Legambiente presenta il rapporto Ecomafia 2018

Nel 2017 boom di arresti per crimini contro l’ambiente e di inchieste sui traffici illegali di rifiuti. Campania ancora una volta in testa per il numero di reati, concentrati per il 44% nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa. Nel settore dei rifiuti la percentuale più alta di illeciti su scala nazionale 17mila le nuove costruzioni abusive. Il fatturato dell’ecomafia sale in un anno del 9,4%, a quota 14,1 miliardi. “Completare la rivoluzione avviata con la legge sugli ecoreati e affidare allo Stato la competenza sulle demolizioni degli abusi edilizi”

Mai nella storia del nostro Paese sono stati effettuati tanti arresti per crimini contro l’ambiente come nel 2017, mai tante inchieste sui traffici illeciti di rifiuti. Dal Rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente, presentato questa mattina a Roma, spiccano infatti le 538 ordinanze di custodia cautelare emesse per reati ambientali nel 2017 (139,5% in più rispetto al 2016)Un risultato importante sul fronte repressivo frutto sia di una più ampia applicazione della legge 68, come emerge dai dati forniti dal ministero della Giustizia (158 arresti,  per i delitti di inquinamento ambientale, disastro e omessa bonifica, con ben 614 procedimenti penali avviati, contro i 265 dell’anno precedente) sia per il vero e proprio balzo in avanti dell’attività delle forze dell’ordine contro i trafficanti di rifiuti: 76 inchieste per traffico organizzato (erano 32 nel 2016), 177 arresti, 992 trafficanti denunciati e 4,4 milioni di tonnellate di rifiuti sequestrati (otto volte di più rispetto alle 556 mila tonnellate del 2016). Il settore dei rifiuti è quello dove si concentra la percentuale più alta di illeciti, che sfiorano il 24%.

 A completare il quadro, un fatturato dell’ecomafia che sale a quota 14,1 miliardi, una crescita del 9,4%, dovuta soprattutto alla lievitazione nel ciclo dei rifiuti, nelle filiere agroalimentari e nel racket animale.

La corruzione rimane, purtroppo, il nemico numero uno dell’ambiente e dei cittadini, che nello sfruttamento illegale delle risorse ambientali riesce a dare il peggio di sé. L’alto valore economico dei progetti in ballo e l’ampio margine di discrezionalità in capo ai singoli amministratori e pubblici funzionari, che dovrebbero in teoria garantire il rispetto delle regole e la supremazia dell’interesse collettivo su quelli privati, crea l’humus ideale per le pratiche corruttive.

“I numeri di questa nuova edizione del rapporto Ecomafia – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – dimostrano i passi da gigante fatti grazie alla nuova normativa che ha introdotto gli ecoreati nel Codice penale, ma servono anche altri interventi, urgenti, per dare risposte concrete ai problemi del paese. La lotta agli eco criminali deve essere una delle priorità inderogabili del governo, del parlamento e di ogni istituzione pubblica, così come delle organizzazioni sociali, economiche e politiche, dove ognuno deve fare la sua parte, responsabilmente.

Contiamo – prosegue Ciafani – sul contributo del ministro dell’ambiente Sergio Costa e sulla costruzione di maggioranze trasversali per approvare altre leggi ambientali di iniziativa parlamentare come avvenuto nella scorsa legislatura. Noi lavoreremo perché tutto questo avvenga nel più breve tempo possibile, continuando il nostro lavoro di lobbying per rendere ancora più efficace la tutela dell’ambiente, della salute dei cittadini e delle imprese sane e rispettose della legge”.

Alla presentazione odierna, moderata dal direttore della Nuova Ecologia Enrico Fontana, sono intervenuti, oltre al presidente di Legambiente Stefano Ciafani e al direttore generale dell’associazione Giorgio Zampetti, il ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare Sergio Costa, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, il sottosegretario del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Salvatore Micillo, il questore del Senato Paolo Arrigoni, la presidente della Commissione Ambiente del Senato Vilma Morese, la senatrice Paola Nugnes, Rossella Muroni, Chiara Braga, Stefano Vignaroli della Commissione Ambiente della Camera dei deputati, Raffaele Piccirillo, capo dipartimento Affari di Giustizia del ministero della Giustizia, Alessandro Bratti, direttore generale Ispra, Ermete Realacci, presidente Fondazione Symbola, Giancarlo Morandi, presidente Cobat, Andrea Di Stefano, responsabile Progetti speciali Novamont.

