Il settore della produzione e commercializzazione di imballaggi per prodotti ortofrutticoli a Vittoria, nel Ragusano, era un affare del clan.
E’ quanto emerge dall’Inchiesta antimafia della Dda di Catania, coordinata dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Gabriele Fragalà, su indagini di Carabinieri di Ragusa e della Guardia di finanza etnea che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 16 indagati.
La cosca al centro dell’operazione è quella che sarebbe guidata da Emanuele ‘Elio’ Greco che, contesta la Dda, con i figli Nuccio e Alberto avrebbe avuto “la gestione degli affari imprenditoriali nel settore degli imballaggi, facendo uso degli strumenti propri dell’assoggettamento mafioso e avvalendosi del proprio riconosciuto carisma criminale nell’ambiente della fornitura del packaging per influenzare e condizionare la libera concorrenza”.
In questo modo, osserva la Procura, si “sarebbero imposti come intermediari bypassando di fatto il provvedimento di sequestro di beni e disponibilità del valore complessivo di 35 milioni di euro, emesso dal Tribunale di Catania, su richiesta della Dda etnea, nei confronti di Emanuele Greco, che aveva riguardato anche svariate società.
“In altri termini – ricostruisce la Dda di Catania – la consorteria criminale, operando con modalità spesso illecite e spregiudicate e interagendo con altri soggetti malavitosi riciclatisi in quel territorio come imprenditori, avrebbe continuato a imporre la propria leadership nell’ambito del lucroso settore del mercato locale, con particolare riferimento alla vendita di materiali e imballaggi per confezionamento dei prodotti ortofrutticoli, assai fiorente nel contesto territoriale, a vocazione prevalentemente agricola, del comune di Vittoria”.
Dalle indagini, compiute dal 2016 al 2023, di Carabinieri del nucleo Investigativo di Ragusa e di militari del nucleo di Polizia economico finanziaria di Catania, sarebbe inoltre emersa “la collusione di imprese attive nel settore della commercializzazione di prodotti petroliferi che, grazie alla rete di relazioni di Emanuele Greco, sarebbero riuscite ad approvvigionarsi di carburante di provenienza illecita, così accrescendo il proprio giro d’affari potendo contare sulla competitività derivante da carburanti a basso costo”.