L’Opinione – Processo “Terra bruciata2”: due condanne, una prescrizione e dodici assoluzioni

Reportage – a cura di Concetto Alota –

È questo il risultato del lungo processo scaturito dall’operazione antimafia coordinata dalla Dda di Catania e denominata “Terra bruciata2”. Il tribunale (presidente Salvatore Cavallaro, a latere Antonio Dami e Federica Piccione) ha disposto la condanna a 4 anni di reclusione a carico di Vincenzo Quadarella. Ex reggente del clan Bottaro, con l’esclusione dell’aggravante dell’associazione mafiosa. Nei suoi confronti il pm Alessandro La Rosa aveva chiesto la condanna a 8 anni. L’altra condanna a 6 anni di reclusione è stata inflitta a Giovanni Poliseno per un’estorsione. Entrambi gli imputati sono difesi dall’avvocato Sebastiano Troia che incamera l’assoluzione per Andrea Lauretta, il pm aveva chiesto 18 anni, e per Christian Bianchini 15 anni.

Assolti per non avere commesso il fatto anche Elio Lavore, Salvatore Musco Fontana, Orazio Scarso, Sebastiano Miceli, Domenico Curcio, Francesco Fiorentino, Umberto Piantini, Davide D’Ignoti, Corrado Greco, Piero Monaco e Fabio Cortese. Sentenza di non luogo a procedere, invece, per sopraggiunta prescrizione, per Giuseppe Guarino.

Il pubblico ministero Alessandro La Rosa ha chiesto tredici condanne e due assoluzione a conclusione della requisitoria al processo scaturito dall’operazione antimafia, denominata “Terra bruciata2”. Il rappresentante della pubblica accusa aveva chiesto la condanna a 15 anni di reclusione e 7 mila euro di multa a carico di Christian Bianchini “Crespo” e 17 anni per Francesco Fiorentino. Il pubblico ministero aveva sollecitato al tribunale la condanna a 18 anni e mezzo di reclusione per Andrea Lauretta; 6 anni per Giuseppe Guarino, 15 anni e messi per Elio Lavore; 10 anni per Salvatore Musco Fontana detto Lupin, 7 anni e mezzo per Giovanni Poliseno, 9 anni di reclusione ciascuno per Orazio Scarso, Sebastiano Miceli e Domenico Curcio, mentre ha chiesto la condanna a 6 anni ciascuno per Umberto Piantini, Davide D’Ignoti e Corrado Greco.

La pubblica accusa ha chiesto l’assoluzione nei confronti di Piero Monaco e di Fabio Cortese, accusati di un’estorsione ai danni di un salone di moto.

Durante il processo a carico di sedici persone coinvolte a vario titolo nell’operazione denominata “Terra bruciata2”, fu ascoltato in videoconferenza il collaboratore di giustizia Gabriele Scarrozza. Nell’operazione antimafia, scaturita dall’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catania su una serie di presunte estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori, che, a giudizio degli inquirenti, sarebbero state consumate e tentate tra il 2005 e il 2006 nel capoluogo siracusano.

Scarrozza, durante le fasi processuali presso il tribunale di Siracusa, a suo tempo, ha confermato di avere fatto parte del clan Bottaro-Attanasio dal 2008 al 2012 quando ha deciso di iniziare la sua collaborazione con la giustizia. Rispondendo alle domande del pm Andrea Ursino, della Dda di Catania, il pentito ha riferito di avere deciso di offrire la propria collaborazione alla giustizia dopo essere stato minacciato e soprattutto di avere avuto il sentore che i reggenti della cosca in quel periodo volevano “leccarlo”, che in gergo significherebbe che lo volevano eliminare fisicamente.

Gli imputati alla sbarra al processo i siracusani Cristian Bianchini, Fabio Cortese, Francesco Fiorentino, Giuseppe Guarino, Andrea Lauretta, Elio Lavore, Sebastiano Micieli, Salvatore Musco Fontana, Giovanni Poliseno, Vincenzo Quadarella, Orazio Scarso, Domenico Curcio, Piero Monaco, Umberto Piantini, Davide D’Ignoti, e Corrado Greco. L’inchiesta, denominata “Terra bruciata2″, per l’ufficio del pubblico ministero, si tratta di una propaggine del primo e più corposo troncone d’indagine risalente al novembre del 2007, quando furono azzerati vertice e gregari dell’organizzazione malavitosa Bottaro-Attanasio a Siracusa.

Negli ambienti giudiziari si vocifera di una probabile impugnativa di questa ultima sentenza da parte della Procura Distrettuale Antimafia di Catania.

La criminalità in Sicilia cambia volto ma rimane attiva; fa registrare al primo posto la provincia di Catania seguita a ruota da Siracusa, con l’aumenta in generale dell’interesse mafioso-politico negli enti locali. Si parla ormai di criminalità organizzata in gruppi in aggiunta ai vecchi clan. Gli attentati con incendi e bombe carta che hanno colpito la provincia di Siracusa, ma soprattutto il capoluogo, appaiono come uno sviluppo silente delle nuove modalità operative della criminalità organizzata che richiedono un’immediata risposta coordinata, mirata e adeguata.

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