I dati raccolti sono il risultato dell’azione delle forze dell’ordine e delle autorità di controllo, che oggi si svolgono in un rinnovato e più efficace quadro normativo e con una rinnovata attività di controllo che vede per la prima volta fare sistema il lavoro dell’Ispra e quello della rete nazionale delle Arpa. Il rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente, scendendo nel dettaglio, mette in evidenza i temi seguenti:

 

Fotografia dell’illegalità ambientale

La sempre più efficace e diffusa applicazione della legge 68 e l’impennata delle inchieste sui traffici illegali di rifiuti sono anche all’origine dell’incremento registrato nel 2017 degli illeciti ambientali, che sono 30.692 (+18,6% per cento rispetto all’anno precedente, per una media di 84 al giorno, più o meno 3,5 ogni ora), del numero di persone denunciata (39.211, con una crescita del 36%) e dei sequestri effettuati (11.027, +51,5%).

Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso è stato verbalizzato il 44% del totale nazionale di infrazioni. La Campania è la regione in cui si registra il maggior numero di illeciti ambientali (4.382 che rappresentano il 14,6% del totale nazionale), seguita dalla Sicilia (3.178), dalla Puglia (3.119), dalla Calabria (2.809) e dal Lazio (2.684).

 

Applicazione delle norme sugli ecoreati

Complessivamente, cioè considerando sia la parte sui delitti previsti dal codice penale che quella sulle prescrizioni ex Parte VI bis del Codice dell’Ambiente, la legge 68 è stata applicata dalle forze dell’ordine 484 volte, portando alla denuncia di 31 persone giuridiche e 913 persone fisiche, arrestandone 25, chiudendo il cerchio con 106 sequestri per un valore complessivo di oltre 11,5 milioni di euro. A livello regionale e sempre considerando il lavoro delle forze di polizia sulla legge 68, ribaltando il quadro generale che di solito vede le regioni a tradizionale insediamento mafioso tra le più colpite, la Sardegna registra il numero più alto di contestazioni, 77, seguita dalla Sicilia, (48), dal Lazio (47), dall’Umbria (47), dalla Calabria (44) e dalla Puglia (41).

In linea con lo spirito della legge, che assegna alle forze dell’ordine il compito di perseguire i delitti veri e propri e al Sistema nazionale di protezione ambientale che riunisce l’Ispra e la rete regionale delle Arpa (Snpa), in qualità di organo tecnico, quello di guidare i procedimenti di asseverazione delle prescrizioni per i reati meramente contravvenzionali (secondo quanto disciplinato dalla Parte VI bis del Codice dell’Ambiente), queste nel 2017 hanno impartito – secondo i dati forniti in esclusiva a Legambiente da Snpa – 1.692 prescrizioni, quasi 5 al giorno, la maggioranza delle quali, circa 1.000, già ottemperate (e ammesse al pagamento), incassando più di 3 milioni di euro.

Secondo i dati del Ministero della Giustizia, come accennato, i procedimenti totali avviati dalle procure sono stati 614, contro i 265 dell’anno precedente. La fattispecie più applicata è stata l’inquinamento ambientale con 361 casi, poi l’omessa bonifica (81), i delitti colposi contro l’ambiente (64), il disastro ambientale (55), l’impedimento al controllo (29) e il traffico di materiale ad alta radioattività (7). Il balzo in avanti nell’applicazione della legge 68 è certificato anche considerando l’attività di tutte le forze dell’ordine, dove gli ecoreati contestati passano da 173 (anno 2016) a 303, con una impennata netta del 75%.

 

Inchieste sui traffici illeciti di rifiuti

Il 2017 è l’anno del rilancio delle inchieste contro i trafficanti di rifiuti e nel settore si concentra la percentuale più alta di illeciti: il 24% è più di quanto contestato per i delitti contro gli animali e la fauna selvatica (22,8%), gli incendi boschivi (21,3%), il ciclo del cemento (12,7%). Se a ciò si aggiunge la recrudescenza di incendi divampati negli impianti di gestione e trattamento di tutta Italia, appare evidente come il settore dei rifiuti sia sempre di più il cuore pulsante delle strategie ecocriminali.

In crescita anche le tonnellate di rifiuti sequestrate dalle forze dell’ordine nell’ultimo anno e mezzo (1 gennaio 2017 – 31 maggio 2018) nell’ambito di 54 inchieste (in cui è stato possibile ottenere il dato, su un totale di 94) sono state più di 4,5 milioni di tonnellate. Pari a una fila ininterrotta di 181.287 Tir per 2.500 chilometri.

