhi anche ai cuori più distratti e infelici.
Ma il suo cuore grande e sincero comincia a fare i capricci; l’ictus lo colpisce. Si ammala. Armando Greco trascorre gli ultimi anni logorati dalla malattia, ma pieno d’affetto da parte della sua fantastica famiglia e di tanti amici sinceri.
Concetto Alota
Ecco come Giuseppe Guarraci, detto Pino, ricorda gli amici Armando Greco e Dino Cartia, sul giornale on-line “I Fatti di Siracusa” poco tempo fa.
Con il mio Teatro Giovanile diedi vita, con il Teatro Dialettale Siciliano di Giovanni Capodicasa, al Circolo Amatori di Prosa con il quale presentammo due spettacoli in siciliano al Teatro Comunale di Siracusa, ed una serie di manifestazioni musicali con la partecipazione di formazioni musicali locali. Il batterista del Complesso Midolo, uno dei due che allietavano L’Ora del Dilettante, alla Stazione Marittima di Siracusa, era Dino Cartia, che, dopo la mia partenza da Siracusa, per la pausa militare, dimostrò di essere anche un buon presentatore, valido sostituto,
Armando Greco, alias farfallino, lo conobbi l’anno successivo, nel 1960, in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, in una manifestazione organizzata, alle Latomie dei Cappuccini, da Gioacchino Lentini, con la partecipazione degli studenti di scuole superiori di Siracusa,
Dino Cartia proveniva dal Liceo Classico Gargallo, Armando Greco dal Magistrale Quintiliano. Il primo non fu medico e il secondo non fu insegnante ma entrambi furono giornalisti, ed insieme ci ritrovammo prima collaborando al settimanale di Pino Filippelli “La Domenica” (in verità Dino Cartia proveniva dal settimanale di Attilio Gibilisco “L’Aretuseo”), per ritrovarci poi, dopo “L’Araldo dello Sport” e “La Nuova Gazzetta”, nel glorioso “Eco di Sicilia”.
Con Armando Greco e Dino Cartia formammo quella palestra di sognatori, con i calzoni corti, che volevano cambiare il mondo, Utopia: riuscimmo soltanto a non farci cambiare dal mondo. C’erano altri con noi ma mi soffermo soltanto sui due personaggi che fanno parte della mia analisi sapendo di fare torto a tanti amici artisti: pittori, cantanti, musicisti ma anche scrittori e poeti.
Nacquero Case Editrici.
Da una pubblicazione in carta paglia, ospitata nella libreria del fotografo Angelo Maltese, nacque l’idea di realizzare il coaugulo dei poeti siracusani nell’antologia “I Poeti d’Ortigia” edita dall’Editrice Pentapoli di Armando Greco e Dino Cartia.
Da questo esperimento nacquero tante iniziative.
Il premio letterario intitolato al pittore-poeta Carlo Capodieci portò a Siracusa i più grandi artisti e letterati del panorama culturale internazionale. Furono organizzati convegni sul Teatro, sul Futurismo, sul poeta siracusano Salvatore Quasimodo e sul cognato, il romanziere Elio Vittorini.
L’Editrice Meridionale, Cartia Editore, Romana Libri, diedero visibilità a molti autori siracusani inseriti in un panorama più ampio che comprendeva nomi come Leonida Repaci, Gabriella Sobrino, Geppo Tedeschi, Elio Filippo Accrocca, Enzo Giudice, Mariella Bettarini, Giovanni Calendoli, Fortunato Pasqualino e molti altri.
l miei “Non ditelo al tempo” e “Pupi e pupari siracusani” fecero scrivere a Dino Cartia che la mia sventura fu quella “di avere incontrato un editore povero” che non aveva potuto dar corso al “Contratto decennale” per venti opere, che poi io diedi alla luce per altre strade. Furono pionieri delle radio libere e delle televisioni locali. Molti gli devono riconoscenza. Furono degli amici che diedero molto a cuore aperto e non tennero nulla per loro. In vita si ricordarono dei loro predecessori, ne stimolarono il ricordo, fondarono anche una “Casa delle carte siracusane” che Cartia affidò, insieme alla sua biblioteca, alla Casa di riposo che lo ospitò fino agli ultimi giorni, ma di loro invece si è perso il ricordo. Di Cartia rimane la celebre frase “Siracusa persa ha’ statu, persa è, persa sarà” e di Armando Greco la raccolta di poesie dedicata ai campi di concentramento.
Giuseppe Guarraci