Tra le tipologie di rifiuti predilette dai trafficanti ci sono i fanghi industriali, le polveri di abbattimento fumi, i Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), i materiali plastici, gli scarti metallici (ferrosi e non), carta e cartone. Più che allo smaltimento vero e proprio è alle finte operazioni di trattamento e riciclo che in generale puntano i trafficanti, sia per ridurre i costi di gestione che per evadere il fisco.

 

Ecomafia

La natura profonda del crimine ambientale è economica e ha per principali protagonisti imprese e faccendieri, ma le mafie continuano a svolgere un ruolo cruciale, spesso di collante. I clan censiti da Legambiente finora e attivi nelle varie forme di crimine ambientale sono 331.

Il 2018 è anno da record per lo scioglimento delle amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose. Sedici i Comuni sciolti da gennaio, 20 nel 2017. Mentre i comuni attualmente commissariati dopo lo scioglimento sono 44 (ci sono anche alcuni sciolti nel 2016 e prorogati). Sono soprattutto i clan a minacciare gli amministratori pubblici che difendono lo stato di diritto e la salvaguardia dell’ambiente. Secondo i dati elaborati di Avvivo Pubblico, sono state 537 le intimidazioni nel 2017, se si considerano invece gli ultimi cinque anni il numero sale a 2.182.

 

Abusivismo edilizio

Il lavoro delle forze dell’ordine nel 2017 ha portato alla luce 3.908 infrazioni sul fronte “ciclo illegale del cemento”, una media di 10,7 ogni ventiquattro ore, e alla denuncia di 4.977 persone. Un dato in leggera flessione rispetto all’anno precedente, ma che testimonia come – dopo anni di recessione significativa – l’edilizia, e quindi anche quella in nero, abbia ricominciato a lavorare. Il 46,2% dei reati si concentra nelle quattro cosiddette regioni a tradizionale presenza mafiosa, ossia Campania, Sicilia, Puglia e Calabria.

Anche in questa edizione di Ecomafia emerge che in Italia si continua a costruire abusivamente, in maniera irresponsabile: secondo le stime del Cresme, nel 2017 in Italia sarebbero state costruite circa 17.000 nuove case abusive. Spaziando dall’abusivismo classico, che risale alle stagioni delle pesanti speculazioni immobiliari e dell’assalto alle coste, e quello di nuova matrice, meno maestoso e appariscente, più nascosto ma sempre presente.

Rimane ancora molto da fare pure sul fronte delle demolizioni, dove solo pochi e impavidi sindaci hanno il coraggio di far muovere le ruspe, rischiando in prima persona. Più in generale, le poche demolizioni realizzate sono da attribuire al lavoro delle procure.

 

Agroalimentare sotto attacco

In crescita i reati nel settore agroalimentare, che toccano quota 37mila. Ci sono inoltre 22mila persone denunciate e/o diffidate, 196 arresti e 2.733 sequestri. Settori particolarmente colpiti quello ittico, della ristorazione, di vini e alcolici, della sanità e cosmesi e in genere nel campo della repressione delle frodi nella tutela della flora e della fauna. Impressionante e nettamente in salita rispetto al 2016 (quando oscillava intorno ai 700 milioni) il valore dei sequestri effettuati, che supera nel 2017 abbondantemente un miliardo di euro.

 

Pirati di biodiversità

Più di 6mila le persone denunciate per reati contro la biodiversità, quasi 17 al giorno, nel 2017 e 7mila le infrazioni (19 al giorno +18% rispetto al 2016). L’aggressione al patrimonio di biodiversità continua senza sosta, sulla pelle di lupi, aquile, pettirossi, tonni rossi, pesci spada e non solo. Le regioni a tradizionale presenza mafiosa totalizzano il 43% dei reati. La Sicilia è in testa per numero di illeciti (1.177 pari al 16,8% del totale nazionale), seguita dalla Puglia (946 reati), dal Lazio (727) e dalla Liguria per la prima volta in quarta posizione (569), prima della Calabria (496) e della Campania (430).

 

Ladri di cultura

Sono stati 719 i furti d’opere d’arte, in crescita del 26% rispetto al 2016, che hanno comportato 1.136 denunce, 11 arresti e 851 sequestri effettuati in attività di tutela. Il 38% dei furti si è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, cioè 273, di cui 148 nella sola Campania. Come gli anni passati Lazio e Toscana, rispettivamente con 96 e 85 furti, mantengono il podio nella speciale classifica di ruberie, seguite dalla Sicilia (70) e dalla Lombardia (58). La stima economica sul fatturato incassato dai furti d’arte oscillerebbe sui 336 milioni di euro.

 

Shopper illegali

È ancora allarme sugli shopper fuori legge, che inquinano ambiente e mercato, con sacche di illegalità diffuse in tutto il paese. Come ricorda l’Osservatorio Assobioplastiche, in media 60 buste su 100 in circolazione sono assolutamente fuori norma. Serve dunque intensificare i controlli a tutela dell’ecosistema, dei consumatori e del settore industriale della chimica verde. Sono i mercati rionali di ortofrutta e i negozi al dettaglio a immettere sacchetti ormai fuori legge.

Dai dati resi noti dal Nucleo speciale tutela proprietà intellettuale della Guardia di finanza e dal Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri, nel 2017 le sanzioni pecuniarie comminate ammontano a 5 milioni di euro. Per fare due esempi, l’attività del Nucleo speciale tutela proprietà intellettuale della Guardia di finanza ha portato al sequestro di circa 2 milioni di sacchetti di plastica illegali e 2,3 tonnellate di materia prima usata per produrli. A Napoli, nel 2017 la Polizia locale ha provveduto al sequestro di 1,6 milioni di sacchetti, mentre nei primi 5 mesi del 2018 ne ha già sequestrato più di 122.000.

 

Le proposte

Ecco, allora, in sintesi le principali misure di cui Legambiente auspica l’adozione. Proposte in parte già fatte in precedenza ma rimaste senza esito.

• Mettere in campo una grande operazione di formazione per tutti gli operatori del settore (magistrati, forze di polizia e Capitanerie di porto, ufficiali di polizia giudiziaria e tecnici delle Arpa, polizie municipali ecc.) sulla legge 68 che deve essere conosciuta nel dettaglio per sfruttarne appieno le potenzialità.

• Sempre con riferimento alla legge 68/2015 occorrerebbe rimuovere la clausola di invarianza dei costi per la spesa pubblica prevista nella legge sugli ecoreati, così come in quella che ha istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente. Allo stesso tempo è necessario completare l’iter di definizione dei decreti attuativi del Ministero dell’ambiente e della presidenza del Consiglio dei ministri per rendere pienamente operativa la legge 132 del 2016 che ha riformato il sistema nazionale delle Agenzie per la protezione dell’ambiente.

• Semplificare l’iter di abbattimento delle costruzioni abusive, avocando la responsabilità delle procedure agli organi dello stato, nella figura dei prefetti, esonerando da tale onere i responsabili degli uffici tecnici comunali e, in subordine, soggetti che ricoprono cariche elettive, ovvero i sindaci.

• Approvare il disegno di legge sui delitti contro fauna e flora protette inserendo – all’interno dello stesso nuovo Titolo VI bis del Codice penale – un nuovo articolo che prevede sanzioni veramente efficaci (fino a sei anni di reclusione e multe fino a 150.000 euro) per tutti coloro che si macchiano di tali crimini.

• Suscita perplessità il nuovo istituto giuridico della non punibilità per particolare tenuità dell’offesa introdotto dal Dlgs 16 marzo 2015, n. 28, che soprattutto nel caso dei reati ambientali contravvenzionali rischia di vanificare molti procedimenti aperti. Per scongiurare tale rischio chiediamo che venga quanto meno esclusa l’applicabilità al caso dei reati ambientali.

• Nell’ottica di garantire migliore protezione al nostro patrimonio storico‐culturale, rivedere il quadro normativo, partendo dal dato di fatto che, se si esclude il delitto di ricettazione – che è quello che si prova a contestare nei casi più eclatanti e che prevede una sanzione massima di otto anni – il rimanente quadro sanzionatorio in mano agli inquirenti è ancora troppo generoso per i trafficanti. Basterebbe recuperare il lavoro fatto nella passata legislatura, e sollecitato dagli allora ministri competenti Dario Franceschini e Andrea Orlando, con la Delega data al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale, per arrivare all’approvazione di un nuovo titolo “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”: testo che dovrebbe rappresentare un nuovo punto d’inizio.

• Sul fronte agroalimentare, riprendere la proposta di disegno di legge del 2015 sulla tutela dei prodotti alimentari della Commissione ministeriale presieduta dall’ex procuratore Gian Carlo Caselli, che introduce una serie di nuovi reati che vanno dal “disastro sanitario” all’“omesso ritiro di sostanze alimentari pericolose” dal mercato.

• L’accesso alla giustizia da parte delle associazioni, come Legambiente, dovrebbe essere gratuita e davvero accessibile. Altrimenti rimane un lusso solo per chi se lo può permettere, e tra costoro non ci sono sicuramente le associazioni e i gruppi di cittadini.

• Chiediamo inoltre al parlamento di istituire al più presto le commissioni d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulla vicenda dell’uccisione della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin.

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